Eutanasia: agiamo in base alla volontà espressa dal paziente/Dopo il caso Terri Schiavo l'argomento è divenuto un forum di discussione mondiale

L'autodeterminazione come una via da seguire

di Carmen Attisano*

Il tema dell'eutanasia, per i problemi religiosi, morali e umani che pone, è sempre stato al centro di discussioni e questioni in bioetica. Negli ultimi anni, il dibattito sull'eutanasia, ma anche sul suicidio assistito, si è ampliato ulteriormente, incuriosendo anche il grande pubblico, per non parlare delle categorie coinvolte nella cura di malati inguaribili.

L'argomento è ora tornato di attualità con il caso di Terri Schiavo, donna della Florida che da quindici anni viveva in stato vegetativo. Il dibattito è stato aperto dopo la battaglia legale tra il marito che ha ottenuto di staccare la spina e i genitori della donna che si opponevano. La questione ha davvero diviso l'America: la morale e l'etica di ognuno si mescolano alla cronaca politica e giudiziaria (anche se secondo recenti sondaggi, l'80% degli americani è favorevole all'eutanasia). In ogni caso la spina è stata staccata, con gli esiti che sappiamo.

I riflettori sull'argomento, poi, si erano accesi anche grazie al grande schermo: due Oscar "coraggiosi" sono stati assegnati al film "Million Dollar Baby" e "Mare Dentro" che affrontano due diverse situazioni di dolore e di morte. Ed entrambi hanno aperto lo scomodo e difficile dibattito sull'eutanasia come soluzione finale - seppur drammatica - alle agonie del malato. È necessario, però, prima di affrontare tutti i problemi che l'eutanasia solleva, definire bene il termine.

Definire i termini

L'eutanasia, scientificamente parlando, è "l'atto compiuto da medici o altri avente come fine quello di accelerare o causare la morte di una persona". La morte è procurata con il fine di alleviare i tormenti dell'agonia o il dolore che accompagna alcune malattie allo stato terminale (coma irreversibile). È diventata comune, anche se poco felice, la distinzione tra eutanasia attiva e passiva, ed è importante sottolinearla: la prima consiste nel somministrare all'ammalato una sostanza che ne accelera la morte, nella seconda vi è l'omissione di atti medici che potrebbero prolungare la vita al paziente. Il suicidio assistito indica l'atto mediante il quale il malato si procura una rapida morte con l'assistenza del medico. Il termine eutanasia, nel suo significato etimologico, sostanzialmente è quello di "buona morte". Non c'è dubbio su come, oggi, la medicina riesca ad allungare la vita di un paziente grazie a tecnologie mediche sempre più complicate e costose, ma in alcuni casi si può anche dire che non si sa se in realtà venga aggiunta "vita ai giorni" o solo "giorni alla vita". In questo contesto, il vero problema è quello dei limiti: fino a quanto è lecito insistere in questi tentativi? Dove comincia il dovere di sospenderli davanti alla morte ormai inevitabile del paziente? Si tratta di evitare di rendere ancora più opprimente e angosciante la morte stessa. Sul piano strettamente etico, l'argomento posto spesso nelle argomentazioni contrarie all'eutanasia, è la cosiddetta "sacralità della vita" portata avanti dalla Chiesa. Secondo l'etica religiosa, "la vita è data all'uomo da Dio che è il solo a poter disporne e non è lecito all'uomo stesso di intervenire attivamente per abbreviarla. Solo Dio è padrone della vita e della morte".

E i diritti dei malati?

