"Il Mattino" 18 febbraio 2003/L'analisi "L'Europa e Saddam" di Piero Craveri Un primo passo per ricucire la frattura con gli Stati Uniti era stato fatto venerdì scorso alla riunione della Nato sulla copertura missilistica della Turchia. Lunedì è stata la volta del Consiglio europeo con una deliberazione presa all'unanimità che presenta tre aspetti significativi. Il primo è che fa obbligo duramente a Saddam di disarmare, non escludendo come ultima opzione possibile la guerra. Il secondo che ribadisce come la procedura debba passare per l'Onu e la decisione esserne una conseguenza. A riguardo c'è da sottolineare in terzo luogo la posizione francese, per cui non è necessaria una nuova risoluzione, bastano quelle pregresse, solo che si dà un'altra dilazione di tempo al rais iracheno per conformarvisi, rimettendo la valutazione agli ispettori. Il tempo non è prefissato, come volevano gli inglesi, per una remora tedesca, ma si fa cenno che non deve essere usato strumentalmente per menare il can per l'aia a tempo indefinito. Nella sostanza due sono gli elementi politici rilevanti. Col ribadire la priorità dell'Onu i paesi europei mostrano di voler tener fermo quel principio di multilateralità nelle decisioni atlantiche e occidentali che ha sempre caratterizzato i rapporti tra Usa e Europa fino a ieri, non accettando semplificazioni unilaterali da parte americana. Ciò si accompagna con un giudizio durissimo sul regime di Saddam, che non è diverso da quello degli americani e sottolinea il carattere barbarico della sua dittatura e la violazione d'ogni diritto umano che essa comporta all'interno del suo paese. Resta al fondo la diversa opinione sui tempi dell'operazione e le opzioni che ne conseguono. Su questo terreno il parziale riavvicinamento di oggi può essere seguito da una nuova spaccatura domani o viceversa da una definitiva ricomposizione del dissidio euro-americano. Non c'è dubbio che proprio su questa alternativa le diplomazie sono al lavoro, ma su premesse diverse da quelle di qualche giorno fa. La dura condanna di Saddam da parte europea riconosce infatti implicitamente che la pressione militare statunitense già in atto è uno dei fattori essenziali che possono spingerlo veramente a dare effettive assicurazioni di disarmare, o perfino a un cambio di regime a Baghdad. Questa sarebbe il presupposto di una soluzione pacifica, sulla quale tuttavia non c'è pieno consenso americano. In caso contrario la strada è quella, anche per gli europei, della guerra su cui occorre concordare i tempi e i modi. Come si vede è una partita diplomatica difficile su due opzioni, ambedue basate su di una variabile ancora incerta e in una controversa definizione dei tempi con cui deliberare. Ma con tutto ciò il riavvicinamento c'è e da ciò il governo italiano ne esce avendo certamente dato un contributo di ritrovata prudenza. Resta però confermato che una eventuale profonda rottura con gli Usa si rifrange necessariamente all'interno dell'Europa. Viene al pettine anche il problema dell'allargamento e delle sue modalità. I segnali che sono venuti dai paesi dell'ex Est europeo sono da questo punto di vista univoci. Vogliono entrare in Europa, ma vogliono anche la garanzia americana. Allo stato attuale, nella tradizionale loro storica stretta tra Germania e Russia non si sentono altrimenti garantiti. È un segnale sulla strada della costituenda Costituzione europea, sulla costruzione degli altri pilastri della Ue, in particolare la politica estera e quella della difesa. C'è da augurarsi che la presa di posizione di lunedì, questo primo positivo compromesso, sia la premessa di una riflessione necessaria più ampia sull'avvenire dell'Europa. |