Intervento di Babini sulla riforma costituzionale/Questo nostro patrimonio che rischia oggi di venire disperso

Gestione più snella del territorio

La tragica lezione della seconda guerra mondiale e della dittatura fascista dettò alle menti illuminate dei nostri Padri costituenti una Carta Costituzionale che non era soltanto un insieme di regole, ma conteneva un progetto condiviso per il futuro. Questo progetto mirava ad ancorare saldamente il nostro Paese ai principi democratici che il sacrificio degli uomini e donne del Risorgimento e della Resistenza avevano lasciato in eredità al popolo italiano. Con la nuova Riforma Costituzionale questo patrimonio rischia ora di venire disperso a causa dello scarso senso delle istituzioni e dell’indifferenza di coloro che trattano la Costituzione alla stregua di qualsiasi Legge dello Stato, da manipolare a proprio piacimento ad ogni cambio di maggioranza.

I Repubblicani, che 50 anni fa parteciparono attivamente al lavoro dell’Assemblea Costituente, si sentono toccati nel profondo da una riforma che prevede lo svuotamento dei poteri in mano al Presidente della Repubblica, espone il popolo italiano alle incognite del premierato e influisce sulle istituzioni con un federalismo confusionario e spesso conflittuale. Ora però che il lungo iter di approvazione della riforma costituzionale è stato avviato occorre capire quali potranno essere le reali conseguenze per il popolo italiano e per le istituzioni. E’ per questo motivo che, con l’ausilio di alcuni esperti costituzionalisti a Cesena, il 20 dicembre, cercheremo insieme di approfondire e comprendere le conseguenze di alcune sostanziali novità introdotte dalla Riforma quali: l’elezione diretta del Premier, l’istituzione del Senato federale, la devoluzione alle Regioni delle competenze esclusive in materia di Sanità, Istruzione e Polizia locale e le nuove funzioni del Parlamento.

I Repubblicani sono da sempre una forza riformatrice moderata e non hanno un atteggiamento pregiudiziale nei confronti dei cambiamenti. Credono però che alla scelta di apportare così sostanziali modifiche alla Costituzione sia di gran lunga preferibile l’avvio di un processo di semplificazione burocratico e amministrativo che investa anche le autonomie locali. La compagine amministrativa così come attualmente si presenta è infatti estremamente stratificata e frammentata: ad organismi come UE, Stato e Regioni si affiancano innumerevoli altri enti come le Province, i Comuni, le Città Metropolitane, le Comunità Montane, le Associazioni di Comuni, le Unioni dei Comuni, e i Circondari, ognuno dei quali ha un proprio apparato burocratico e dirigenziale, un sistema elettorale diverso da ente a ente e vari organi amministrativi che comportano notevoli costi, situazioni di conflitto e accavallamento di competenze che a loro volta mettono in moto una rilevante stratificazione burocratica. A ciò vanno aggiunte anche le spinte centrifughe e campanilistiche dei piccoli Comuni spesso assecondate a fini elettorali dai partiti di tutti gli schieramenti. Tutto ciò produce una inutile sommatoria di competenze fra Comuni, Province e Regione, e crea conflitti, tensioni di potere e un dispendio economico non indifferente. A livello nazionale assistiamo al lievitare - a fini puramente elettorali - del numero delle Province; meccanismo a cui i Repubblicani si sono sempre opposti con la nascita negli anni ‘70 delle Regioni, giudicando le Province un elemento di ridondanza della macchina amministrativa e di dispersione delle risorse. Per quanto riguarda la situazione nella nostra Regione invece, ci troviamo ad avere un numero troppo consistente di piccoli comuni: su 341 di essi più del 50% hanno meno di 5000 abitanti, 15 ne hanno 1000, 3 solo 500 e 1 conta 144 abitanti.

I Repubblicani ritengono sia dunque prioritario spingere verso una fusione delle competenze degli enti locali perché alla stratificazione e al groviglio dei poteri venga sostituita una gestione più snella e funzionale del territorio.

Luisa Babini Consigliere Regionale Pri Emilia Romagna