A mio avviso, la Chiesa non potrebbe certamente dire il contrario e la posizione, per sommi capi, è giusta per chi crede. Anche l'etica civile, cioè non per forza legata alla religione, fa riferimento, molte volte, all'inviolabilità della vita. Unitamente a questo va, però, considerato il diritto del malato, che deve poter decidere di porre fine ad un'esistenza per lui divenuta insopportabile. Solo una profonda relazione con lo stato di sofferenza e di dolore può permettere di dire "sì" alla richiesta di un malato di aiutarlo a morire. Quali sono le risposte, in questo caso, dell'etica religiosa, e in particolare cristiana, sulla sofferenza e sul dolore che sono solo preludio di morte certa? Sono normali? Vanno accettate? Producono salvezza? Sono d'accordo sulle prime due, ma non sul fatto che producano la salvezza dell'anima, idea che comunque in quanto tale fornisce speranza e sollievo ai soli credenti. Si parla molto del rispetto della spiritualità e dignità del malato. Ma perché tale rispetto deve finire al momento dell'eventuale libera richiesta del malato di poter morire? Quale previsione normativa o dogma religioso può contrastare la libertà (inclusa la responsabilità) di una persona, ormai inguaribile, di decidere che cosa fare del proprio corpo? Come si può non sentire la richiesta che l'altro rivolge capendo fino in fondo la gravità della propria condizione? Nessuno può impedire ad una persona capace di intendere e di volere di porre fine alla propria vita, quando questa non bbia più niente di dignitoso. Nessuno può giudicare o infierire intorno ad una scelta decisa e maturata liberamente dal paziente che chiede la morte. Alcune patologie comportano sofferenze insopportabili, per non parlare della progressiva umiliazione, non più del paziente, ma dell'uomo stesso, di badare a se stesso e di mantenere uno stato dignitoso.

Alcuni casi specifici

Giuridicamente, nella maggior parte dei Paesi del mondo, la pratica dell'eutanasia è vietata, se si eccettuano alcuni casi specifici. In Danimarca i parenti del malato possono autorizzare l'interruzione delle cure. In Belgio nel 2001 il Senato ha approvato un progetto di legge volto a disciplinare l'eutanasia e nel 2002 la Camera ha dato il suo consenso. In Svizzera è ammesso il suicidio assistito, negli Stati Uniti la normativa varia da Stato a Stato. Il caso più famoso è invece quello dell'Olanda dove nel 2000 il Parlamento ha approvato una normativa che prevede la legalizzazione vera e propria dell'eutanasia.

Nel nostro Paese, l'eutanasia attiva è considerata un reato. Nel caso si riesca a dimostrare il consenso del malato le pene vanno, comunque, dai 6 ai 15 anni. Anche il suicidio assistito è considerato reato. Nel caso di eutanasia passiva, la difficoltà di dimostrare la colpevolezza rende difficile eventuali denunce.

Oggi abbiamo in Parlamento cinque proposte di legge: quattro a favore della legalizzazione di alcune forme di eutanasia e una, quella della Lega, a vietarla del tutto.

Sono assolutamente consapevole che mai come in questa materia i valori e la morale di ognuno non possa trovare soddisfacente risposta in normative che non siano liberali e che consentano a tutti di poter compiere in base ai propri convincimenti la scelta che ritengono giusta. In molti paesi, tra cui anche il nostro, si sta affermando l'idea dell'opportunità di elaborare una normativa intorno al cosiddetto testamento biologico, o volontà del vivente. Ed a tal proposito una proposta di legge al Senato ha come co-firmatario il senatore Del Pennino. Una persona, supponendo che in futuro possa trovarsi nelle condizioni di malato grave non in grado di poter esprimere la propria volontà (casi di malato-non cosciente, malato-sofferente), dichiara come vorrebbe si comportassero i medici nei suoi confronti, eventualmente indicando un'altra persona a portare avanti la sua volontà e ad assistere affinché questa sua volontà sia rispettata. Si tratta di affermare concretamente il principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la sua salute. E a maggior ragione questo principio deve essere garantito in situazioni estreme dove la dignità della vita potrebbe essere maggiormente tutelata e difesa attraverso una dignitosa morte.

Credo che questa sia una soluzione legittima, e soprattutto rispettosa della persona umana. Infatti, in uno Stato liberale le leggi "giuste" sono quelle volte a tutelare e rispettare la volontà e la libertà dei cittadini.

Non penso si arriverà facilmente, nel nostro Paese, ad avere una normativa a favore di un argomento così delicato e che divide da sempre l'opinione pubblica. Quindi, per adesso, più che porsi il problema legislativo, si tratta di sensibilizzare le coscienze di tutti affinché in situazioni estreme e delicate - come quello del caso - non si debba prevaricare la volontà della persona. Né ad opera del medico, né di altri. Questo è un problema di informazione, educazione, crescita morale e (non meno importante) di sviluppo della coscienza.

*Componente Direzione Nazionale Fgr, Consigliere Nazionale Pri