In vista del prossimo Congresso nazionale dell’Edera: dare un sostegno convinto all’attuale dirigenza/In mancanza nel nostro Paese di un leader sul modello di Tony Blair, è opportuno che il partito stia su posizioni alternative alla sinistra Necessaria una forte politica di riforme per rilanciare l’immagine del Pri Ho sempre ritenuto che i giornali di partito, oltre ad occuparsi di informazione generale, debbano anche rappresentare un luogo di discussione e di confronto fra amici di un medesimo soggetto politico, soprattutto quando quest’ultimo si trova ad essere tormentato da profonde divisioni interne e si avvìa a celebrare un congresso. Un pò’ come il nostro PRI, non vi pare? Pertanto intervengo nuovamente e sempre per ragionare circa il nostro Partito e il suo futuro, ritenendo altresì di essere sostanzialmente in sintonia quantomeno con gli amici repubblicani della mia zona, con i quali, è ovvio, sono costantemente in contatto. In un mio intervento comparso su "La Voce Repubblicana" dell’8 settembre scorso, auspicavo che il confronto interno al PRI, fra maggioranza e minoranza, fosse basato su contenuti inerenti al presente e al futuro del nostro Partito, lasciando da parte vecchi rancori e contrapposizioni personali. Purtroppo in questi mesi, un pò tutti abbiamo dovuto constatare che finora non vi è stato alcun confronto costruttivo, ma, a quanto sembra, si è addirittura giunti all’incomunicabilità e allo scontro aperto. Si attende solo il congresso per mettere in atto uno scontro frontale. Almeno questa è la mia impressione. In quel mio intervento appena citato, scrivevo, per così dire, in qualità di "battitore libero". A tale riguardo, ora posso dire di sentirmi un pò meno "battitore libero", poiché, in base a quanto ho letto negli ultimi periodi sul nostro quotidiano, mi pare di capire che, se i rapporti fra maggioranza e minoranza del Partito si sono gravemente deteriorati, la causa di tutto ciò sia da imputare ai comportamenti della minoranza di Riscossa Repubblicana. A parte la loro pretesa, peraltro molto discutibile, di schierare a tutti i costi il PRI nel centro-sinistra, vi sono stati determinati atteggiamenti che per forza di cose hanno compromesso il dialogo interno. Quando la maggioranza con il segretario nazionale Nucara in testa, si è sempre dimostrata aperta e disponibile al dialogo e credo, anche al compromesso per il bene del Partito, la minoranza ha sempre risposto con posizioni di chiusura, con comunicati duri che lasciano ben poco spazio alla discussione ed infine, dulcis in fundo, cercando di stringere accordi con le forze del centro-sinistra, come è accaduto in Emilia Romagna. Un pacato, civile e sereno dibattito, sarebbe stata la cosa migliore, ma considerato che la minoranza predilige lo scontro anziché il confronto, beh, giunti a tal punto, è giusto che la dirigenza attuale del Partito cessi di porgere continuamente l’altra guancia. Del resto, c’è un limite a tutto e se Riscossa Repubblicana vuole giungere ad una radicalizzazione delle divisioni, allora radicalizzazione sia. Il dialogo fra due parti non si concretizza se è solo una delle due a ricercarlo e a volerlo. Mi auguro che tutti i repubblicani di buon senso, prima e durante il prossimo congresso nazionale, vogliano sostenere con convinzione l’attuale dirigenza del PRI, la quale ha grandi meriti. Si è sempre dedicata totalmente al Partito con enormi sacrifici e rinunce personali. Auspico apertamente che il congresso si concluda con una netta riconferma degli attuali vertici e con una solenne bocciatura della linea politica di coloro i quali vogliono traghettare il Partito Repubblicano a sinistra, a tutti i costi e senza sentire ragioni. Riscossa parla anche di terzo polo liberaldemocratico, ma a me sembra che guardino soprattutto al centro-sinistra, (Emilia-Romagna docet!). A quel centro-sinistra, in cui il PRI già c’era tempo fa e non pare si sentisse a proprio agio e inoltre non risulta che prendesse molti più voti di oggi o che fosse maggiormente considerato dagli alleati. Altresì, soprattutto in questo momento politico, l’ultima cosa da pensare è proprio un ritorno del Partito Repubblicano nell’Ulivo, Gad, Fed, Alleanza