Celebrazioni mazziniane: intervento del segretario del Pri durante il convegno che si è tenuto a Lugo di Romagna/In molti hanno tentato di appropriarsi dell'esule genovese: ci ha pensato anche Craxi quando volle collocarlo insieme ad alcuni ispiratori del socialismo

Gli iscritti dell'Edera: i veri eredi del profeta della democrazia

Relazione presentata all'incontro per il Bicentenario mazziniano che si è volto a Lugo di Romagna, 28 maggio 2005.

di Francesco Nucara

Nel bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, il comitato nazionale per le celebrazioni guidato dall'amico De Carolis con il supporto operativo del Pri ha organizzato una serie di manifestazioni da Milano a Lucca, da Pisa a Roma, da Ancona a Grenchen. Sono felice di essere qui insieme a voi e dare il mio contributo ad un lavoro di diffusione del pensiero mazziniano che dobbiamo rendere più sistematico e non solo celebrativo.

Il prof. Balzani, studioso che tutti voi conoscete, il 9 febbraio a Roma, ha sostenuto che è stato un errore del movimento repubblicano confiscare il pensiero mazziniano per custodirlo gelosamente quasi in esclusiva. Sostiene ancora Balzani che in questo modo "se ne è circoscritto il successo, perché l'ha reso in qualche modo un emblema, un logo di partito."

Non sono ovviamente uno storico e non mi azzardo a fare ragionamenti scientifici sul pensiero mazziniano.

Tuttavia un dato politico è bene evidenziarlo, una domanda bisogna porsela.

I meriti della pattuglia repubblicana

Mazzini è poco conosciuto e spesso è conosciuto male, ma se non ci fosse stata la piccola pattuglia del movimento repubblicano, oggi, Mazzini non avrebbe avuto quel poco di risonanza che ha avuto.

E a tutt'oggi se non ci fosse stato il Comitato nazionale per le celebrazioni, quante manifestazioni avremmo avuto nelle città italiane?

E se il presidente Ciampi, che ringraziamo per l'opera importantissima che ha impostato, non avesse ricordato Mazzini nel suo messaggio di fine anno, quanti avrebbero saputo del bicentenario mazziniano?

Certo può avere ragione Balzani, ma bisognerebbe valutare tutto il percorso politico di Mazzini e non solo quello di pensatore europeo o di personaggio internazionale. In questa universalità del pensiero mazziniano spesso si è fatta un po' di confusione. E se è vero che il movimento repubblicano si è appropriato, o almeno così ha voluto, di Mazzini, è altrettanto vero che altri hanno tentato di fare l'operazione di restyling dei loro movimenti, tanto da indurre Bettino Craxi a suggerire di includere Giuseppe Mazzini, oltre a Garibaldi, ed a fianco di Proudhon, nel pantheon di un partito socialista che cercava politicamente di individuare percorsi politico-culturali diversi da quelli del Pci.

E anche la destra italiana nella sua visione nazionalista dei problemi, e quindi totalmente sbagliata, appezzava il Mazzini apostolo dell'unità nazionale, campione della nazione italiana. Ma considerare Mazzini esclusivamente come ideatore della nazione, significa limitarne il contributo che è invece più ampio e complesso.

Fuori dagli schemi

Mazzini non è riconducibile a uno schematismo "destra o sinistra", "socialista o liberale". Egli contrastò fortemente Marx ma fu anche critico del liberalismo individualista di Bentham. Potremmo dire senza forma di smentita che nel XX secolo il migliore interprete di questo pensiero politico fu Ugo La Malfa.

La proposta democratica di Mazzini non poteva essere rinchiusa dentro gli steccati schematici del pensiero dell'800. Egli era un grande democratico e, dopo aver letto "La democrazia in America" di Tocqueville, diede la "sua" definizione di democrazia che apparve sul Dizionario Inglese di Oxford. Vale a dire: "Il progresso di tutti per opera di tutti sotto la leadership dei migliori e più saggi". Nessun dizionario enciclopedico italiano riporta questa definizione della democrazia data da Mazzini.

Gli errori dei socialisti

Secondo Mazzini l'errore "di tutti i socialisti" è di assegnare a se stessi "la direzione della società". Essi sarebbero le "sole persone capaci" di realizzare il loro tipo di società. E dall'altro verso egli contestava con vigore i seguaci di Bentham perché facevano dell'utilità la massima possibile felicità e dell'interesse individuale la base dell'associazionismo.

