La Massoneria italiana/Storia di un movimento spirituale nel bicentenario del Grande Oriente

Operare in nome di un universalismo laico e liberale

Il seguente messaggio di Francesco Nucara viene presentato oggi nell'ambito de "La Massoneria italiana dalla Repubblica ai giorni nostri. Bicentenario del Grande Oriente d'Italia", Università degli Studi di Bologna, Aula Magna Santa Lucia.

di Francesco Nucara

Cari amici, il Partito Repubblicano non può non ricordare le parole pronunciate oltre un secolo fa da Giovanni Amendola, l'uomo politico liberale che, animatore dell'Aventino dopo l'avvento del fascismo e maestro spirituale di Ugo La Malfa, disse a proposito dell'unità italiana: è stata "la più grande conquista della storia moderna". Una conquista in gran parte figlia di quel movimento spirituale che, nato in Inghilterra con le logge massoniche, dopo aver coinvolto le élites intellettuali della vecchia Europa, varcherà l'Oceano per espandersi nel Nuovo continente.

Fonte ispiratrice dell'Illuminismo - che con gli Enciclopedisti sfociò nella rivoluzione dell'89 e nella dichiarazione dei diritti dell'uomo - coinvolse, nella vecchia Europa, in contrapposizione alla Chiesa cattolica, uomini di ogni ceto e di ogni campo della cultura, da Voltaire a Goethe. Ancor prima della presa della Bastiglia, informò quei prìncipi illuminati dell'assolutismo monarchico, come l'imperatore d'Austria Giuseppe II, il quale, decretando l'espulsione dei gesuiti, e cercando l'appoggio dell'opinione pubblica nell'intreccio di quell'alleanza tra il filosofismo riformistico e l'assolutismo monarchico, dirà testualmente: "Io ho fatto della filosofia la legislatrice del mio impero, le sue logiche applicazioni trasformeranno l'Austria".

Non è senza significato che, sulla strada dell'applicazione delle idee riformistiche, si ponesse il pesante ostacolo della Chiesa cattolica con le sue posizioni e i suoi principi tradizionali, specie in tema di uguaglianza civile, di tolleranza religiosa, di libertà di pensiero. Germi che daranno frutti cospicui nel vecchio e nel nuovo mondo, se è vero che, nella Prussia di Federico II aderiranno alla massoneria uomini come Goethe e Fichte; la Francia annovera La Fayette; e l'America quegli uomini, tutti iscritti alla massoneria, che crearono gli Stati Uniti durante la lotta per l'indipendenza: Franklin, Washington, Madison, Hamilton.

Ma, in Italia, è con Napoleone Bonaparte (specialmente con la riorganizzazione del regno di Napoli ad opera di Gioacchino Murat nel giugno 1808) che vengono affermati i principi moderni di uniformità ed uguaglianza, aboliti i diritti feudali, introdotti i codici napoleonici, dato incremento alla cultura, promossi i lavori pubblici. In coincidenza con il bicentenario della massoneria italiana, è la caduta del Re di Napoli, nel 1805, a segnare, per l'Italia, lo sviluppo delle logge massoniche, da Torino a Genova (riunita all'impero), dalla Toscana alle Marche.

Nello Stato pontificio, dopo la deportazione di Pio VII, prima a Savona, poi a Fontainebleau, nel maggio del 1809, è decretata l'abolizione del potere temporale. Un precedente che si ripeterà a Roma con Mazzini nel 1849 e poi con la costituzione del Regno d'Italia dopo Porta Pia. La fine del potere temporale farà dire a un pontefice illuminato come Paolo VI, che la Chiesa si era "liberata di un pesante fardello". Parole che Giovanni Spadolini ricorderà in Romagna in occasione di una visita pastorale di Karol Wojtyla e puntualmente riprese dall'"Osservatore Romano".

Non si può non riconoscere che lo spirito animatore di queste conquiste è in gran parte dovuto a quelle idee di universalismo laico e liberale che uno studioso tedesco del primo Novecento, il Gruber, fissò in un saggio pubblicato, in edizione italiana, nel 1908, dal titolo: "Mazzini, massoneria e rivoluzione mondiale". Una rivoluzione che un altro grande protagonista del nostro Risorgimento, Giuseppe Garibaldi, volle evidenziare. Egli, già aderente alla massoneria (sia pure con scarso impegno in Brasile e a Montevideo), fu investito a Palermo, nel 1860, dei primi tre gradi ed elevato nel 1862, con il concorso di molte logge, alla carica di "Gran maestro a vita".

Garibaldi così sintetizzò il suo pensiero: "Tutte le nazioni sono sorelle. La guerra fra loro è impossibile (…). La repubblica è la sola forma di governo degna di un popolo libero. La democrazia sola può rimediare al flagello della guerra". Tanto accadeva nella primavera del 1867 in un congresso a Ginevra, presenti - fra gli altri - Benedetto Cairoli, Alberto Mario e la moglie Jessie, nonché Edgard Quinet e l'anarchico russo Michail Bakunin.

Un programma che resta più che mai la stella polare delle battaglie democratiche: oggi più di ieri. Ecco dove la storia, depositaria di una lunga memoria è, come diceva John dos Passos, "la collina su cui noi ci leviamo".

Un caro fraterno saluto a tutti voi.