La proposta di Del Pennino e Compagna/Uno sguardo organico sulla giustizia Ipotesi audaci, ma già avanzate dalla Costituente di v. r. Il senatore Del Pennino, insieme al senatore Compagna, ha presentato in questi giorni al Senato un disegno di legge costituzionale che cerca di affrontare, forse per la prima volta in modo organico, i problemi della giustizia. In particolare quelli della congenita inefficienza del sistema giudiziario e della permanente conflittualità con gli altri poteri dello Stato. L'ipotesi di riforma avanzata stabilisce nuovi criteri di nomina per i vertici della magistratura, la modifica della composizione del Consiglio Superiore della Magistratura, la perentorietà dei termini processuali e l'abolizione del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. L'evoluzione degli ultimi cinquant'anni dimostra come sia mutato profondamente il ruolo del giudice, passando da un magistrato che svolgeva una funzione meramente ermeneutica, cioè di interpretazione-lettura della legge, ad un magistrato che attraverso la "interpretazione creativa" giunge a "fare" la legge. Questa, però, è funzione del Parlamento, legittimato dal consenso popolare, e non di una magistratura i cui membri vengono selezionati attraverso un concorso. In questo quadro la soluzione che sembra più logica è quella della responsabilizzazione dei vertici degli Uffici Giudiziari attraverso la nomina, da parte del Capo dello Stato, del Primo Presidente e del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione e l'elezione popolare dei Presidenti e dei Procuratori Generali di Corte d'Appello e dei Presidenti e dei Procuratori presso ogni Tribunale, attribuendo ad essi il compito di assicurare l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia secondo i criteri del buon andamento e dell'imparzialità, nonché riconoscendo solo ad essi la facoltà di "esternazione". Per evitare chiusure "corporative" viene poi prevista la modifica dei criteri di composizione del CSM esaltando il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica, a cui spetterebbe il potere di nomina di un terzo dei componenti, nonché quello di designare, di volta in volta, in caso di impedimento, un suo rappresentante a presiedere le sedute del Consiglio. Il progetto di riforma costituzionale affronta anche un altro punto fondamentale, per quanto riguarda l'efficienza del sistema giudiziario, stabilendo la perentorietà di tutti i termini processuali civili, penali e amministrativi. Una norma che contribuisce a fornire una soluzione all'estrema lentezza dei processi che spesso si tramuta in denegata giustizia. In ultimo si propone di correggere il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, stabilendo che l'esercizio dell'azione penale avvenga secondo principi e criteri indicati di anno in anno da una conferenza di tutti i Procuratori Generali di Corte d'Appello, presieduta dal Procuratore Generale presso la Cassazione, fatti salvi comunque i diritti della persona offesa. In questo modo non si costringerebbe più il PM ad avviare un'azione penale anche quando la notizia di reato appare infondata o strumentale. Nello stato di inefficienza in cui agonizza il processo penale, è essenziale che l'attenzione ed il tempo dell'inquirente non vengano distratti dalla cura degli affari in cui l'accusa appaia ragionevolmente fondata. In una stagione in cui il conflitto fra l'ordine giudiziario e gli altri poteri dello Stato è divenuto motivo di preoccupazione per tutte le forze politiche, sia pure da angoli di visuale diversi, e quando sempre più numerose ed autorevoli sono le voci che si alzano per sottolineare la necessità di por mano ad una riforma del pianeta giustizia, non sono possibili ulteriori rinvii. E avanzare ipotesi "audaci", magari azzardate, ma che affondano le loro radici in riflessioni già affacciate nel dibattito della Costituente, può rappresentare un contributo non marginale a ritrovare il sentimento della Repubblica che alla Costituente fu alto. |