Ancona, convegno dedicato al bicentenario di Mazzini, "uomo scomodo che parlava di doveri prima che di diritti"/Il segretario del Pri: tra i motivi di originalità del pensiero del genovese, il suo rifiuto del socialismo. Le polemiche con Marx, "acuto ma dominatore"

Quando la propaganda comunista gettava ombre sull'esule repubblicano

Relazione di Francesco Nucara presentata il 10 giugno 2005 ad Ancona, Sala Amministrazione Provinciale, durante la manifestazione per il Bicentenario mazziniano, "Giuseppe Mazzini: un uomo scomodo che parlava di doveri prima che di diritti".

di Francesco Nucara

L'amico Gambioli ha scelto un tema mazziniano importante per noi repubblicani ma forse poco efficace per le generazioni attuali e anche per quelle passate. Dal punto di vista storico e scientifico altri più autorevolmente del sottoscritto hanno tracciato il profilo culturale e l'impegno di Mazzini sui doveri.

Non mi inoltro nel terreno delle considerazioni storiche, ma mi preme sottolineare i tratti politici attualizzando il pensiero mazziniano, operando su un territorio a me più congeniale: quello della politica.

Nella sua introduzione ai Doveri dell'Uomo Mazzini affermava: "Perché vi parlo io dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti?".

"Perché in una società dove tutti, volontariamente o involontariamente, v'opprimono; dove l'esercizio di tutti i diritti che appartengono all'uomo vi è costantemente rapito; dove tutte le infelicità sono per voi, e ciò che si chiama felicità è per gli uomini delle altre classi, vi parlo io di sacrificio e non di conquista, di virtù, di miglioramento morale, d'educazione e non di benessere materiale …". E così proseguiva: "Il linguaggio invocato da essi (operai n.d.r.) s'è tenuto da cinquant'anni in poi senza aver fruttato un minimo che di miglioramento materiale alla condizione degli operai".

Secondo Mazzini la Rivoluzione francese e la Dichiarazione dei Diritti dell'uomo non migliorano le condizioni del popolo, anzi le peggiorano con l'aumento del costo della vita, il deprezzamento dei valori, il lavoro precario, la disoccupazione aumentata, così come le migrazioni ecc. .

Tutte queste cose Mazzini le sosteneva a metà dell'800. Oggi, modernizzando il linguaggio, e forse non vi è nemmeno bisogno, potremmo dire esattamente le stesse cose.

Percorso di un ventennio

E' bene ricordare che gli scritti da cui si ricavò il volumetto i "Doveri dell'Uomo" iniziarono con l'"Apostolato Popolare" (Londra 1841-42), "Pensiero e Azione" (Londra 1858-59), l'"Unità d'Italia" (Genova 1860). Il volume completo fu stampato a Lugano nel 1860. Un percorso politico che dura un ventennio durante il quale aspre furono le polemiche tra Mazzini e i comunisti. Infatti nel 1847 Marx affermava che "l'antagonismo tra il proletariato e la borghesia è una lotta di classe contro classe, lotta che, portata alla sua più altra espressione, è una rivoluzione totale".

Come si può notare, il contrario di quanto Mazzini "predicava" nella sua introduzione ai "Doveri" dell'Uomo.

E i prodromi di quel comunismo che dominerà la scena politica internazionale fino a metà del ‘900 erano bene individuati da Mazzini quando ormai al volgere della propria esistenza (1871) indirizzava una lettera "Agli Operai Italiani" in cui parlando dell'Internazionale egli scrive: "Quest'Associazione, fondata anni addietro a Londra e alla quale io ricusai fin da principio la mia cooperazione, è diretta da un Consiglio, anima del quale è Carlo Marx, tedesco, uomo d'ingegno acuto, ma, come quello di Proudhon, dissolvente, di tempra dominatrice, geloso dell'altrui influenza, senza forti credenze filosofiche o religiose e, temo con più elemento d'ira, s'anche giusta, che non d'amore nel cuore."

In questa lettera-appello Mazzini intravedeva nell'Internazionale e nella politica da essa perseguita la disgregazione morale, l'egoismo, le "risse civili", l'abolizione della proprietà privata, indice di freno al progresso umano dove il miglioramento della situazione economica deve essere sempre accompagnato da un'elevazione morale.

Partendo da queste premesse seguirono poi le critiche di Gramsci, così dure da indurlo ad affermare nelle sue analisi de "Il rapporto città - campagna nel Risorgimento" e nella "Struttura nazionale": "Solo dopo il febbraio '53 Mazzini ebbe qualche accenno sostanzialmente democratico, ma non fu capace di una radicalizzazione decisiva del suo programma astratto".

E addirittura Togliatti, come è uso fare nel mondo comunista, lo indicò come funzionale al fascismo per i concetti mazziniani di Patria e Nazione.

In quest'ultimo caso, non potendo arguire che Togliatti non avesse capito nulla, siamo più propensi a pensare che fosse solo propaganda per demolire la forza portante delle idee di Mazzini.

Mazzini, già nel 1834, aveva fondato la Giovine Europa sul concetto basilare della Fratellanza dei Popoli e quindi non poteva figurare quale base culturale all'autarchismo mussoliniano. Naturalmente l'idea di Fratellanza di Mazzini non corrispondeva certo a quella di "oppio dei popoli", e lo dimostra una vita spesa ad organizzare tutto il possibile per l'Unità e la Repubblica Italiana.

Rifiuto del socialismo

Egli sosteneva che la "teoria dei diritti" in una società di ineguali per educazione, per cultura, per istruzione, per condizione sociale, avrebbe portato inevitabilmente a reclamare i propri diritti trascurando quelli degli altri.

L'originalità di Mazzini è consistita e consiste tutt'oggi nel rifiuto del socialismo. Così che mentre il socialismo nasce dalla filosofia della necessità e della morale dell'utilità, il mazzinianesimo presuppone la filosofia della libertà e la morale del dovere, così come il rifiuto del liberalismo coniugato ad una spinta forte dell'utilitarismo di Bentham. Insomma, forte era l'esigenza di far risorgere l'ormai caduto senso morale; così come quella di far rivivere il senso del dovere nel cuore di uomini ormai ridotti a macchine. La ricerca per l'uomo era quella di un'esistenza morale per mezzo dell'entusiasmo e dell'amore. La vecchia esistenza fondata sul privilegio e la diseguaglianza figuravano solo come polvere e cenere. Secondo Salvemini, "l'operaio mazziniano non ha il diritto ma il dovere di tutelare i suoi diritti economici e polititi, perché il miglioramento delle condizioni individuali gli è mezzo indispensabile al miglioramento morale".

Interessi individuali e collettivi

Nei suoi scritti Mazzini avverte che la democrazia è la base essenziale per rendere congruente l'interesse individuale all'interesse collettivo, per eliminare "privilegi e ineguaglianze" per raggiungere il progresso di tutti.

E chiudo il mio intervento con una breve citazione tratta da "Pensieri sulla Democrazia in Europa" a cura di Mastellone. "Fondamentale per la democrazia, secondo Mazzini è la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica per avere un governo rappresentativo. Infatti ‘l'unione del principio democratico con il governo rappresentativo' permette di costituire un governo liberamente consentito da tutti e operante per tutti, capace di guidare il paese con autorità"; in sostanza, in democrazia "vogliamo che siano i migliori e i più saggi tra noi a essere le nostre guide".

Sarebbe il caso che una copia di questi "Pensieri" la leggessero quelle alte cariche istituzionali che invitano i cittadini a non partecipare alle scelte del Paese. A me sembra che l'attualità del pensiero mazziniano sia indiscutibile.