Mazzini sosteneva la forma di una repubblica democratica "rappresentativa" con "eletti dal popolo", favorevole alla "associazione del lavoro, dell'intelletto e con capitale". Egli sosteneva che "la Società ha più forza, non più diritti dell'individuo".

Accanto al Mazzini pensatore e rivoluzionario noi troviamo anche un Mazzini politico. Ecco cosa scriveva di lui il giornalista Marc Monnier: "Quel grande agitatore era spesso più pragmatico e più opportunista di quanto ammettesse nei suoi scritti. Pur sognando la repubblica, si offrì ripetutamente di collaborare con la monarchia, e sacrificò così i propri ideali per perseguire ciò che era praticamente attuabile (…). Anche se le sue iniziative sembravano fallire, riemergeva sempre, senza farsi scoraggiare dalle delusioni o dalle sconfitte, e, dandoci uno splendido esempio di audacia e di costanza, riaffermava i suoi convincimenti più fermamente che mai. Gli bastava una parola per fare spuntare dal nulla i combattenti, e per scagliarli in folli avventure in cui sapevano di dover morire. Quell'uomo non aveva titoli, non occupava alcuna posizione, non aveva una casa in cui vivere; cacciato via di paese in paese, trovò finalmente rifugio in un'isola remota. In disparte e solo, affrontò l'Europa intera e fece tremare tutto il continente".

Una lettera dell'esule

Per capire quanto sia attuale il pensiero di Mazzini, citiamo una parte della lettera che egli inviò ai "Membri del Congresso della Pace": "Io ho studiata l'azione del Partito della Pace, nella sfera esteriore al Potere, in Inghilterra. La Scuola pacifica di Manchester, la Scuola di Cobden e Bright, v'ebbe, per servigi importanti resi al paese nella questione economica, influenza predominante. Quali ne furono i risultati? L'Inghilterra aveva un programma, spesso tradito, ma che pure porgeva incoraggiamento e sostegno morale ai popoli, la cui formola diceva: Libertà religiosa, civile, economica pel mondo intero: quella Scuola sostituì al programma una politica di non-intervento che, non essendo adottata dai Governi dispotici, smarrì ogni carattere di principio per diventare espressione d'un fatto, d'una abdicazione locale e ­ annunziando determinazione di non intervenire pel Bene ­ inanimì i despoti a intervenire pel Male".

Pensatore lucido e incisivo

Il 3 maggio scorso Remo Bodei teneva una relazione all'Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera.

Di quella relazione sottolineiamo una parte interessante: "Si scopre un pensatore lucido e incisivo, capace di offrire indicazioni anche al nostro tempo, così come nel passato ne fornì ai Repubblicani storici e al Partito d'Azione. E' stato, infatti, un coerente, tenace e lungimirante difensore del repubblicanesimo e della democrazia, quando queste forme politiche erano rare al mondo; ha lottato con passione per la parità tra i sessi, per l'abolizione di tutte le forme, dichiarate o subdole, di schiavitù. Ha inteso il repubblicanesimo in senso classico, quasi plutarcheo, mettendo sempre l'accento sulla prevalenza dell'interesse generale su quello individuale. Il rigore rivoluzionario, spinto sino al sacrificio di sé, è parte essenziale della dottrina e del carattere di Mazzini".

E ancora: "La democrazia è un'esigenza irrinunciabile, un percorso privo di scorciatoie, che deve portare tutti i cittadini (e, segnatamente, gli operai) verso una vita meno carica d'ingiustizia e di diseguaglianza. E' vero che, all'epoca, molti ­ al solo sentir nominare la "democrazia" ­ vedono agitarsi il fantasma del 1793: ‘Per loro la Democrazia è una ghigliottina sormontata da un berretto rosso' "". Quest'ultima, citata da Bodei è appunto una frase dello stesso Mazzini.

Ma non è certo questo il regime che Mazzini ha in mente e che considera ormai irresistibilmente in marcia. La democrazia, infatti, non è più "un sogno utopistico", "un'incerta previsione", "la vana fantasia di uno scrittore, o il grido lanciato per caso da un agitatore tra la folla".

E' una tendenza in atto, che si incarna nella storia del mondo, quale "moto di ascesa delle classi popolari desiderose di prender parte alla vita politica, finora riservata a una cerchia di privilegiati".

A noi sembra di poter concludere che i veri interpreti del pensiero politico di Mazzini sono gli iscritti al Partito Repubblicano Italiano.