Spadolini e il ruolo italiano in ambito internazionale Discorso tenuto in occasione del convegno "Giovanni Spadolini e il Partito repubblicano a Milano", Milano, Grand Visconti Palace, 16 febbraio 2006. di Antonio Del Pennino Ricordare oggi Giovanni Spa-dolini significa ripercorrere alcuni passaggi che caratterizzarono la sua battaglia politica, che conservano, pur in una mutata situazione politica, tutta la loro attualità. Innanzitutto Spadolini impostò per primo la questione delle riforme istituzionali. Il famoso decalogo che è stato alla base del suo secondo Governo contiene ancora oggi alcune intuizioni che sono d'assoluta attualità, anche se poi realizzate in modo differente. Tra queste sicuramente la questione del rafforzamento dell'esecutivo e della sua stabilità. Nel decalogo affrontò la questione delle cosiddette nuove regole per i governi di coalizione, regole che in quel momento erano particolarmente necessarie per la debolezza della posizione del Governo in Parlamento e per il fatto che i regolamenti parlamentari favorivano più che altro soluzioni assembleari. Forse oggi con la cultura del maggioritario si è andati oltre il segno, si è realizzata una condizione quasi opposta. Si è cioè finito per svuotare quella che è la funzione degli organi legislativi, sia a livello statale sia a livello regionale, rispetto agli esecutivi. La seconda problematica che Spadolini cercò con forza di affrontare, fu quella concernente la questione morale, sotto il profilo della separazione tra i partiti e la pubblica amministrazione. In particolare si preoccupò di richiedere garanzie che fossero in grado di tutelare l'autonomia dei gruppi parlamentari e dei singoli deputati contro i diktat delle direzioni partitiche. Spadolini non cadde mai però nella facile polemica antipartitocratica, né sottovalutò il ruolo dei partiti in un sistema democratico, ma pose piuttosto il problema di definire ruoli e competenze. Egli sentiva come necessaria l'introduzione di regole di garanzia nella vita dei partiti, soprattutto dopo che gli stessi avevano accettato il finanziamento pubblico, vincolandosi, perciò, ad una logica pubblicistica. Da questo punto di vista ancora oggi è irrisolto il problema che Spadolini stesso pose, ovvero quello del riconoscimento giuridico dei partiti, tema che viene negato in egual misura sia a destra che a sinistra e che è invece un dei nodi fondamentali se vogliamo consentire una ripresa di credibilità della politica. In politica estera Spadolini era un fermo sostenitore dell'accordo euro-atlantico contro ogni tentativo di contrapporre un partito europeo a un partito americano. Nel suo ultimo discorso parlamentare egli stesso affermava che non avremmo mai potuto concepire il mondo moderno senza la grande lezione di civiltà e di amore per l'Europa che ci ha dato la democrazia nordamericana. Spadolini intendeva così scongiurare ogni tentazione europea di contrapposizione che avrebbe portato inevitabilmente con sé il rischio di un distacco da quel vincolo euro-atlantico che, come egli stesso amava ricordare, "ha invece rappresentato la vera rivoluzione del dopoguerra, avendo assorbito insieme la rivoluzione francese e quella americana e creato così un nuovo diritto umano, forse da perfezionare e da aggiornare secondo i mutamenti che il tempo porta inevitabilmente, ma sempre estremamente valido e fondamentale per la libertà e la democrazia occidentale." Infine Spadolini era profondamente convinto della necessità di una presenza incisiva e autorevole delle forze laiche, in grado allora di condizionare la DC, evitando che all'interno della stessa prevalessero le propensioni a chiusure integraliste e aiutando, invece, l'emergere della sua anima cattolico-liberale. Non fu mai però un teorico della rottura dell'unità politica dei cattolici e per molti laici questo rappresentava un suo limite. Oggi quella posizione deve essere rivalutata alla luce del fatto che la rottura dell'unità politica dei cattolici, determinata dal passaggio dal proporzionale al maggioritario, lungi dal far emergere l'ideologia laica di stampo risorgimentale, ha scatenato una corsa da parte di entrambi gli schieramenti per compiacere le gerarchie ecclesiastiche, nella ricerca di conquistare il cosiddetto voto cattolico e li ha indotti ad abbandonare così ogni difesa dei principi di un stato laico. |