L'Edera e il rilancio del Paese/I nodi centrali si chiamano competitività e Mezzogiorno

Ecco i temi sui quali l'Italia gioca il proprio futuro

di Gianni Ravaglia

Il recente terremoto elettorale, mi pare abbia messo la parola fine alla leadership berlusconiana e forse alla maggioranza di centrodestra. Giustamente il Pri ha denunciato più di altri gli errori, i ritardi, le incertezze di tale maggioranza, ciò nonostante ha pagato il prezzo della sua crisi più di altri. Come è noto, a mio parere, il Pri da tempo avrebbe dovuto abbandonare il Governo e appoggiarlo dall'esterno sulla politica estera, spronandone l'attività sui vari settori nodali, dalla giustizia, alla scuola, alla riduzione delle spese, ad un federalismo serio che non aggiungesse altre spese, ma soprattutto sul nodo della competitività e del Mezzogiorno.

Non so se ci avvieremo alle elezioni anticipate o alla scadenza normale della legislatura, mi pare però che, nell'uno o nell'altro caso, il Pri, se vuole riservarsi una qualche opportunità di sopravvivenza, deve uscire dal coro e presentare su tali punti un suo progetto.

E' infatti recente un giudizio della Banca d'Italia - che si aggiunge al nostro e a quello dei migliori economisti - che il problema dell'Italia è un problema di crescita e di competitività. Problema che, stanti le condizioni economiche internazionali, non può essere affrontato con tradizionali politiche congiunturali. Occorre affermare con forza che, senza l'abbattimento del prelievo contributivo e fiscale e senza una drastica riduzione delle spese, l'Italia confermerà sempre più la propria marginalità dai mercati internazionali

L'Italia può puntare ad una crescita del prodotto interno lordo del 3-3,5% all'anno.

Per raggiungere tale obiettivo di crescita - come indica uno studio della Banca d'Italia - occorre attuare un quadro di compatibilità che realizzi un aumento medio della produttività del 2-3%, dell'occupazione dell'1%, del salario reale dell'1,5-2,5%, dei prezzi dell'1,5-2%, prevedendo un aumento dei consumi privati del 3% a fronte di una riduzione di quelli pubblici del 3% e di un incremento degli investimenti pubblici e privati del 7-8% l'anno, soprattutto nel Mezzogiorno.

Condizione primaria per il perseguimento di tali obiettivi è la riduzione dell'incidenza della spesa corrente sul prodotto interno lordo di oltre il 6% in 5 anni, portandola al di sotto del 40% del Pil, senza intervenire sui trasferimenti alle famiglie e senza intaccare la spesa sociale.

In sostanza se si vuole ipotizzare una crescita del prodotto interno lordo del 3% nei prossimi 5 anni, le complessive spese di funzionamento delle Pubbliche Amministrazioni dovrebbero ridursi in termini nominali di circa l'1,5% all'anno.

E dunque necessaria una nuova politica che incida strutturalmente sulla spesa pubblica. E se non si vuole, come noi non vogliamo, intaccare la spesa sociale, occorre cominciare a tagliare le spese dell'apparato amministrativo centrale, gli Enti inutili, come le Province, ridurre il numero dei Comuni e delle Asl con azioni di accorpamento, ridurre le spese regionali, porre un limite all'imposizione locale sostitutiva di quella nazionale. Così come occorre liberalizzare i servizi pubblici, riformare gli albi professionali, porre in concorrenza i servizi pubblici gestiti dagli apparati pubblici, con quelli gestiti, in concessione, da privati. Occorre cioè trovare le risorse, nel quadro del Patto di stabilità, per rilanciare consumi e investimenti. Sono ben consapevole che sia difficile trovare oggi in Italia, se restano gli attuali Poli, una maggioranza che voglia perseguire tali obiettivi, anche se tutti sappiamo che su questi temi ci giochiamo il nostro futuro. Si rafforza allora la proposta politica che Giorgio La Malfa ha presentato all'ultimo congresso del Pri. Consapevoli che simili obiettivi per essere realizzati devono poter avere una larghissima maggioranza che sappia coinvolgere Stato – Regioni - Parti Sociali - Cittadini, si tratta di avanzare un progetto programmatico che stia alla base di una iniziativa politica che, partendo dal superamento degli attuali poli, ricerchi un nuovo quadro politico, una nuova maggioranza di governo che abbia numeri e volontà di perseguire tali obiettivi di rilancio.

Va da sé che, se come credo, anche la maggioranza del Pri fosse convinta della validità di tali valutazioni, qualora le stesse non venissero accettate dalle altre forze politiche, esse dovrebbero comunque rappresentare la base per il rilancio di un ruolo autonomo del Pri dai due poli.