"Il Secolo XIX" 26 gennaio 2003

Gallo: la perdita dell'Avvocato non avrà effetti sul gruppo

Roma – La scomparsa dell'Avvocato non avrà effetti sul futuro aziendale della Fiat perché la famiglia " ha già scontato un periodo di incertezza" che ora probabilmente è finito. Così risponde Riccardo Gallo, ex manager pubblico, grande esperto di politica industriale e consulente del ministro delle Attività produttive. Antonio Marzano, a chi gli chiede di gettare uno sguardo oltre la morte di Gianni Agnelli. In una intervista al Secolo XIX, Gallo esamina le possibili ricadute sugli assetti del Lingotto e ricorda come l'Avvocato abbia contribuito a creare, nell'Italia di Enrico Cuccia, una "cultura d'impresa privata".

Professor Gallo, lei che sta seguendo da vicino le vicende della crisi della Fiat ritiene che la scomparsa dell'Avvocato, al di là del vuoto umano, avrà riflessi importanti sul futuro aziendale del Lingotto?

"Guardi, probabilmente la famiglia Agnelli ha già scontato un periodo di incertezza strategica, durante il quale è successo davvero di tutto: è stata esposta senza volerlo a manifestazioni di interesse da parte di investitori terzi, ha fatto affluire in Fiat risorse finanziarie importanti già nel gennaio del 2002 (1 miliardo di euro), è stata indecisa tra scelte opposte, se abbandonare l'auto allo Stato o mantenerla tutta sotto il proprio controllo, se rompere o consolidare con GM, se fare entrare azionisti terzi cedendo la gestione o conservandola. Ora è probabile che questo periodo di incertezza sia finito e che la famiglia stia per prendere decisioni, che sono appunto il frutto del travaglio al quale abbiamo assistito. In questo contesto, la scomparsa dell'Avvocato Agnelli, per quanto dolorosa, non influisce: piuttosto, la sua lunga malattia ha influito proprio sul travaglio e sugli sbandamenti dell'ultimo anno".

Quindi, le decisioni che saranno prese ora sul destino della Fiat sono in realtà frutto di riflessioni maturate da tempo?

"Esatto".

Ammesso che il carisma abbia una valenza industriale, lei non ritiene che venendo a mancare la figura dell'Avvocato, si possa appannare ulteriormente l'immagine della Fiat, già messa a dura prova dalla crisi in atto?

"Ritengo di no. E' doloroso dirlo, ma il carisma o era diminuito o evidentemente era stato insufficiente rispetto agli errori strategici, manageriali e gestionali commessi in questi ultimi 4-5 anni".

A suo parere, quali sono stati i principali meriti dell'Avvocato per quanto riguarda la storia dell'imprenditoria italiana?

"Lui ha saputo alimentare lo spirito di corpo dell'imprenditoria italiana che era molto fragile o addirittura inconsistente: ha creato una cultura d'impresa privata. E qui non si possono ignorare i rapporti con Mediobanca: Enrico Cuccia non aveva una grande considerazione degli imprenditori italiani, tant'è che vi si dedicava per rafforzarne la presenza e le capacità. Agnelli era probabilmente il migliore, l'unico davvero capace di creare una cultura d'impresa, era uno dei pochi cavalli di razza della scuderia degli imprenditori italiani: si combinava quindi bene con la concessione di Cuccia. Intendo dire che Cuccia e Agnelli sono stati per molti versi complementari: hanno svolto una funzione essenziale nella "creazione" della categoria degli imprenditori italiani. Poi, a un certo punto, piccoli e medi imprenditori hanno scalciato contro questo predominio ma era il segno positivo della loro crescita".

E dovendo trovare un punto davvero debole della figura imprenditoriale di Agnelli?

"La insufficiente visione internazionale dell'industria italiana e della Fiat. Ed era un paradosso per un uomo come lui che si è sempre mosso su una ribalta internazionale. Questo limite è lo stesso che ha portato alla crisi della Fiat e a un'alleanza con GM tardiva, circoscritta e insufficiente".

Ora tocca ad Umberto: sarà all'altezza di traghettare la Fiat fuori dalla crisi?

"E' finita l'epoca in cui bastava essere all'altezza, in cui bastava essere leader. Ora ci vuole piuttosto un assetto azionario e gestionale composito, e in ogni caso diverso da quello attuale".

Michele Lombardi