Turchia, Islam, Europa: interventi degli organismi locali/Dal dibattito all’Europarlamento all’individuazione delle nuove frontiere Le decisioni debbono essere solo politiche Pubblichiamo alcune prese di posizione delle organizzazioni locali del Pri, di grande attualità dopo l’intesa nel Consiglio europeo sull’avvio dei negoziati con la Turchia in vista del suo ingresso nell’Ue. E’ scontro sull’adesione della Turchia in sede dell’Europarlamento. Il capogruppo dei Popolari Europei è contro all’entrata della Turchia in Europa mentre la Francia si interroga sull’eventuale esclusione di questo Paese che potrebbe portare al tanto temuto "scontro di civiltà". All’interno del Parlamento Europeo le valutazioni non sono ancora ben definite e alcune delegazioni, tra cui l’Italia, la Spagna, l’Olanda e l’Inghilterra sono favorevoli al via libera ai negoziati. Il quadro è sicuramente complesso. La Turchia si è guadagnata, negli ultimi anni, il diritto di avviare i negoziati ma non ancora il diritto di entrata. Problemi di natura giuridica legati alla riforma del diritto penale turco sono all’ordine del giorno per la valutazione dell’entrata della Turchia: l’abolizione del reato di adulterio e della tortura sono considerati elementi essenziali per valutare il grado di civiltà di un Paese. La domanda che mi ora mi pongo è la seguente: la Turchia è Europea o no? La Turchia è già presente nelle grandi organizzazioni europee, dal Consiglio dell’Europa alla Nato ma si differenzia dagli altri Paesi per quattro motivi: è il paese più grande, più povero, più estremo e mussulmano. La Turchia ha settantuno milioni di abitanti: se dovesse entrare in Europa tra quindici anni supererebbe la Germania e avrebbe un peso non indifferente nel Parlamento Europeo, nel senso che avrebbe una posizione di rilievo per le decisioni che riguardano tutti i cittadini europei. La povertà è ancora molto diffusa. Le statistiche ci informano che il Prodotto Interno Lordo per abitante è notevolmente al di sotto della media europea e che oltre ad un terzo degli abitanti è dedito all’agricoltura. La possibilità che i fondi europei vengano destinati a quest’area povera diventerà una possibilità come l’eventuale immigrazione di popolazione dalla Turchia agli altri Paesi europei.. Il terzo punto riguarda il concetto di frontiera dell’Europa: nei trattati europei la definizione di confine europeo è molto vaga. Non tutta la Turchia è vicina all’Europa, solo una sua parte è vicina e Istanbul è una grande città che non ha nulla da invidiare alle grandi capitali europee. Ad esempio Cipro, che è entrata recentemente nell’Unione Europea, si trova ad est di Ankara, la capitale della Turchia: la lontananza geografica non sembra essere dunque l’ostacolo principale o comunque non sarà un argomento valido per dibattere. L’Islam sembra essere il problema cruciale. L’Unione Europea non è definita come un club di paesi Cristiani: 12 milioni di abitanti sono mussulmani e il rispetto della libertà religiosa è stato sancito negli articoli che hanno istituito l’Unione Europea. Il punto cruciale dello scontro a livello religioso sembrerebbe che l’Islam è, per sua natura, incompatibile con la nostra democrazia liberale e il recente fondamentalismo islamico che sta crescendo nel mondo mussulmano, Turchia compresa, non gioca certo a favore alla causa della Turchia per entrare nell’Unione Europea. L’Islam non è lo sponsor di Osama bin Laden ma la percezione è di tutt’altra natura. E’ impossibile dunque dimostrare a priori che l’Islam sia compatibile con le democrazie liberali. Ma è altrettanto vero che la "questione turca" è un laboratorio di analisi geopolitiche. Dopo l’undici settembre l’America e gli alleati occidentali stanno cercando di portare la libertà democratica nel Medio Oriente. Si sta cercando di liberare intere popolazioni dalla tirannia e dall’oppressione restituendo alle popolazioni locali lo status di cittadino e non di suddito. Portare in Europa la Turchia non è che un messaggio distensivo verso la cultura dell’Islam. Gli standard del rispetto dei diritti umani e dell’espressione religiosa devono essere rispettati. Non si deve forzare il processo di integrazione e non si deve neppure portare la discussione sul terreno delicato del bisogno di immigrati nei prossimi venti-trent’anni per riequilibrare l’andamento demografico europeo. Sicuramente la Turchia non è un candidato normale: integrare quasi ottanta milioni di abitanti è un compito arduo ma il Governo di Ankara si sta sempre di più allineando ai criteri europei fin dal lontano 1963 in cui l’Europa dichiarava che la Turchia era sufficientemente europea per diventarne un candidato un domani. E’ necessario che il fondamentalismo islamico non rovini il progetto turco. Forse il domani di cui si parlava nel ‘63 è proprio oggi. Fulvio Giulio Visigalli sezione "Giovanni Spadolini" Pri Codogno (Lodi) |