"Il Giorno" 26 aprile 2003 La programmazione è ancora difettosa Accuse spesso roventi dell'opposizione e giustificazioni non sempre convincenti di chi governa, ma anche polemiche aspre tra Regione e Ministero della Salute agitano le acque della sanità lombarda, da alcuni anni imperniata su un modello originale di concorrenza tra pubblico e privato accreditato. Desidero subito chiarire che il principio ispiratore della legge 31, quella che ha istituito il cosiddetto modello lombardo era e resta valido: l'aver facilitato l'accesso del cittadino alle prestazioni sanitarie, diagnostiche e di cura, rendendogli disponibile anche un buon numero di strutture private accreditate, ha indubbiamente determinato una decisa riduzione delle liste di attesa. Ma la programmazione non ha funzionato a dovere, se è vero che i conti della sanità regionale sono andati rapidamente in rosso. E di fatto si è avuto un progressivo trasferimento delle risorse economiche disponibili dagli ospedali pubblici al privato accreditato, che appare più efficiente non solo perché non ha la zavorra, tipica del settore pubblico, rappresentata da organici amministrativi pletorici, ma anche perché di fatto seleziona le patologie più "remunerative". Ne sono derivate crescenti difficoltà per gli ospedali pubblici, che accolgono le patologie più difficili e costose, e si è diffuso un forte malcontento tra i medici di famiglia e soprattutto ospedalieri, cui viene richiesto di applicare in prima persona "risparmi" spesso non proprio positivi per il cittadino paziente. Dunque un pesante passivo e, non solo finanziario, per la sanità lombarda, frutto probabilmente di una mancata previsione degli effetti della legge 31, ma anche di insufficienze di "governo" nell'accreditamento e nei controlli delle strutture private. Ultimamente si sono registrati impegni ad interventi modificativi, ma passi concreti non se ne sono ancora visti. Occorre invece provvedere subito a correggere le distorsioni riscontrate. Senza tempestive misure, infatti, non solo non si rimetteranno a posto i conti, ma è destinato ad aggravarsi anche il fenomeno della crescente burocratizzazione del lavoro dei medici, chiamati non tanto a rispondere della qualità delle cure, quanto piuttosto a realizzare economie, impiegando, protesi meno costose per i pazienti più anziani o dimettendo anticipatamente i pazienti operati, per "ottimizzare" l'occupazione dei letti. Col rischio di seppellire una sanità ospedaliera pubblica che ha cinque secoli di storia. Antonio Del Pennino |