La situazione economica necessita di risposte chiare

di Mauro Aparo

Le analisi sulla situazione economica italiana destano preoccupazioni che vanno ben al di là delle cifre fornite sulla produzione industriale in calo negli ultimi tre anni, sulle attese circa l'innalzamento dei tassi d'interesse, la crisi nelle esportazioni, la decisione della Corte di giustizia europea sull'Irap, il trend di crescita del deficit difficilmente arginabile da misure straordinarie, "una tantum". Le conseguenze legate all'introduzione dell'euro in assenza di politiche economiche comunitarie hanno certamente impoverito i lavoratori dipendenti, e anche su questo il Partito repubblicano aveva valutato con grande anticipo la necessità di provvedimenti che restituissero al Paese margini di manovra in funzione anticiclica.

Sui provvedimenti relativi alla riduzione della pressione fiscale avvertimmo con forza la necessità di spingerci ben oltre quanto previsto, anche con misure in deficit spending. I modesti effetti delle scelte assunte hanno confermato vieppiù le analisi espresse. Maggiore risolutezza per maggiori effetti. Il timore di essere entrati in un circolo vizioso è ben fondato e, se si considerasse una perdita ulteriore nelle aspettative di breve-medio periodo da parte degli operatori economici, il rischio di una crisi strutturale per l'Italia si renderebbe quanto mai sensato.

Non si tratta di disconoscere quanto realizzato, ma di spingersi oltre: il dato dei consumi delle famiglie non è mai diventato negativo, anche grazie ai provvedimenti di carattere fiscale. La nuova flessibilità introdotta sullo scostamento del deficit rischia di favorire i Paesi che erano contrari o incerti e in misura minore l'Italia per lo stock del debito pubblico.

Non possiamo dirci ottimisti sul futuro dell'economia italiana, ma determinare il panico non è mai utile: si tratta di guardare con fermezza a quanto possibile. Spostare risorse dai consumi agli investimenti appare il primo obiettivo da raggiungere: e per riuscire, secondo il principio della politica economica che si debba sempre associare uno strumento ad un obiettivo, occorre un grado di consenso politico molto più ampio dell'attuale. Non è dividendosi, ma ritrovandosi come Nazione e come Comunità, che si riduce il grado di schizofrenia presente oggi nella politica italiana. Occorre stabilire un percorso di verità che coinvolga una maggioranza di Governo più ampia dell'attuale; non è segmentando la società e favorendo parti di essa che si potranno individuare soluzioni attuali a mali antichi come il debito. Costruire un'automobile con una carrozzeria avveniristica ma con un motore da ricondizionare, di modesta cilindrata e prossimo a grippare non serve allo scopo di rendere efficace la mobilità di nessuno.

Per riuscire è necessario avvertire con chiarezza. L'euro, la moneta, che deriva da " moneo", avvertire, ha avvertito da tempo sul valore delle cose. Avvertendo il Paese - nel suo complesso - che se si imporrà una politica che renderà inevitabili una serie di sacrifici in termini di benessere diffuso, per alcuni anni forse, ma senza risorse importanti destinate al rilancio di interi settori produttivi, non fermeremo la corsa alla delocalizzazione, né renderemo l'Italia un paese dai servizi finanziari avanzati.

Dopo l'esplosione della bolla speculativa e della new economy molti strumenti quali il venture capital e i fondi d'investimento hanno perso di capacità, i fondi pensioni stentano a dispiegare i loro effetti, sono rimaste ferme molte iniziative nello sviluppo della concorrenza e per il superamento dei monopoli: l'esempio dei sistemi postali ne è la rappresentazione più evidente con la mancata introduzione di una loro liberalizzazione effettiva. I mesi che verranno saranno un'occasione importante per determinare un allargamento dei confini dell'attuale governo e per la realizzazione di un comune sentire su tali argomenti. Guai se il Paese si dividesse in tifoserie rispetto a problemi che non possono essere dilazionati o scaricati su una specifica base sociale. L'acuirsi dello scontro elettorale è la conseguenza di uno stato di crisi profonda all'interno della nazione, il recupero di valori antichi, ma da noi mai dimenticati, di appartenenza ad una specifica comunità, potrà ridare, al di fuori di ogni retorica, un'opportunità per riaprire il dialogo con le parti più avvertite del centrosinistra.

E' necessario lanciare un piano industriale, economico e sociale che coinvolga le forze più responsabili del Paese chiamandole ad un impegno decisivo, senza nasconderci dietro a facili ottimismi o nuovi contratti televisivi. Si tratta di coinvolgere coloro che sanno e fanno, rispetto a coloro che difendono un piccolo e poco significativo collegio elettorale, e superare di slancio, e una volta per tutte, l'illusione che ha pervaso per dieci anni questo Paese: l'illusione che fosse meglio liberarsi di coloro che hanno fatto la storia di questo Paese e che, nel bene e nel male, rappresentano spesso la parte migliore della classe dirigente dell'Italia. Noi siamo tra questi e ci aspettiamo di essere chiamati a responsabilità più alte dalle quali non ci siamo mai tirati indietro. Si guardi alle cose da fare, non al risultato elettorale, se ne interpreti il sentire, se ne comprendano le ragioni e si offrano risposte chiare, siano esse difficili o inizialmente impopolari.

Un Governo forte è un governo che non segue necessariamente la propria conferma, ma l'interesse generale del Paese.