"La Stampa" 26 aprile 2003/Opposizione spiazzata degli esiti della guerra "La realtà non è sinistra" di Giorgio La Malfa Per l'opposizione la guerra in Iraq avrebbe avuto gravissime conseguenze. Sarebbe stata lunga per la resistenza del regime; avrebbe causato perdite elevate di vite umane; la presa di Baghdad avrebbe richiesto massicci bombardamenti oppure sanguinosi combattimenti porta a porta; per le masse islamiche Saddam sarebbe divenuto un autentico eroe; il nodo israelo-palestinese si sarebbe ulteriormente aggrovigliato; l'Onu avrebbe rischiato una crisi forse definitiva; il rifiuto di alcuni paesi, fra cui l'Italia, di associarsi alle posizioni franco-tedesche avrebbe compromesso il cammino verso l'unità europea. Cosa rimane di questi argomenti? Il regime iracheno s'è dissolto; le distruzioni sono limitate; il paese appare sollevato per la fine della tirannia; non vi sono segnali di crescita dell'estremismo islamico; l'Iran mostra di voler normalizzare ulteriormente le relazioni con gli Stati Uniti; la Siria appare prudentissima; spiragli si aprono fra Israele e i palestinesi; all'Onu, la Francia cerca posizioni comuni con gli Stati Uniti sulle sanzioni; Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna hanno ispirato il documento finale del vertice europeo di Atene; la Chiesa ha abbassato i toni e il cancelliere tedesco Schroeder riconosce che le critiche del suo governo all'azione americana sono state eccessive. In queste settimane nessuno dei leader del centro-sinistra, neppure il più moderato, si è distaccato da una posizione di assoluta intransigenza contro l'azione angloamericana. Ancora più sorprendente è che neppure oggi, di fronte a uno scarto indiscutibile fra quelle previsioni e la realtà, emerga una valutazione autocritica volta a comprendere dove e perché la sinistra ha sbagliato. Il fatto è che il centro-sinistra non ha una leadership riconosciuta, né una sede politica nella quale decidere le politiche da assumere. L'opposizione frontale è stata la scelta più semplice: essa rispondeva a un moto di opinione assai popolare, riuniva le componenti dell'opposizione dalle più moderate alle più estreme, non richiedeva di passare attraverso un sistema decisionale che non esiste e aveva il pregio di coincidere con le posizioni di forze lontane dalla sinistra, da Chirac a Giovanni Paolo II. Restava solo il rischio delle accuse di antiamericanismo e di solidarietà con Saddam, esorcizzate con le patetiche dichiarazioni di odio per "il sanguinario dittatore" e di amore per "la cultura, la musica, la democrazia americana, eccetera eccetera" che accompagnavano il catalogo rituale degli orrori della guerra. La fretta di cavalcare l'onda dei sentimenti pacifisti ha annullato la riflessione politica. I leader del centro-sinistra non hanno analizzato le ragioni vere degli angloamericani, hanno rinunciato a valutare le possibilità del successo militare e del disegno politico, non hanno cercato il colloquio con un leader di sinistra come Blair. Ne è derivata una argomentazione aspra sostenuta da un'analisi artificiosa che non ha retto alla prova dei fatti e che lascia la sinistra in uno stato di marasma. |