"L'associazionismo, la cooperazione, il sindacato di matrice mazziniano-repubblicana": un convegno a Bologna del 16 giugno 2005/Il segretario nazionale dell'Edera Nucara ha rievocato l'importante opera svolta in questo campo dal patriota ligure. Come l'esperienza inglese ha influito sulle iniziative dell'esule Riannodare quei fili che legano il Patto di fratellanza con le origini del nostro partito Intervento del segretario del Pri al convegno bolognese per il bicentenario della nascita di Mazzini, dedicato alle origini dell'associazionismo repubblicano, 16 giugno 2005. di Francesco Nucara Il tema scelto per questa manifestazione, nell'ambito del bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, si è rivelato una scelta appropriata. Non so se in modo casuale o in maniera mirata. Non ha importanza. I movimenti associazionisti riferibili al movimento repubblicano hanno origine nel 1832 quando Mazzini annunciava sulla "Giovine Italia": "Un giorno, quando noi avremo nome, patria e libertà, noi spiegheremo dinanzi ai nostri fratelli il quadro gigantesco e sublime del progresso dello spirito di associazione…". Certamente era un'enunciazione, ma già pregna di significato politico. Da questa enunciazione nasce quell'embrione che già nel 1839 Mazzini forma, dirige, organizza, reclutando operai, costituendo associazioni e dedicando a loro una specifica pubblicistica. L'esperienza inglese Tuttavia è l'esperienza inglese che porta Mazzini verso l'associazionismo, la cui sintesi è raccolta nel magistrale concetto: "Capitale e lavoro nelle stesse mani". E ci si avvia così verso quel lavoro politico organizzativo che in varie forme resisterà fino al 1892. Nascono allora le prime corporazioni, le Società di Mutuo Soccorso, le Società Operaie in Piemonte e in Liguria. La metamorfosi dei lavoratori italiani era iniziata, e la lotta contro i privilegi a danno delle classi lavoratrici prendeva sempre più corpo. Come sempre le idee di Mazzini non trovavano riscontri organizzativi efficaci e nacque così con moto spontaneo, sotto diverse forme, l'associazionismo dell'Ottocento. A Milano, sotto l'impulso di Calvi, vide la luce "La Società di incoraggiamento per le arti e i mestieri"; era nata a Torino la "Società degli orefici"; a Pinerolo dopo l'abolizione delle corporazioni stabilita con Regio Decreto, i calzolai passarono alla società di mutuo soccorso; nel 1850 fu costituita la "Società degli operai di Torino", che aveva riferimento alla "Gazzetta del Popolo", mentre Stefano San Pol fondava il giornale degli operai. Un fermento e un attivismo importanti, frutto del seme lanciato dal pensiero mazziniano. Intorno al 1851 furono fondati altri giornali per lo più di matrice repubblicana, "Il Povero", "L'Associazione", "Associazione e Lavoro". Il movimento repubblicano attraverso queste iniziative totalmente interclassiste gettava le basi per la formazione di una generazione di "quadri". Il proselitismo fu efficace e attraverso "Alleanza Repubblicana" si dette dignità politica di forza organizzata a "le mille Associazioni locali". Era il progetto ambizioso "dell'uguaglianza di tutti i cittadini nell'ordine sociale della fratellanza dei popoli". I primi scontri In questo contesto nascono i primi scontri con Marx, Engels, Proudhon, Bakunin. Sempre in questo periodo si organizzarono i primi congressi delle società operaie. Il fondamento da cui vide la nascita il Partito Repubblicano Italiano è il Patto di Fratellanza tra società operaie di orientamento democratico il cui congresso fu tenuto a Roma tra il 1° e il 6 novembre del 1871. L'agitarsi di marxisti ed anarchici portava divisioni di un certo peso nell'ambito del Patto di Fratellanza. Mazzini e i suoi seguaci non riuscivano a tener testa, nei congressi, alle teorie collettiviste che trovavano sempre più adepti. Aurelio Saffi divenne l'uomo-guida degli insegnamenti mazziniani indirizzando la Consociazione delle società popolari di Romagna. Le Consociazioni operaie si divisero anche sulla partecipazione al voto con una forte presenza "astensionista". Saffi rinunciava a candidarsi alla Camera pur essendo già stato deputato, ma egli era per la partecipazione