Rigettati i dubbi di costituzionalità sugli Statuti dell’Emilia Romagna e dell’Umbria/Le dichiarazioni del presidente Vasco Errani e di Luisa Babini del Pri sulle decisioni della Consulta

A rischio l’applicazione della nuova legge elettorale

di Pino Vita*

La Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità, sollevate dal Governo, sulle norme relative al voto degli immigrati e alle coppie di fatto e contenute negli Statuti delle regioni Emilia Romagna ed Umbria.

Una norma, comune agli Statuti delle due Regioni, riguardava il diritto di voto, i referendum e le altre forme di consultazione popolare a favore degli immigrati residenti: una decisione che aveva suscitato le maggiori riserve, in quanto legata alle polemiche sull’immigrazione e alla definizione dei criteri di garanzia che debbono essere applicati nel disciplinare i diritti individuali degli immigrati e nell’affrontare i problemi che ne derivano.

A tale proposito la Consulta ha dichiarato che la disposizione della regione Emilia Romagna "manifesta con chiarezza l’insussistenza di un’attuale pretesa della Regione di intervenire nella materia di elezioni statali, regionali e locali, riconoscendo il diritto di voto a soggetti estranei a quelli definiti dalla legislazione statale o inserendo soggetti di questo tipo in procedure che incidono sulla composizione delle assemblee rappresentative. Resta nell’area delle possibili determinazioni delle Regioni la scelta di coinvolgere in altre forme di consultazione o di partecipazione soggetti che comunque prendano parte consapevolmente alla vita associata, anche a prescindere dalla titolarità del diritto di voto e anche dalla cittadinanza italiana." In base al pronunciamento dei "giudici delle leggi" i cittadini immigrati hanno, pertanto, diritto di proposta per i referendum consultivi. Analoga decisione era stata presa una settimana fa dalla Consulta nella vertenza tra il governo e la regione Toscana, mentre le decisioni attuali hanno convalidato altre norme dello stesso Statuto, tra cui quella che prevedeva che la regione Emilia Romagna , nelle materie di propria competenza, provvedesse direttamente all’esecuzione degli accordi internazionali stipulati dallo Stato, pur nel rispetto delle norme di procedura previste dalla legge. La Corte ha anche giudicato legittima quella parte dello Statuto riguardante l’area metropolitana di Bologna che era uno dei punti da sciogliere ed a proposito è stato riconosciuto che la competenza che lo Statuto ha fissato è subordinata al rispetto delle leggi dello Stato.

Ad eccezione della norma sull’incompatibilità tra consigliere e assessore gli altri punti dello Statuto sono stati dichiarati costituzionalmente ammissibili, per cui il presidente della regione Vasco Errani ha potuto dichiarare che "la sentenza evidenzia la strumentalità delle critiche rivolte alla riforma del 2001 e il carattere burocratico delle obiezioni del governo che nulla hanno a vedere con i principi costituzionali che la Regione ha sempre inteso rispettare".

La norma sulle coppie di fatto riguardava specificamente la regione Umbria e la Consulta ha deciso che tale disposizione "non comporta né alcuna violazione né alcuna rivendicazione di competenze costituzionalmente attribuite allo Stato."

Non è stato, pertanto, rimosso l’articolo che riconosceva rilevanza giuridica delle forme di convivenza diverse da quelle della famiglia tradizionale e che aveva suscitato grandi polemiche e dubbi. Inoltre la Consulta, intervenendo sempre sullo Statuto dell’Umbria, ha considerato ammissibile l’articolo che prevedeva che la Giunta regionale possa, previa autorizzazione da parte di apposita legge regionale, adottare regolamenti di delegificazione ed anche quello che attribuisce alla Commissione di garanzia la funzione di esprimere pareri sulla conformità allo Statuto delle leggi e dei regolamenti regionali.

Le uniche due disposizioni giudicate illegittime dalla Consulta sono state quelle relative all’incompatibilità della carica di assessore con quella di consigliere regionale e queste riguardavano entrambi gli Statuti. La Corte ha motivato questa decisione specificando che si tratta di disposizioni che, in sostanza, esulano dalla sfera degli Statuti e devono essere invece previste e disciplinate dalla legge regionale.

La consigliera regionale del Pri dell’Emilia Romagna Luisa Babini ha dichiarato: "La sentenza della Corte costituzionale ha dato ragione all’Emilia Romagna giudicando "non fondate" le questioni di illegittimità sullo Statuto sollevate dal Governo. La decisione della Corte è la prova dell’impostazione prettamente ideologica che il governo ha adottato nei confronti di uno Statuto fortemente condiviso, votato da maggioranza e opposizione e frutto di un lungo lavoro di concertazione. Luisa Babini teme, inoltre, che l’impugnativa del governo e la conseguente sospensione dello statuto " rischiano di risultare fatali per la Regione, la quale potrebbe non avere più il tempo per fare entrare in vigore il nuovo Statuto e la legge elettorale ad esso collegata."

Ci sembra che la preoccupazione della rappresentante del Pri sull’impossibilità di applicare alle prossime elezioni la nuova legge elettorale sia più che fondata, soprattutto se si tiene conto dell’ipotesi che considera il 3 aprile la data più probabile per lo svolgimento delle elezioni regionali e amministrative.

Ma della prossima scadenza elettorale e dei problemi che questa comporta ne parleremo in altra occasione.

*Responsabile nazionale Pri Enti locali