"L'opinione" 18 febbraio 2003 Iraq: l'ultimo giro di valzer di Fiorenzo Grollino L'azione del dittatore iracheno, Saddam Hussein, ha prodotto fino ad oggi più di un risultato negativo, che potrebbe destabilizzare i capisaldi politici e militari del mondo occidentale, mentre i paesi di tutto il mondo, preoccupati del destino del rais, manifestano per la pace, soprattutto in Italia, ove sabato gli italiani pare abbiano affollato Roma in tre milioni. Ritornando al nostro dittatore, il suo comportamento ambiguo, oscillante tra il ‘sì' e il ‘no' a dare collaborazione agli ispettori dell'Onu, sempre cinico e baro, ha conseguito almeno tre risultati: una spaccatura senza precedenti nella Organizzazione delle nazioni unite ed in seno al Consiglio di Sicurezza, nel quale almeno tre paesi: Francia, Russia e Cina, hanno dichiarato di essere pronti ad esercitare il loro diritto di veto su una eventuale risoluzione di guerra contro l'Iraq; una profonda divisione in seno al Consiglio Atlantico della Nato, che il suo segretario generale lord Robertson non è riuscito a comporre, nonostante numerose riunioni del Consiglio ed i suoi tentativi di mediazione per trovare un accordo sulla richiesta di copertura militare della Turchia, Stato membro della Nato, paese confinante con l'Iraq. Qui le maggiori resistenze sono venute dalla Francia, ormai lanciata con Jacques Chirac a riconquistare la passata "grandeur", riuscendo a dare scacco alla superpotenza americana, più di quanto abbia fatto De Grulle ai tempi della Quinta Repubblica, oltre che dalla Germania e dal Belgio. La frattura che maggiormente preoccupa è quella che si è consumata nell'Unione europea, che ancora una volta ha rinunciato al proprio ruolo, delegandolo, si fa per dire, ad almeno tre paesi: Inghilterra, Francia e Germania. Dell'Inghilterra si sapeva che non avrebbe lasciato soli gli Stati Uniti, e che, come in altre occasioni, non avrebbe mai portato sul tavolo della Commissione la sua decisione di sostenere fino in fondo l'America di Bush. Su questo terreno si può dire che gli inglesi non ammettono interferenze. E se l'Inghilterra si è schierata a fianco degli americani, Francia e Germania si sono schierati contro nell'interesse della pace e contro la guerra, come se l'ipotesi della guerra escludesse la pace. Ma qui, proprio qui sta il nodo del problema: guerra o pace? Invero anche gli americani vorrebbero la pace e quanti sono vicini a loro, perchè la guerra è sempre l'ultima opzione anche per gli Usa. La prova più chiara di questa volontà di pace da parte di tutti i paesi è data dal fatto che l'Onu, dopo la relazione del capo missione Mr. Blix, ha concesso altri quindici giorni di tempo per far ispezionare altri siti iracheni. Anche se sono in pochi a credere che questa nuova missione ispettiva avrà risultati concreti, perché dovrebbe essere ormai chiaro che Saddam, uomo scaltro quanto sanguinario, ha avuto tutto il tempo per mettere al sicuro le sue armi micidiali. Si tratta di un altro giro di valzer, ballato soprattutto dalla Francia di Chirac che ha la sua ‘Total' che opera a tempo pieno nel mare di petrolio iracheno, inebriandosi della sua ritrovata "grandeur", dalla Germania di Shroeder, leader ormai sul viale del tramonto, che non si capisce quali interessi e comportamenti debba difendere, se non l'impegno antiamericano che ha sbandierato ai quattro venti nell'ultima campagna elettorale vinta dal suo ministro degli esteri il verde Joska Fischer, e dal piccolo Belgio che è e sarà sempre eurodipendente sul piano economico, e che, per esprimere la sua gratitudine, ha cominciato a scalciare per farsi notare nel gruppo dei 15, che presto diventerà di 25. I risultati della furbesca azione di Saddam Hussein non sono di poco conto, anche perché essi incidono in