A Milano lunedì scorso si è parlato di ogm. Ma anche di tanti altri temi con un denominatore comune, il pregiudizio antiscientifico/La relazione di Nucara, oltre che sul libro di Francesco Sala, si è soffermata sui grandi tabù che circolano in ambienti diversi: dal rifiuto dell'energia nucleare agli esiti del referendum Progresso: non si può fermare, anche se il compito di alcuni sembra quello di rallentarlo Intervento alla presentazione del libro di Francesco Sala, "Gli ogm sono davvero pericolosi?", Milano, 27 giugno 2005. di Francesco Nucara Non sono uno studioso né un conoscitore serio del problema che il prof. Sala affronta magistralmente, tanto da averlo fatto comprendere anche al sottoscritto. Mi limiterò, invece, a parlare piuttosto che da Vice Ministro, da Segretario di un piccolo partito che fa parte della maggioranza di governo e che è ottimamente rappresentato dal Ministro Giorgio La Malfa. Egli stesso, se ritiene, ci potrà illustrare le linee che intende perseguire il cosiddetto "Programma di Lisbona", nel quale potrebbero, e a mio avviso dovrebbero, trovare molto spazio ricerca e innovazione. Anche io, come il prof. Veronesi, penso che Adamo abbia fatto bene a ‘mangiare la mela' e compiere ‘lesa maestà' nei confronti del suo Creatore per affermare la propria libertà di scelta. Temi fondamentali Tre sono i temi che in questo momento storico sono all'attenzione del mondo delle scienze, del mondo della politica e dell'opinione pubblica: il nucleare, gli ogm, le cellule staminali. Partiamo dal primo punto. Sono stato e sono un nuclearista convinto. I quesiti per il nucleare non incidevano minimamente sulla scelta strategica dell'energia nucleare, bensì creavano premesse negative in vista della realizzazione di centrali elettronucleari. Condizioni negative, non rifiuto. "Un'interpretazione della situazione nucleare italiana può essere fatta oggi su diversi piani: su quello scientifico, vale a dire considerando prioritariamente la ricerca fondamentale; su quello tecnico, cioè prendendo in esame la tecnologia nucleare che si va sviluppando e affinando nei paesi più progrediti e più interessati agli sviluppi dell'energia da fissione; sul piano economico, che introduce la prospettiva di un fattore nuovo e determinante nel panorama energetico mondiale, destinato a subire una trasformazione radicale quando il divario tra costi elettronucleari si sia eliminato. Ma su questi tre piani sovrasta e si impone l'aspetto politico e sociale della questione. Il problema nucleare italiano è diventato sempre più un problema politico". Ad esprimere tali concetti fu Ugo La Malfa, attraverso un articolo pubblicato su "Civiltà degli Scambi", il 14 dicembre 1959. È chiaro dunque come il problema del nucleare sia stato e sia tuttora un problema politico e non referendario. In un mondo sempre più globalizzato ha senso importare energia nucleare dalla Francia? Chi garantirebbe l'Italia da un eventuale disastro di centrali situate a pochi chilometri dalla frontiera italiana? Quale competitività può avere l'industria italiana se l'energia ha un costo superiore del 20% rispetto agli altri paesi europei e nel Sud d'Italia il 20% in più rispetto al Nord del Paese? Abbiamo bisogno di un Governo forte e deciso. Si è distrutta la tecnologia nucleare italiana leader nel mondo. Si è distrutta un'intera generazione di ingegneri nucleari riciclati in attività edilizie, idrauliche e stradali. Siamo ancora in tempo per ripartire. Bisogna fare presto. Evitiamo il giudizio che Amaldi, in diretta televisiva, diede a proposito di un fisico, o presunto tale, poi divenuto ministro della Repubblica. Le ricerche sul nucleare non riguardano solo l'energia, ma altresì diversi campi di applicazione e in primis la medicina. Gli ambientalisti ideologizzati temono lo stoccaggio delle scorie nucleari e su questo tema emotivo cercano consensi. Tacciono però sul fatto che le scorie nucleari in Italia arrivano dagli ospedali. Ci sono alcune religioni che negano le trasfusioni di sangue, i nostri ambientalisti potrebbero negarci le cure mediche per malattie gravi che necessitano della medicina nucleare. La politica dovrebbe intervenire con i mezzi di cui dispone per dire agli italiani che sono oggetto di un imbroglio mediatico. Secondo Pierce, che Giulio Giorello cita nella sua recentissima opera, "Di nessuna chiesa", vi sono tre cose che non possiamo mai sperare di raggiungere con il ragionamento: la certezza assoluta, l'esattezza assoluta, l'universalità assoluta. Non voglio inoltrarmi nell'analisi di un ‘oggetto' di scienza. Come ho detto non ne sarei capace. Il mio domicilio ricade nel territorio della politica. Una deliberazione dei ministri europei Il primo dato di cronaca riguarda la deliberazione dei ministri europei dell'Ambiente, i quali, riuniti a Lussemburgo, venerdì scorso, hanno respinto, con un voto a maggioranza qualificata, la richiesta