Ciampi e l’eredità mazziniana/Un patrimonio che molti hanno voluto dimenticare Valori indispensabili alla ricchezza della nazione Siamo profondamente grati al Capo dello Stato per aver ricordato nel suo messaggio di fine anno, in occasione del bicentenario della nascita, il pensiero di Giuseppe Mazzini, che a nostro giudizio, e non certo da oggi, riteniamo indispensabile per la formazione e l’ispirazione delle forze politiche che hanno la responsabilità di governare il Paese. Il fatto che la cultura marxista e quella cattolica, maggioritarie in Italia, abbiano contribuito a marginalizzare, quando non a screditare, l’opera del loro principale avversario, non ha certo impedito ad un cultore del Risorgimento, come Carlo Azeglio Ciampi, di strappare il velo di omertà che è stato calato per anni sull’apostolo repubblicano, riconoscendolo di fronte alla nazione intera come un autentico padre della Patria. Il Capo dello Stato ha ragione e vorremmo solo aggiungere, da parte nostra, che le virtù politiche e morali di Mazzini, non solo sono alla base dell’Italia unitaria, ma rappresentano anche un punto di riferimento inalienabile per il pensiero e l’azione dei liberali in tutta l’Europa. Nell’anno in cui ricorre il bicentenario della nascita, Ciampi ci ha ricordato che Mazzini va riscoperto e che della sua lezione non si può fare a meno. Era tempo che da un presidente della Repubblica provenisse questo messaggio. Sarà inevitabile che l’opinione pubblica e le energie intellettuali del Paese si misurino con esso con la debita cura. In parte già lo stanno facendo. Ad esempio, Angelo d’Orsi, sulla "Stampa", ha scritto che "non v’è bisogno di enfatizzare, né è il caso di accogliere in toto il discorso politico di questo padre del Risorgimento Italiano, ma non v’è dubbio che oggi sta venendo in piena luce il significato profondo di una possibile attualità (e forse necessità) di Mazzini". Senza voler entrare ora in che cosa andrebbe respinto del pensiero di Mazzini - conoscendo D’Orsi, preferiamo sorvolare - ci accontentiamo del riconoscimento dell’attualità e di una necessità, che noi consideriamo certa - non ipotetica - di chi è stato capace di coniugare l’interesse particolare con quello generale, la dottrina rivoluzionaria con la libertà. E’ vero che a fronte del movimento fascista e delle simpatie che negli ambienti fascisti si coltivavano verso Mazzini, alcuni antifascisti, Gobetti ad esempio, preferirono abbandonarlo collocandolo fra i vinti della storia. Ma così persero la loro battaglia, non la vinsero. Perché gettare Mazzini, come fece il giovane Gobetti, per preferire Marx, significò accentuare le asprezze ideologiche del secolo passato, fino a trascinarle sul piano politico dello scontro fisico, alla soppressione del soggetto più debole, fosse esso il proletariato, o la stessa repubblica democratica. Mentre sul piano ideale, cercare di difendere gli interessi generali in astratto, a costo di sacrificare milioni di singoli individui, o quelli particolari in concreto, come presupponeva la dottrina marxista nella sua deriva giacobina, produsse il solo risultato di impedire e di ostacolare una diffusione del benessere, facendo dello Stato e delle sue leggi, l’architrave della negazione del diritto dei cittadini in quanto tali. In altre parole, non si poteva combattere una dittatura appoggiandosi ad un teorico della dittatura, anche se di segno opposto. qual era Karl Marx. Non essere stati in grado di decifrare questo problema, e di difendere conseguentemente la forma repubblicana dello Stato nella sua eccezione democratica, come proponeva Mazzini, è stata la ragione dei disastri che si sono succeduti nella storia europea a cavallo delle due guerre e dei guasti successivi che hanno ritardato e compromesso lo sviluppo del nostro Paese. E’ stato anche merito di Ciampi, se, questa battaglia per la Repubblica e lo sviluppo della democrazia non è andata persa. Anzi, questo è l’anno buono per riaprirla. |