o come diavolo si chiama adesso. Ma come possiamo noi stare in una coalizione dove i pochi riformisti seri sono tenuti in un angolo e sempre più spesso hanno il sopravvento cattocomunisti della peggior specie, antiamericani di tutte le salse e ultrasinistri che giustificano le rapine proletarie? Credo che noi repubblicani possiamo dialogare meglio con Forza Italia piuttosto che con una Rosy Bindi, un Paolo Cento o ancora peggio, un Russo Spena. E poi, quali garanzie di affidabilità e governabilità, può offrire questo centro-sinistra che non sa neppure come chiamarsi, che ha un Romano Prodi come leader, il quale non entusiasma neanche i più prodiani della coalizione ed infine che sa solo delegittimare l’avversario, senza essere capace di proporre progetti alternativi? Certo, se in Italia esistesse una sinistra simile al New Labour inglese e se ci fosse un leader come Tony Blair, allora si potrebbe fare un discorso diverso, ma così non è. In ogni caso, anche se questa sinistra dovesse essere migliore di come è realmente, dipendesse solo da me, terrei il PRI ben ancorato su posizioni comunque alternative alla sinistra. Si può e si deve, quando è necessario, essere aperti e disponibili a sostenere temporaneamente battaglie trasversali, riformatrici e laiche con esponenti della sinistra, ma occorre rimanere, come diceva un Francesco Cossiga di qualche anno fa, distanti e distinti da essa. So bene che il Partito Repubblicano Italiano proviene da una storia di sinistra democratica e liberale e so altrettanto bene che il compianto Ugo La Malfa guardava a sinistra. Mi risulta però che nel corso degli anni e perciò molto prima dell’alleanza con il centro-destra, il PRI sia diventato sempre più una forza di centro. Già negli anni della Prima Repubblica il Partito dell’Edera era un partito di centro che oltretutto non andava molto d’accordo non solo con il vecchio PCI, ma pure, a volte, con i socialisti, anche se questi erano alleati di governo. Inoltre l’elettorato repubblicano, nei momenti migliori come in quelli peggiori, è sempre stato diverso da quello, ad esempio, che votava per la DC, in quanto laico e più attento a determinate tematiche, ma comunque si è sempre trattato di cittadini moderati poco inclini a guardare a sinistra. Circa Ugo La Malfa, mi limito solo a citare il Presidente del Partito Giorgio La Malfa, il quale più volte ha sostenuto che suo padre ricevette più delusioni che soddisfazioni dall’allora Partito Comunista Italiano. Non riconoscendomi nelle posizioni della minoranza e auspicando, come ho già scritto, una riconferma dell’attuale dirigenza del Partito, non nascondo certo alcune riserve che ho da qualche tempo nei confronti di quest’ultima. Ho già espresso e ribadisco, le mie forti perplessità in merito all’idea di stringere legami sempre più stretti con il Nuovo PSI. Oltre ad alcune differenze che esistono tra noi e i socialisti, mi preoccupa il fatto che nasca un’alleanza e poi liste comuni, all’interno della CdL o fuori come terzo polo, dalle quali poi gli unici a ottenere qualcosa saranno gli amici del Garofano. Stiamo attenti, perché esiste effettivamente il rischio che da un’operazione politica come quella della Casa Laica, i soli a guadagnare in termini di visibilità e forse di consenso elettorale, saranno i socialisti, a scapito nostro e anche di altre componenti come il rinato PLI di Altissimo, se esso parteciperà all’ipotetica Casa dei Laici. Oggi ci preoccupiamo della tendenza di Forza Italia ad essere un partito piglia tutto, ma ricordiamoci che l’allora PSI di Bettino Craxi si abbandonava spesso a deliri di onnipotenza. Certo, l’attuale Nuovo PSI è diverso e forse un po’ più umile del vecchio PSI, ma tutto sommato la mentalità è la stessa. Sinceramente preferisco continuare ad essere rappresentato da Giorgio La Malfa e Francesco Nucara e non vorrei che un giorno Gianni De Michelis o Bobo Craxi facessero i portavoce anche per noi repubblicani. E’ difficile ora fare previsioni, ma se davvero i socialisti dovessero abbandonare prima del tempo la maggioranza di governo, mi auguro di cuore che il PRI non li segua. E’ opportuno rimanere alleati con la Casa delle Libertà e sostenere il governo