alla vita politica e all'espressione del voto. Infatti così egli scriveva: "Quel partito o quei cittadini, i quali si astengono dal partecipare, malgrado le condizioni favorevoli dell'oggi, al moto presente della nazione, scostandosi dalle vive relazioni della società contemporanea, defraudando, così facendo, il paese della loro arte, intelligenza pratica e di forza morale, e scemano, anziché accrescere efficacia civile e assenso progressivo alla loro opera ideale". Era la repubblica del domani. Gli interventi, sempre di alto spessore politico e di grande equilibrio del repubblicano forlivese, portarono i repubblicani ad una maggiore unità grazie alla sua opera mediatrice. Ma c'erano differenze Per capire quanto grandi erano le differenze tra i mazziniani è sufficiente questa frase di Gustavo Moderna: "Per essere candidato bisogna essere candido, ed io sono scarlatto". Tutto il movimento repubblicano era pervaso da litigiosità continua. Gli obiettivi erano comuni e altamente nobili, gli strumenti di cui servirsi erano diversi, spesso antitetici. Chi predicava il regicidio e chi lo condannava, chi predicava l'educazione ai propri doveri e ai propri diritti e chi pensava all'"azione" come unico mezzo. Il dissolvimento del Patto di Fratellanza era iniziato. Si faceva strada il Partito Operaio le cui concezioni economicistiche Saffi rifiutava fino ad indurlo ad affermare: "Chi tenta di separare la questione economica dalla questione morale e politica, la vita dell'operaio dalla vita della Nazione, l'uomo dal cittadino, cospira, conscio o inconscio, a strappare dalle mani dei lavoratori le leve più potenti della loro emancipazione civile". La fine del Patto di Fratellanza fu sancita dal XIX congresso tenutosi a Bologna nell'ottobre del 1893. Il 21 aprile 1895 su iniziativa della Consociazione Lombarda e con la partecipazione della Romagna, di Genova e di Bologna furono gettate la basi per la costituzione del Partito Repubblicano Italiano. Il 1° novembre sempre a Bologna si tiene il primo congresso del nostro partito. Questo è stato l'associazionismo mazziniano che ha pervaso il risorgimento Italiano, che non era affatto finito con l'Unità d'Italia. Basta con le improvvisazioni Già ai primi del 900 venivano costituiti i Comitati locali di Azione Sociale. Per dirla con Cifarelli si finiva con "le improvvisazioni e con un certo anarchismo deteriore". Ma è negli anni ‘50 che l'associazionismo repubblicano prende forma organizzativa compiuta e collegamento politico stabile con il partito. Già nel 1946 si diede inizio ad una mirata funzione dei Gruppi di Azione Sociale che dovevano, secondo la Direzione provvisoria del Pri, attivarsi nel sindacato, nelle fratellanze artigiane e rurali, nella cooperazione. I compiti dei Gruppi di Azione sociale erano troppo vasti e indeterminati per poter essere efficaci nella loro funzione, anche politica, cui erano stati chiamati. Il partito si organizzò attraverso l'Ufficio centrale per le iniziative economiche al fine di fornire assistenza concreta nella formazione e nello sviluppo delle cooperative, attraverso una migliore e più efficiente azione tra questo mondo e il partito. Come è facilmente immaginabile il terreno fertile si trovò in Romagna, nelle Marche e in Umbria. Fu così che nacque l'Associazione Italiana per le Fratellanze Agricole su iniziativa di Zuccarini, Camangi, Paolucci e De Mercurio. Le fratellanze agricole erano la base per la creazione del cooperativismo repubblicano e del suo pre-sindacalismo. Analogamente nel 1948 si costituì l'Unione Italiana delle Fratellanze Artigiane. Il Pri, dopo la campagna, cercava un insediamento anche nel tessuto urbano delle città partendo da Firenze. L'embrione della Uil A metà del 1949 si costituì la Federazione Italiana del Lavoro, da cui sarebbe poi nata la Uil, accompagnata da un embrionale patronato che si chiamava Istituto Mazziniano di Assistenza Sociale che, non essendo stato riconosciuto dal Ministero, del Lavoro ebbe breve vita. Se il mondo cooperativo repubblicano era insediato all'interno della Lega Nazionale delle Cooperative, le tensioni politiche con il mondo della sinistra, allora come oggi