"L’opinione" giovedì 19 giugno 2003

Rischio desertificazione

di Fiorenzo Grollino

Le temperature da più settimane sono elevatissime; sembra di essere nel mese di agosto degli anni passati, quando si attendeva il "sol leone", come l’evento dell’estate calda, perché le temperature raggiungevano le punte più alte. I tempi sono cambiati ed il "sol leone" è una presenza ormai costante sia in maggio che nel mese di giugno.
La gente per il caldo muore, soffre e si dispera; i turisti si immergono nelle fontane di questa Roma tanto afosa quanto umida; i dietologi consigliano le diete più leggere per sopravvivere al caldo; gli incendi nelle zone boschive non si contano, i vigili del fuoco sono i protagonisti di questi mesi impegnati a spengere incendi ed a soccorrere persone in difficoltà. Il consumo di acqua è eccezionale, perché la sete è tanta, il livello dei bacini imbriferi si abbassa, perché non piove più da mesi, e le risorse idriche sono diminuite.
La situazione incomincia a diventare preoccupante, perché l’ondata di caldo non accenna a diminuire, né ci sono segnali che possa diminuire, e gli italiani rischiano di soffocare in una morsa di caldo e di veleni che le alte temperature producono. Si prevede che dopo questo grande caldo, ci saranno temporali che faranno solo altri danni, dopo quelli della grande siccità.

Come fronteggiano questa situazione "incandescente" organismi come la protezione civile, il Ministero dell’Ambiente e diversi altri che hanno competenze specifiche in questo settore? Ormai siamo entrati nella spirale perversa del fenomeno della desertificazione, che tutti temono, ma non si corre ai ripari. In questo contesto dire che il fenomeno della desertificazione avanza inesorabilmente, anzi si trova in una fase ormai avanzata, non si scopre certamente l’uovo di colombo. Al fenomeno della desertificazione si accompagnano siccità e aridità della terra, aggravando il fenomeno soprattutto nelle regioni meridionali.
Il paese, inteso in termini di governo e di organismi preposti, più che allo studio del fenomeno, al monitoraggio delle zone investite da questo fenomeno, non ha ancora le idee chiare quanto ad interventi diretti, se non a fermare, quanto meno a contenere desertificazione, siccità, aridità, minacciano da vicino regioni come la Calabria, la Puglia, la Basilicata, la Sicilia e la Sardegna.

Allo stato la lotta alla desertificazione è condotta, in modo alquanto approssimativo, dal "Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione", che ha predisposto la redazione di carte a scala nazionale delle aree vulnerabili al degrado del territorio e sensibili al fenomeno della desertificazione. In queste carte sono rappresentate: aree soggette a degrado del territorio; aree sensibili al fenomeno della desertificazione; bacini idrogeografici; aree che, in presenza di variazioni climatiche, possono essere soggette alla desertificazione. L’aspetto climatico è stato analizzato costruendo una carta dell’indice di aridità, trattandosi di elemento che, più di altri, incide sul fenomeno della desertificazione. Ormai si conoscono, attraverso l’elaborazione di carte specifiche, le aree sensibili al fenomeno della desertificazione, non solo, ma anche il loro grado di predisposizione alla desertificazione che può essere nullo, medio e alto.
Abbiamo già visto che le regioni meridionali sono quelle maggiormente interessate al fenomeno, ed in particolare i territori delle autorità dei bacini: regionali pugliesi, lucani, interregionale del Bradano, del Sinni, regionali calabri, siciliani e sardi.

Il programma nazionale di lotta alla desertificazione e siccità, ha individuato la Calabria tra le regioni meridionali ad alto rischio. Dai rilievi effettuati la piana di Sibari è risultata la più esposta alla l’insorgenza di fenomeni anche di origine antropica, che convalidano l’ipotesi di area ad alta sensibilità al rischio desertificazione, così come la zona del basso Jonio reggino presenta fenomeni simili a quelli della piana di Sibari.
Quali interventi per fronteggiare questi fenomeni che attentano ad ogni forma di vita del pianeta terra? Alcuni interventi tesi alla protezione del suolo e alla gestione delle risorse idriche sono stati individuati, anche se non sono risolutivi in quanto insufficienti, soprattutto perché il fenomeno della desertificazione in ambiente mediterraneo è solo da pochi anni oggetto di studio e da poco riconosciuto sia come rischio naturale sia come conseguenza dell’attività antropica.

Questo aspetto del degrado ambientale è un processo legato all’uso delle risorse in funzione dei suoli, del clima, del tipo di uso del suolo. L’eccessivo degrado porta diritto alla desertificazione, intesa come consumo di risorse non rinnovabili a breve e medio termine. In effetti il fenomeno riguarda soprattutto i paesi mediterranei dell’Unione europea: Spagna, Portogallo e Grecia, oltre all’Italia. Per le sue conseguenze esso, pur riguardando un numero limitato di paesi, è all'attenzione dell’Unione europea che ha assegnato fondi significativi per lo studio e la lotta del fenomeno attraverso il programma operativo "Interreg II C", anche se ancora non esiste a livello europeo una carta a scala europea.
I principali organismi competenti per la lotta a questo fenomeno, oltre al "Comitato nazionale per la lotta alla desertificazione", sono a livello nazionale il Ministero dell’Ambiente e a livello regionale le Arpa regionali, oltre all’Anpa nazionale.

L’azione di questi organismi non è certamente a pieno regime, i loro interventi sono i soliti interventi a pioggia tanto per accontentare gli amministratori i cui territori presentano qualche problema di desertificazione, senza però affrontare il problema in radice con interventi mirati a lottare un fenomeno che fino a qualche anno addietro non era conosciuto.
Il monitoraggio, lo studio e l’analisi del fenomeno non sono sufficienti, se non sono approfonditi al fine di stabilire quali interventi attivare per impostare una lotta efficace contro questo fenomeno.
Si tratta di un settore in cui lo stato dell’arte deve essere costantemente aggiornato non solo per accertare ulteriori punti di degrado, ma anche per individuare idonei interventi per arrestare possibilmente il progredire del fenomeno.

Prendiamo ad esempio la Calabria, la regione a più alto rischio desertificazione: il primo rapporto sullo stato dell’ambiente risale all’anno 2000. Sono passati tre anni e non si sa quando si avrà il secondo rapporto. Ci vorrà certamente qualche anno, mentre le condizioni di questa regione dovrebbero suggerire un nuovo rapporto per il 2003.
Se si volessero, poi, fare le cose sul serio, si dovrebbe istituire una Conferenza permanente sul fenomeno al fine di impostare un’azione più efficace e penetrante, attirando sul tema una rinnovata attenzione da parte dell’Unione europea.
Si può ancora suggerire, attesa la gravità e l’importanza del fenomeno sul piano del degrado ambientale e del rischio di veder scomparire forme di vita vegetale ed animale, e di far diminuire in modo sensibile risorse idriche indispensabili alla sopravvivenza di tanti paesi, che non sono solo quelli dell’Ue del bacino del Mediterraneo, ma anche, e forse di più quelli dell’altra sponda, che ormai sono legati all’Unione da forme di cooperazione in partnership che dovranno essere attuate entro il 2010, al governo, alla vigilia del semestre di presidenza italiana dell’Ue, di predisporre uno specifico dossier, perché il problema sia trattato in via prioritaria ed assuma, come è giusto, carattere di problema europeo. Va da se che sotto questo profilo il Ministero dell’Ambiente dovrebbe fare la sua parte, che a questo fine è quella più importante. Idee ci sono, e tante, bisogna trovare chi le porta avanti.