Berlusconi, il quale, pur con ritardi, incertezze e divisioni, ha saputo finora muoversi abbastanza bene su alcuni fronti. Penso alla politica estera e all’ottimo lavoro sinora svolto dal Ministro Pisanu contro la criminalità e le nuove forme di eversione. Penso anche al taglio delle tasse, che sarà pure poca cosa, ma in ogni caso rappresenta un tentativo che nessun altro governo in passato ha avuto il coraggio di fare. Anch’io ritengo che la visibilità del PRI nel governo sia minima, ma se dovessimo imboccare strade diverse avremmo ancora più problemi e meno spazio di iniziativa politica. Pertanto proseguiamo ancora con il centro-destra, con autonomia e capacità critica, pur non scartando naturalmente l’idea di un riposizionamento del Partito in chiave, per così dire, terzopolista. Quando penso ad un ipotetico terzo polo, penso certamente ad un terzo polo molto repubblicano, molto centrista, alternativo comunque alla sinistra e poco socialista. Ho condiviso le preoccupazioni e i dubbi espressi recentemente da Giorgio La Malfa circa il disegno di riforma federale dello Stato. Il progetto federalista è apparso sinora più come un regalo alla Lega che come un disegno riformatore ben studiato e ponderato. Ho apprezzato meno le riserve del nostro Presidente in merito al cosiddetto premierato forte. Essendo io un presidenzialista convinto, vedo con favore qualsiasi tentativo volto a rafforzare il potere esecutivo e il concetto di democrazia diretta, con necessari pesi e contrappesi. Per dirla ancora meglio, ho sempre guardato al modello americano, presidenzialista e bipartitico, come esempio di efficiente democrazia. E’ un sistema che, fra l’altro, non soffoca affatto le minoranze. Queste ultime non sono rappresentate da partiti medio-piccoli, ma trovano comunque spazio e hanno voce tramite le primarie, nei due grandi contenitori politici che si alternano alla guida della Nazione. Tanto nel Partito Repubblicano americano come in quello Democratico, esiste moltissimo spazio per tante idee, anche diversissime fra loro e nessuno pensi ai due grandi partiti statunitensi, come a due blocchi monolitici. Il sistema politico americano dovrebbe rappresentare un esempio da seguire non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa. Se poi diventa difficile applicarlo integralmente nella nostra complicata realtà, almeno si provi a delineare un sistema simile, a livello istituzionale, costituzionale e anche per quanto concerne la legge elettorale. Il nostro Paese in particolare, deve ancora uscire dalla lunga transizione iniziata dopo il crollo della Prima Repubblica ed effettivamente urge un qualche cambiamento che dia al Paese un sistema politico capace di durare per molto tempo. A tal proposito, sarei felice se il Partito Repubblicano Italiano, anziché limitarsi a rifiutare quasi a priori i tentativi di riforme della CdL, formulasse un proprio progetto riformatore. Insomma, se proprio spaventa l’idea di giungere ad un sistema di tipo americano ed in effetti, a torto, spaventa molti purtroppo, se non siamo capaci in Italia a far funzionare il maggioritario e se non ci convincono le riforme berlusconiane, allora formuliamo noi un progetto. Nonostante le mie idee, accetterei anche un disegno del PRI che preveda un sistema elettorale totalmente proporzionale, ma con sbarramento; l’importante è che sia un disegno che complessivamente guardi avanti, salvaguardi il concetto di democrazia dell’alternanza e prefiguri ampia partecipazione popolare alle scelte politiche. Se il nostro Partito lanciasse una propria e originale idea riformatrice, senza dubbio acquisterebbe visibilità. Ridursi ad invocare solamente il ritorno del proporzionale, utile per il nostro piccolo Partito ma non risolutivo per i problemi del Paese, oltre a frenare qualsiasi tentativo riformatore, ci fa apparire come un soggetto politico capace solo di pensare al proprio orticello, il quale inoltre stenta a capire che non si può più vivere di rendita e che la democrazia italiana non potrà più essere bloccata, come ai tempi della Prima Repubblica. Il PRI deve rilanciarsi come nucleo dell’avvenire, lasciando ad altri le battaglie di retroguardia. Roberto Penna |