Sessant'anni fa lo sbarco in Normandia/1944, il periodo più complesso del conflitto

Dalla liberazione alle tensioni della guerra fredda

di Giuliano Caroli

Lo sbarco alleato in Normandia, sessanta anni fa, fu l'evento chiave di un anno di guerra, il 1944, particolarmente complesso e difficile sui cui sviluppi vale la pena di tornare a riflettere. Il primo vertice a tre Roosevelt-Churchill-Stalin avvenuto a Teheran nel dicembre '43, dopo le decisive svolte militari del conflitto mondiale, aveva segnato l'avvio della concertazione tra i principali protagonisti dello sforzo militare antihitleriano per definire il mondo del dopoguerra ma anche i suoi limiti.

Ma già allora si era manifestata una certa dissonanza tra l'universalismo rooseveltiano e le due diverse realpolitik di Churchill e Stalin, destinata a condizionare i futuri rapporti tra i vincitori della guerra. La Commissione consultiva europea creata a Tehran divenne subito luogo di confronto fra i tre sulla divisione di responsabilità nella gestione degli armistizi, e se nella Commissione istituita solo per l'Italia arresasi l'8 settembre i sovietici furono di fatto emarginati, gli anglo-americani lo avrebbero scontato a breve nei Paesi dell'Europa centro-orientale occupati dall'Armata Rossa. La ripresa dei rapporti diplomatici tra il governo Badoglio e l'Urss, risultato di una abile diplomazia bilaterale legata alla svolta di Salerno ed al futuro politico dell'Italia, fu una delle prime manifestazioni di questo malessere all'interno del campo antitedesco.

Proprio sulla gestione militare della guerra si acuirono differenze e contrasti: lo sbarco anglo-americano sul Continente tante volte richiesto da Mosca e tante volte annunciato avveniva il 6 giugno a prezzo di un durissimo sforzo sul piano umano e materiale, più difficile del previsto a fronte del concomitante sfondamento sovietico del fronte tedesco. Due giorni prima dello sbarco, l'ingresso a Roma delle truppe alleate guidate dal generale Clark, avvenuto anche esso a prezzo di dure battaglie, non sarebbe stato seguito da una rapida liberazione di tutta la penisola, poi frenata da quella linea Gotica che avrebbe condizionato anche i rapporti politici interni dell'Italia cobelligerante. I differenti ritmi dell'avanzata anglo-americana da Ovest e Sud e sovietica da Est già delineavano a metà 1944 i futuri contrasti nella gestione postbellica dei territori occupati e allo stesso tempo la futura nuova geopolitica dell'Europa. Lo scontro sul futuro della Polonia, tra il filooccidentale governo di Londra e il filosovietico Comitato di liberazione nazionale, acuito dal mancato aiuto dell'Armata Rossa alla repressione tedesca della sollevazione di Varsavia, iniziò a far saltare la coesistenza tra gli obiettivi strategici dei tre Grandi. Con inquietante parallelismo, dai governi Badoglio a quello Bonomi il dissidio anglo-americano su chi doveva avere voce in capitolo in Italia crebbe e brillò l'assenza di una strategia comune. Lo dimostravano anche episodi significativi quali il veto di Londra alla nomina di Sforza alla guida del governo e il sofferto rapporto tra gli alleati e il Clnai.

Gli eventi della tarda estate contribuirono a sommare incoerenze e malintesi. Se a Dumbarton Oaks partiva finalmente il meccanismo del grande disegno rooseveltiano sulla nuova organizzazione mondiale di sicurezza e di pace basata sulla Carta delle Nazioni Unite - con tante questioni a lungo irrisolte, dal problema del veto alla composizione del Consiglio di sicurezza - al nodo polacco si aggiunse, in seguito allo sfondamento sovietico nei Balcani, quello della Romania dove un colpo di Stato monarchico aveva abbattuto la dittatura filotedesca del "conducator" Antonescu e, poco dopo, anche quello bulgaro. Nelle commissioni armistiziali balcaniche i sovietici infatti restituivano agli alleati occidentali la cortesia ricevuta in Italia. Forse anche per questo la strategia britannica – trascinando con sé gli americani - decise di saltare sul cavallo del comunista Tito nella Jugoslavia che si stava liberando con il proprio esercito di liberazione, abbandonando al loro destino i cetnici di Mihalovic e il primo ministro in esilio Subasic. Politica anomala, che vedeva gli inglesi, a Sud, dare invece ogni forma di appoggio alle forze anticomuniste e monarchiche greche.

La ricerca assillante di aree di influenza in grado di disinnescare futuri conflitti, malgrado la sua demonizzazione ad opera di Roosevelt, vide nell'autunno del '44 sovietici e inglesi raggiungere una apparentemente cinica e spartitoria intesa. Churchill volò a Mosca in ottobre e il famoso "accordo delle percentuali" per l'influenza nei Paesi esteuropei appena liberati voleva solo porre le basi per una cooperazione senza attriti nelle singole commissioni armistiziali. Obiettivo più limitato rispetto alla leggenda, ma rimasto sulla carta non tanto per la subitanea opposizione americana quanto per l'impossibilità di conciliarlo con l'intenzione di Stalin di non diminuire la presa militare e politica sulle società di quelle nazioni ormai divenute parte della fascia di "sicurezza" sovietica.

I contrasti tra gli anglo-americani e la nuova Francia di De Gaulle, intenzionato a imporre i propri interessi nazionali anche in dissenso con Londra e Washington, come dimostrò la sua quasi inutile visita di dicembre a Mosca, completavano un quadro incerto e contraddittorio che, unito alle enormi difficoltà scatenate dal "colpo di coda" hitleriano nelle Ardenne, rallentò la marcia da ovest verso il cuore della Germania. Il 1944 si chiudeva così con notevoli incertezze all'orizzonte; a sfavore soprattutto della capacità contrattuale degli anglo-americani proprio quando l'Armata Rossa raggiungeva l'Oder e iniziava lo slancio finale verso Berlino. Poche settimane dopo, nel febbraio 1945, il nuovo confronto a tre di Jalta, erroneamente passato alla storia come un accordo di spartizione a tavolino, lo avrebbe dimostrato ampiamente. Nel tramonto dell'idealismo rooseveltiano le prime tensioni (a cominciare dal governo di sinistra andato al potere in Romania appena un mese dopo Jalta) fra anglo-americani e sovietici già lastricavano la strada verso la Guerra Fredda.