Scorie: aspettando le proteste che verranno di Giovanni Postorino Non poteva avere una conclusione diversa la vicenda del decreto legge sulle scorie radioattive. Il Consiglio dei Ministri di giovedì scorso ha approvato un emendamento con il quale si elimina il riferimento a Scanzano Jonico e si prevede la costituzione di una Commissione di esperti che entro un anno dovrà individuare il sito adatto allo stoccaggio delle scorie. Questa soluzione potrebbe apparire assolutamente ragionevole: un commissario coadiuvato da 14 esperti, attraverso esami e test approfonditi, hanno il compito di individuare la zona dove raccogliere ed interrare tutto il materiale radioattivo che produciamo in Italia. Ai nostri occhi, però, il problema resta in tutta la sua drammaticità: questa vicenda è nata male ed è stata gestita peggio. Alla fine i rifiuti radioattivi rimangono, nei circa 150 depositi, in condizioni di sicurezza non adeguate. Nel precedente intervento chiedevo che a guidarci fossero la razionalità e il buonsenso, mentre oggi constato che entrambe queste doti, che, insieme al coraggio politico, a quanto pare, non possiamo pretenderle da nessuno, sono le principali sconfitte della vicenda. In verità, ci sono più vinti che vincitori. Ne esce sconfitto il Governo, suo malgrado, per diversi motivi. Per prima cosa non è riuscito a far comprendere alla popolazione, né della Basilicata né del resto d'Italia, l'importanza della costruzione di un unico sito sotterraneo per lo stoccaggio delle scorie radioattive: un difetto di comunicazione gravissimo che paga a caro prezzo. Straordinario poi che non sia riuscito a farlo capire neanche ad illustri esponenti della stessa maggioranza. Che i membri dell'opposizione contestino il provvedimento non sorprende: è un coacervo di gnostici poco propensi al dialogo in particolare su queste materie. All'indomani della modifica al decreto possiamo solo porci degli interrogativi che, senza alcuno spirito polemico, vogliono essere semplicemente di critica costruttiva. Che senso ha indicare prima un luogo, ritenendolo addirittura "ideale", se poi ne spuntano degli altri? Se poi forse non è così "ideale", tanto da dover nominare una Commissione ad hoc per l'individuazione? Perché non ci si è affidati da subito ad una Commissione di scienziati e di tecnici? Ma soprattutto: perché non si è condotta per tempo una campagna di informazione e sensibilizzazione degli abitanti delle aree sottoposte ad indagine? Come si è potuta far nascere l'idea sbagliata (mi auguro) che sia stata scelta la Basilicata in quanto terra del Sud, povera e sacrificabile? Da un punto di vista costituzionale, poi, perché emanare un decreto legge, che secondo la lettera dell'articolo 77 della Costituzione deve essere adottato in casi straordinari di necessità ed urgenza, se poi la produzione degli effetti dello stesso è rinviata alla decisione di una Commissione di esperti, che avverrà tra un anno, con buona pace per il requisito dell'urgenza? Non si è pensato che anche fra un anno avremo le stesse forme di protesta, e chissà dove? E poi, se non sarà Scanzano, la credibilità dei tecnici che hanno contribuito alla prima indicazione crollerà proprio in virtù di quella scelta iniziale. La gente penserà che anche quella seconda scelta sarà sbagliata. Non ci si rende conto che in questo modo si è creato un pericoloso precedente? Si penserà che con alcune settimane di protesta, interrompendo servizi pubblici, la viabilità in particolare, esponendo bandiere e cartelloni, facendo esibire la banda del Paese, portando in processione i Santi patroni, con il beneplacito di amministratori locali e sacerdoti, circondati a loro volta da una variegata folla di scolaresche e pensionati, si riuscirà a piegare una sacrosanta scelta del Governo nazionale, che riflette una necessità comune non più procrastinabile. Il Governo e, soprattutto, la Commissione hanno un anno per correggere il tiro e non far nascere altri interrogativi come questi. Ma perché succeda ciò, si dovrà lavorare senza tralasciare alcun dettaglio ed agire nella più assoluta trasparenza, per evitare qualsiasi sospetto. Se una zona sarà individuata, lo dovrà essere esclusivamente in base alle caratteristiche geologiche del terreno: la politica non deve intervenire in alcun modo e nessun politico, locale o nazionale, potrà condurre una credibile azione di protesta. Ma non illudiamoci: fra dodici mesi avremo un'altra sollevazione popolare in un'altra città del nostro Paese, o ancora una volta a Scanzano? Sicuramente sì. Si farà mai il sito unico per le scorie radioattive? Probabilmente no, mai. Comunque, a mio avviso, neanche voi, cari amici lucani, potete ritenervi vittoriosi. È una classica vittoria di Pirro, quella che festeggiate oggi, che può nascondere una sconfitta definitiva qualora anche la Commissione indicasse ancora una volta Scanzano. E tutto questo perché le argomentazioni che avete addotto per evitare che nel vostro sottosuolo vengano depositate, in assoluta sicurezza, le scorie radioattive (che anche voi producete ogni giorno) non sono argomentazioni credibili. Voi avete agito mossi da stati d'animo, dalla paura e, scusatemi, dall'ignoranza. Siete stati strumentalizzati dagli amanti del pericoloso status quo, che ora chiedono, addirittura, il ritiro definitivo del decreto. Nessuno vi ha spiegato ciò che in una situazione di calma avreste sicuramente compreso, ma che, visto come si sono svolti i fatti, non potevate di certo accettare. Cari ambientalisti, anche voi non potete ritenervi soddisfatti. Ma quali battaglie conducete in Italia se poi si scopre, grazie a queste settimane di polemica, il modo con cui vengono conservate le scorie radioattive nel nostro Paese? Certa gente, invece di tuonare su quanto sono pericolosi i rifiuti nucleari per l'ambiente e per l'uomo, cosa che sappiamo perfettamente, dovrebbe interrogarsi sul modo migliore per ridurre al minimo il rischio di qualsiasi tipo di contaminazione. Le scorie ci sono. Bisogna provvedere al problema della loro raccolta e del loro stoccaggio in condizioni di massima sicurezza. L'interramento a novecento metri di profondità in una miniera di salgemma può essere una soluzione? Forse è meglio darle ad altri Stati, magari poveri? O le lasciamo così, sparpagliate e senza controllo? Ma non è nell'interesse anche degli ecologisti più integralisti la realizzazione di un sito unico nazionale? Mi sfuggono, oggettivamente, i motivi di contrasto verso questa soluzione, che oltretutto sta per essere adottata anche da altri Paesi (tra cui gli Usa, che hanno di certo molto più materiale da smaltire rispetto a noi). Credo di poter dire che, se la Commissione di esperti dovesse indicare il sottosuolo del mio paese come idoneo ad accogliere le scorie, ebbene io non parteciperò ad alcuna forma di protesta (che già, non mi illudo, vedo alimentarsi). E non lo farò proprio perché sono un ignorante in materia e non mi resta che fidarmi dei dati tecnici e scientifici forniti dagli esperti, per il benessere di tutti. Questo invito provocatorio a seguire le sole indicazioni scientifiche deve valere sia per i politici che per tutti i cittadini, perché gli interessi nazionali di tutela ambientale e di sicurezza per la vita dell'uomo sono prevalenti su qualsiasi fobia o integralismo. |