Consiglio dell'Edera dell' 1-2 luglio: sintesi dell'intervento di Ravaglia/Il giudizio sul governo, le prossime elezioni, le opportunità contenute nel piano di Lisbona Quali orizzonti per le future battaglie del Pri Pubblichiamo la sintesi dell'intervento di Gianni Ravaglia al Consiglio nazionale Pri dell'1 e 2 luglio 2005. Non credo si possa negare, perché i dati stanno li a dimostrarlo, che la maggioranza di cui il PRI fa parte non è stata in grado di impedire una delle più gravi crisi del dopoguerra sia in termini di produzione che di consumi; certo non è una crisi che nasce ora, essa viene da lontano e il centrosinistra ne porta parte di responsabilità. Ma questa maggioranza ha ottenuto i voti proprio per cambiare il paese e non è stata in grado di farlo. Debbo dire che c'è un'unica positiva novità in questo nuovo governo: l'incarico dato a La Malfa di redigere un progetto per l'attuazione della strategia di Lisbona. Ora a me pare esista, comunque, un nodo irrisolto nella politica dell'attuale governo e del PRI. La metto in termini molto grossolani per capirci meglio: ciò che ancora io non ho capito è se noi vogliamo essere una componente liberista della maggioranza o una componente Keynesiana. In altri termini riteniamo esista in Italia un problema di offerta e quindi di trasferimento di risorse da settori maturi, obsoleti, corporativi, non competitivi che frenano lo sviluppo, che si debba, in sostanza, avviare un forte processo di liberalizzazioni come fece la Thatcher in Gran Bretagna, oppure crediamo di essere di fronte semplicemente ad una carenza di domanda per cui bastano investimenti pubblici in più, anche in disavanzo, nonostante abbiamo già il 106% di debito rispetto al Pil. ? Io non credo a tale seconda ipotesi e quindi non credo che un centrosinistra, al cui interno troppo elevate sono le componenti antimercato, possa risolvere i problemi nazionali. Se però il PRI e il governo intendono scegliere la prima ipotesi allora debbono decisamente avviare un programma coerente che punti ad una crescita del prodotto interno lordo del 3-3,5% all'anno. Condizione primaria per il perseguimento di tale obiettivo è la riduzione dell'incidenza della spesa corrente sul prodotto interno lordo di oltre il 6% in 5 anni, portandola al di sotto del 40% del PIL. Alcuni esponenti di Forza Italia indicano tale percorso. Perché allora non mettiamo a punto anche noi proposte che diano coerenza ad un disegno che sappia rappresentare un punto fermo, un riferimento credibile e coerente per coloro che vogliono una politica di sviluppo; quegli stessi che forse ieri hanno votato il centrodestra perché credevano che facesse questa politica e oggi non lo votano più proprio perché si sono accorti che non la fa. Noi di autonomia ci siamo sforzati di proporre iniziative in tal senso, nella nostra mozione congressuale, nel nostro convegno, nei nostri interventi. Capisco che per la maggioranza esiste una pregiudiziale di schieramento decisa dal congresso, così come per me c'è una sorta di pregiudiziale morale sul berlusconismo, ma il confronto che noi cerchiamo oggi non è sul piano degli schieramenti. Io sono convinto che la realtà della crisi economica imporrà delle accelerazioni alla stessa politica, che la politica fino ad ora non mi pare voglia percepire. Ne ha parlato La Malfa all'ultimo congresso, ne abbiamo parlato anche noi nei nostri interventi. Dunque serve una svolta. Ma il paradosso della situazione italiana è tale per cui nel 2006 potremo trovarci a decidere tra due leader, di cui l'uno, Prodi, è il responsabile del fallimento di questa Europa vecchia, non competitiva, burocratica, l'altro, Berlusconi, è il responsabile di una delle più gravi recessioni del dopoguerra dell'Italia. L'uno e l'altro dovrebbero fare un passo indietro e permettere la maturazione di contenuti comuni tra le forze più avvertite dei due poli. Certo, sul piano politico, non si può non essere d'accordo con Tartaglia quando scrive che, se a sinistra si andrà a costruire un polo socialista e a destra un polo cristiano democratico, il PRI dovrebbe cercare di costruire un polo democratico-liberale. Il PRI, nella sua maggioranza non ha voluto fare tale proposta fino ad ora, anche se il segretario ci ha detto- e di ciò ne prendiamo atto con piacere- che non si pone il problema del partito unico. Allora credo però possiamo essere tutti d'accordo che sia giunto in momento di lanciare un progetto politico-programmatico e su quello proporre un messaggio al paese che chieda di costruire una maggioranza sui contenuti necessari ad impedire l'aggravarsi della crisi e il rilancio dello sviluppo. Proprio perché io credo che siamo avviati verso una crisi di cui ancora non conosciamo tutta la portata- con il petrolio che potrà arrivare ai 100$ al barile e la competitività di Cina e India che allargherà la recessione nell'Occidente- anche chi come me è convinto che vada costruita anche in Italia una federazione di partiti democratico-liberali, si rende conto che, nell'interesse della nazione, oggi vadano comunque sostenute quelle forze che si impegnino credibilmente su concrete iniziative di rilancio e che i due obiettivi : costruzione del polo democratico liberale e sostegno di tali forze, non siano incompatibili. Per tali ragioni se Giorgio La Malfa con l'incarico ottenuto per il ministero che dirige: di elaborare un programma per la realizzazione della strategia di Lisbona, volesse diventare il Blair italiano, colui cioè che avvia l'operazione verità e predispone quel progetto di riforme strutturali di cui il paese abbisogna e su di esso chiedesse l'impegno della propria maggioranza, ma anche dell'opposizione in Parlamento, questo fatto potrebbe rappresentare la svolta. Su tale iniziativa non credo mancherà il sostegno del paese e, per quanto può contare, quello della componente di autonomia. E' indubbio comunque che sui due argomenti: ricerca e nuove tecnologie-sviluppo e competitività, si potrà giocare un nuovo futuro del PRI. Gianni Ravaglia |