misura rilevante sul tessuto della nuova Europa , che così riceve un duro contraccolpo, mentre la Convenzione presieduta da Valery Giscard d'Estaing è impegnata a disegnare la carta costituzionale europea. Il momento, sotto questo aspetto, è particolarmente interessante, perché in una occasione come questa dovrebbe essere vivo l'interesse per quanto accade sul campo, al fine di tener conto dei limiti attuali dell'Ue. Ancora una volta è andata per aria la politica della difesa e della sicurezza comune, di cui è custode, si fa per dire, la Commissione europea presieduta dal prof. Romano Prodi, i cui appelli cadono tutti nel vuoto più assoluto, come le foglie secche d'autunno. E così alcuni dei partners più importanti ed influenti, come l'Inghilterra, la Francia e la Germania, mettono davanti al fatto compiuto sia la Commissione europea sia mister Xavier Solana, il cosiddetto ministro degli affari esteri dell'Ue. Il malcapitato Prodi, che ormai viene dato in uscita per guidare l'Ulivo italiano, deve ingoiare un rospo dietro l'altro, non avendo il coraggio di imporre a questi partners una linea di politica estera comune. Questi grandi Paesi, quando si tratta di arraffare fondi strutturali sono sempre in prima fila al desco dell'Ue, anzi impongono la loro volontà, come la Francia e la Germania hanno fatto in due significative occasioni: la ripartizione dei fondi strutturali in agricoltura; ed il "dosaggio" dei fondi ai dieci paesi dell'allargamento; ma quando si tratta di salvaguardare i loro interessi extraeuropei dimenticano che non possono agire per conto proprio, perché la loro azione deve essere valutata dal Consiglio europeo dei ministri degli esteri ed eventualmente inserita nel contesto della linea di politica estera fissata dallo stesso Consiglio Ue. L'azione di Saddam, per completare il quadro della sua infausta influenza, ha avuto ripercussioni anche in Italia. Infatti, dobbiamo prendere atto che nel nostro paese il governo ha deciso in politica estera di proseguire una linea di azione che, anche se viene definita filo-americana, è tesa al conseguimento della pace, ritenendo la guerra l'ultima delle opzioni. Sembra essere questa una linea di politica estera condivisibile anche da parte della opposizione, perché tutto sommato mette in primo piano l'obiettivo della pace, senonché l'opposizione ulivista, dimenticando l'infausto 11 settembre americano, lavora con i suoi numerosi leader per la pace e solo per la pace, accogliendo in Italia, con i massimi onori, come uomo di pace, nientemeno che un campione come Tarek Aziz, complice di Saddam Hussein, in azioni di sterminio del popolo curdo e di massacro dei tanti oppositori del regime di cui è il numero due. E duole dover constatare che un uomo di questa fatta sia stato ricevuto in pompa magna anche in vaticano ed abbia a lungo dialogato con il Sommo Pontefice sulla pace, ma questo strano cattolico che risponde al nome di Tarek Aziz non ha mai dichiarato cosa farà il suo Paese , una volta che gli americani rinunceranno alla guerra. Questo signore dal volto rassicurante e pacioso, non offre alcuna significativa contropartita per la normalizzazione del suo Paese, perché in quella regione del mondo ritorni la convivenza pacifica dei popoli. Così l'opposizione ulivista, non avendo altri argomenti, si è aggrappata senza dignità a Tarek Aziz, per opporsi alla linea di politica estera espressa dal premier Silvio Berlusconi, e di fronte al Paese. L'Italia, come l'Europa, stanno attraversando un momento difficile, di grande divisione e confusione, per cui l'auspicio è che intervenga quanto prima una seria riflessione e si arrivi ad un generale ricompattamento delle forze politiche e dei partner dell'Unione, perché tutti parlino una stessa lingua ed abbiano una sola voce. |