"Il Riformista" 19 agosto/Maggioritario. Resta aperta la questione governabilità Eppure, la prima Repubblica funzionava di Giorgio La Malfa Caro direttore, nel suo libro più recente, il professor Sabbatucci (Il trasformismo come sistema, Editori Laterza, 2003), sostiene che, con l'introduzione del nuovo sistema elettorale nel 1993 e con l'ulteriore perfezionamento costituito dall'indicazione nelle schede elettorali dei candidati alla premiership avvenuta nel 2001, l'Italia si è finalmente liberata, dopo oltre 100 anni di storia unitaria, dalla "tara di fondo" del "trasformismo come sistema". Essa sarebbe finalmente pervenuta - secondo il professor Sabbatucci e i tanti che la pensano così - all'approdo della democrazia dell'alternanza, che è "un requisito essenziale di una democrazia vitale e funzionante", "il miglior antidoto che si conosca contro la corruzione e l'arbitrio" ed una periodica iniezione di fiducia nella democrazia in quanto da al cittadino elettore la sensazione di contare qualcosa. L'America e la Francia hanno meno corruzione dei sistemi consociativi? E le percentuali modestissime di partecipazione al voto negli Stati Uniti, dove sicuramente il cittadino elettore sa di eleggere il capo dell'esecutivo, confermano le valutazioni del professor Sabbatucci? Ma lascio da parte queste osservazioni che possono apparire, da un lato o dall'altro, piuttosto casuali per venire alla questioni politiche italiane. E' vero che con il sistema inaugurato nel 1993 l'Italia ha avuto l'alternanza. Questo risultato, per chi ne fa una scelta a suo modo morale, può far premio su qualunque altra considerazione. Ma i sistemi politici si misurano sul buon funzionamento delle istituzioni e questo a sua volta è misurato sulla qualità dell'azione di governo. In particolare la domanda alla quale bisogna rispondere è se, a partire dal 1993, oltre all'alternanza l'Italia abbia ottenuto o sia sulla strada di ottenere la governabilità, cioè la possibilità di governi stabili e capaci di portare avanti e realizzare un proprio programma politico. Esaminando le cose da questo punto di vista, il giudizio che ci si deve formare è molto diverso da quello degli entusiasti dell'alternanza. Il primo governo Berlusconi del '94 andò in pezzi sul problema delle pensioni e la legislatura terminò due anni dopo il suo inizio. Il governo Prodi del '96 fu malamente tenuto insieme dalla scadenza della moneta unica, ma rovinò miseramente subito dopo in uno scontro programmatico con Rifondazione Comunista; la maggioranza sopravvisse fino alla scadenza naturale della legislatura, ma senza essere più in grado di darsi un programma comprensibile e tanto meno di realizzarlo. Oggi Berlusconi vede la sua maggioranza dividersi irrimediabilmente su ogni problema e può scegliere fra una crisi a metà legislatura che gli farebbe perdere molto prestigio e il tentativo di rammendare ogni giorni gli strappi con più o meno lo stesso esito. E domani? Quanto potrebbe durare una nuova coalizione di centro-sinistra estesa a Rifondazione ed ai Verdi che in Parlamento non hanno mai votato insieme con il centro-sinistra, nemmeno stando tutti all'opposizione, sulle questioni di politica estera ed europea? Il problema nasce dal fatto che il sistema dell'alternanza impone, per vincere le elezioni, di creare uno schieramento più vasto di quello messo insieme dall'altra coalizione. E quello che è un efficace schieramento elettorale non è, proprio per sua natura, un efficace schieramento di governo. Si dice che questo problema nasca dalla permanenza di troppi partiti nella vita italiana. Ma se esistono molti partiti è perché i cittadini si riconoscono in molte posizioni politiche diverse ed è questo un sintomo di vitalità della democrazia non meno importante di quelli intravisti da Sabbatucci. Bisogna quindi rovesciare il ragionamento: il sistema dell'alternanza è appropriato ai sistemi sostanzialmente bipartitici. Nei sistemi che hanno tradizioni pluripartitiche, bisogna trovare forme istituzionali appropriate a questa condizione. Sabbatucci evita questa difficoltà sostenendo che la persistenza del pluripartitismo non impedisce di adottare il sistema dell'alternanza "soprattutto se le forze politiche sono divise da una linea di frattura profonda e difficilmente valicabile". Ma il punto è proprio questo: il sistema messo in esserein Italia crea troppe linee di frattura. La prima e più grave è quella che costringe forze sostanzialmente fra loro omogenee, come sono le forze di centro di ambedue gli schietramenti e che la pensano in modo sostanzialmente comune a separarsi ed a contrastarsi. Le altre sono linee di frattura nei due opposti schieramenti fra le posizioni di centro e quelle estreme che vengono costrette ad una scomoda coabitazione nelle campagne elettorali, ma che si manifestano nella vita politica e parlamentare di ogni giorno. Avviene così che le forze su cui si potrebbe contare per una azione di governo all'altezza dei problemi si dividono fra loro e sono costrette a fare i conti le une come le altre con le componenti più lontane da queste concezioni che pesano troppo nelle due coalizioni. Ecco perché era meglio il sistema precedente e perché bisognerebbe tornare rapidamente ad un sistema che consenta di governare da centro. Escludendo dal governo le posizioni politiche estreme. Chi ci riuscirà? Appare difficile, ma è necessario, vista la gravità dei problemi italiani, tentare di andare in questa direzione. |