predominante e prevaricante, portarono ben presto i cooperatori repubblicani a fondare una loro associazione cooperativistica: l'Agci (Associazione Generale delle Cooperative Italiane). Già la denominazione Lega (unirsi contro qualcuno o qualcosa) e Associazione (unirsi per qualcuno o per qualcosa) la dice lunga sulla diversa concezione dell'associazionismo tra mondo marxista e mondo mazziniano. L'Agci nasce dal concorso del Movimento di Azione Sociale, dal Consorzio Nazionale Cooperative di consumo fra dipendenti di Amministrazioni Statali, e dal concorso di alcuni cooperatori socialdemocratici". Il Movimento di Azione sociale i cui compiti abbiamo prima tracciato con la creazione di un movimento sindacale e di un movimento cooperativo di marca strettamente repubblicana, non aveva più ragione di esistere, o quasi. Tuttavia l'Italia del dopoguerra era schierata con gli Usa e malgrado la vittoria della Dc nel 1948 con la conquista della maggioranza assoluta, il mondo politico di allora e in particolare De Gasperi pensavano a come stabilizzare le forze politiche che si richiamavano alla civiltà occidentale. Fu così che il Ministro dell'Interno assimilò il Mas ed altri organismi come l'Enal e le Acli. Da queste premesse e da una "fusione" del Mas con i Circoli di Assistenza e Ricreazione nacque l'Endas (Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale). Abbiamo così definito, anche se per grandi linee, la nascita dell'associazionismo repubblicano che vive ancora oggi nelle articolazioni prima illustrate. L'eredità Cosa resta oggi di quell'associazionismo che ha accompagnato la storia del movimento repubblicano da metà dell'ottocento fino alla fine del secolo scorso? Resta molto ed esso svolge una funzione importante anche nella società odierna. L'avere però reciso, almeno in qualche caso, i legami con il Partito Repubblicano Italiano non è stato certamente di aiuto né a loro né al partito. L'associazionismo di matrice marxista meglio organizzato e con riferimento politici reali ha assunto la leadership di questo mondo variegato. Forse solo nel mondo sindacale ci sono delle sacche di autonomia tra le varie rappresentanze. Nel settore del tempo libero c'è il predominio dell'Arci su tutti. Nel mondo cooperativistico persino i cattolici hanno dovuto trovare altre forme, che per la verità hanno avuto fortuna. Forse sarebbe il caso che quei tenui fili che ancora esistono tra il Pri e l'associazionismo venissero rafforzati e riannodati. Non siamo nell'Ottocento, ma molte delle cose che Mazzini scriveva nel 1871, nella sua lettera agli Operai Italiani, sono ancora di un'attualità sconcertante malgrado oggi ci siano i computers, internet, gli aerei, i viaggi cosmici, la globalizzazione ecc., ma forse proprio per questo le condizioni civili, sociali ed economiche degli operai dell'800 sono assimilabili a quelle odierne. Riannodare i fili Il XIX congresso del Patto di Fratellanza determinò la fine del Patto. Nel suo intervento Felice Albani così concludeva: "Missione politica e missione sociale. Colla prima le Associazioni operaie affratellate erano chiamate a tenere alta la bandiera della sovranità popolare in tutte le sue manifestazioni di fronte alle usurpazioni del potere politico privilegiato. Con la seconda dovevano, parallelamente alla prima, coltivare e curare la più attiva propaganda nel campo delle questioni economiche. Chiamando cioè, le classi lavoratrici a conoscere e studiare i loro diritti e i loro doveri – a illuminarle sulle trasformazioni sociali dalle quali dipenderà la loro emancipazione economica- e dar loro l'esatta conoscenza dei modi e della misura in cui tali trasformazioni saranno attuabili- a tenerle al corrente di tutti gli studi, di tutti i lavori, di tutti i conati che in ogni Nazione sono fatti e tentati per raggiungere il grande fine dell'Emancipazione sociale". Ecco perché bisogna riannodare i fili. Quello che Albani diceva nel 1893 a Bologna, vale anche questa sera a Bologna. A Bologna finisce il Patto di Fratellanza, a Bologna nasce il Partito Repubblicano Italiano. Come diceva Spadolini, "Il passato serve, quindi, ad ispirare e illuminare il presente". |