Violenza e criminalità nella città partenopea/I grandi progetti non partono

Rinascimento napoletano, un'illusione che si spegne

di Armando Pannone

Bombe carta contro i vigili. Televisori scagliati contro la polizia. Rapine effettuate con la tecnica delle auto kamikaze, lanciate a folle velocità ,dritto nelle vetrine dei negozi. Autobus devastati. Furti negli ospedali. Non è Bagdad. E' Napoli. Degli omicidi tra la folla e della criminalità, poi, non è il caso di parlare, data la rilevanza nazionale conquistata insieme alla maglia nera della vivibilità. I napoletani vivono in condizioni di emergenza civile. A Napoli si muore per un cellulare. A volte, purtroppo, anche solo per un sorpasso. L'impegno delle forze dell'ordine c'è, ma non basta ad arginare una situazione incancrenita.

I grandi progetti non partono. Sulla utilizzazione delle aree dismesse a Bagnoli, dopo la chiusura dell'Italsider, le idee sono poche e le polemiche tante. Per non parlare della proposta cara ai Verdi, quella di crearvi un gigantesco parco. Che naturalmente finirebbe per pullulare di drogati e per richiedere altri interventi da parte delle forze dell'ordine.

Gli sprechi finanziari sono all'ordine del giorno, e qualche volta rasentano il ridicolo. Il Comune è sommerso dallo scandalo degli stipendi d'oro: 248 dipendenti che gonfiavano gli statini-paga e percepivano somme non dovute senza che nessuno esercitasse il benché minimo controllo. Si scopre ora che la società mista Smart Way, costituita nel 2002 con alcuni privati da provincia e regione per effettuare lavori stradali, non ha sede operativa né commesse: Ma paga lo stipendio dal maggio 2003 a 130 dipendenti; che, non avendo altro da fare, sono in ferie forzate.

Il ritratto della città, insomma, non assomiglia certo alla cartolina tutta glamour e lustrini tanto cara alla Sinistra. Per Napoli si è parlato addirittura di Rinascimento. Ma il Rinascimento ha rappresentato la massima espressione della promozione umana. Perché se ne possa ragionare, occorrono standard elevati di civiltà e di sviluppo. Napoli non esprime tale livello di valori. E' come un gigante incatenato, trattenuto da vincoli atavici. A Napoli non sussistono le minime condizioni di sviluppo per una democrazia realmente vissuta e partecipata. I traguardi raggiunti e gli sforzi profusi dal governo della città non possiedono il requisito dell'eccezionalità. Rientrano nella routinaria dinamica metropolitana di una grande città italiana.

Il Rinascimento è un'altra cosa. E' anzitutto impostazione culturale, altezza di pensiero, libertà da retaggi ideologici. E non è appannaggio di una sola parte. E' un patrimonio condiviso, da coltivare e difendere. Prescinde dal consenso a tutti i costi ma presuppone obiettivi chiari. A Napoli la gente invoca giustizia, efficienza, ordine, rispetto della legalità. Tutto questo passa per un rivolgimento profondo dell'azione politica. Passa per la cultura della meritocrazia, per una effettiva repressione dei reati, per un garantismo autentico, per la valorizzazione delle libertà e delle iniziative del "buon cittadino".

A Napoli, definita rinascimentale, il Circolo della Stampa tace mestamente da anni. Giovani generazioni di giornalisti neppure ricordano cosa ha rappresentato per la città quell'isola vitale del libero pensiero al centro della Villa Comunale. A Napoli, gli imprenditori si scoraggiano e gli investitori non osano. La città ha bisogno di voltare pagina. Con umiltà, accettando la patina grigiastra che ne offusca la figura. Non può tenere a lungo sul viso tirato un sorriso di circostanza. Una democrazia cresce e si sviluppa solo se è sorretta dalla volontà di immaginare davvero un futuro. Napoli è ancora al palo, nonostante le potenzialità da metropoli europea. Solo se si libererà degli impacci ideologici che ne rallentano i destini, potrà intravedere un orizzonte di rinascita.