della Commissione Ue di abbandono delle moratorie su diverse varietà di colza e di mais proibite in Austria, Germania, Lussemburgo, Francia e Grecia. Permangono i divieti di coltivazione, permane il pregiudizio che il nostro governo sembra avallare, ad onta dell'accordo pressoché totale della comunità scientifica internazionale, circa la sicurezza alimentare ed ambientale della diffusione di ogm. I gruppi ambientalisti invocano a gran voce proprio quel senso di responsabilità che, sovvertito nel suo significato, sta esponendo l'intera collettività ai rischi inevitabili che la mortificazione costante delle acquisizioni della scienza e della corretta divulgazione delle stesse, comporta. La salvaguardia dell'economia del Paese e la tutela della salute stessa dei cittadini, non consentono più da parte dell'esecutivo il mantenimento di un atteggiamento che definirei di circospetta cautela e di irrazionale riserbo. Ma soprattutto non è più accettabile l'ostilità tanto rabbiosa quanto affatto documentata di chi, strumentalizzando demagogicamente l'emotività collettiva e a dispetto di qualunque rigore scientifico, riscrive, per l'Italia, una storia già vissuta. L'Efsa di Parma L'Efsa ovvero European food safety authority. L'Agenzia europea con sede a Parma, è la punta avanzata di un'Italia che stenta a trovare identità europea nella lunga ombra di una verifica che pare oscurarne plausibilità finanziaria e attendibilità economica. Istituzione sovranazionale il cui riconoscimento è indiscusso, la cui autorevolezza è insindacabile. Fino a poco tempo fa. Fino a quando l'indice accusatore del ministro Alemanno, che invoca maggiore severità di controlli, ha posto, inevitabilmente, in discussione l'Istituzione europea preposta alla tutela della sicurezza alimentare e della salute del cittadino. Inficiarne il ruolo, delegittimandone apertamente le prerogative, quali che siano circostanze e motivazioni, non è un buon servizio che il Ministro delle Politiche agricole ha reso alla collettività ed alla già provata credibilità del Paese. Non spetta a lui evocare il sospetto -difficilmente sradicabile, in seguito, dal comune sentire- circa l'affidabilità delle indagini che spettano all'Efsa, minando irrimediabilmente quanto gratuitamente la fiducia riposta dal cittadino nei meccanismi di controllo di un governo sopranazionale, dallo stesso governo del paese consapevolmente accolto. Alemanno ha invocato "ricerche scientifiche realizzate da istituti terzi" che "assicurino che i prodotti ogm destinati alle nostre tavole siano innocui" facendo sapere che i dati forniti dall'Agenzia (sin dall''aprile 2004 e successivamente rivisitati e confermati in un comunicato del 29 ottobre scorso) sono ad oggi incompleti e sollecitando, in ragione di ciò, il voto contrario dell'Italia all'importazione del mais transgenico. Paladino della nostra salute e del cibo biologico, ecco il Ministro insorgere instancabile contro l'odiato biotech e mettere in dubbio perfino la trasparenza di una istituzione che avevamo salutato come un pregevole riconoscimento e della cui attività, peraltro largamente apprezzata dalla nostra comunità scientifica, è espressione un organismo esso stesso terzo per definizione: chi controllerà il controllore nel gioco infinito del rilancio di un principio di precauzione divenuto muro di gomma di interessi non abitati in comune? L'Efsa è deputata alla valutazione del rischio in tema di alimenti destinati all'uomo ed all'allevamento del bestiame, sulla base di risultati sperimentalmente acquisiti e di ogni informazione scientifica disponibile. L'autorizzazione dei prodotti compete alla Commissione europea cui è affidata la gestione del rischio. L'Efsa aveva espresso parere favorevole, non evidenziando profili di nocumento alla salute umana ed all'ambiente, e aveva reso disponibile, nella sua interezza, la documentazione sul mais resistente agli insetti. "L'Agenzia valuterà adesso ogni nuova, eventuale evidenza scientifica ed interverrà conseguentemente con una raccomandazione alla Commissione europea", aveva dichiarato il Professor Marco Nuti, membro del Comitato per gli Organismi geneticamente modificati. Ed aveva aggiunto "la polemica in corso getta una cattiva luce sui meccanismi che governano le decisioni in seno al Comitato. Il Ministro Alemanno si attenga, come tutti, alle direttive comunitarie e, prima di mettere in dubbio l'onestà delle deliberazioni, supporti con dati di fatto le proprie affermazioni". L'impeccabilità della disamina dei protocolli sperimentali relativi al mais sotto accusa, garantita dalla rigorosa applicazione di un metodo scientifico, non conoscerà remore applicative. Voglio fare mie le dichiarazioni del Professor Nuti per rivendicare quella libertà di scelta che solo la conoscenza documentata e la corretta informazione possono garantire. Come Adamo si ribellò a Dio noi ci ribelliamo ad Alemanno, che non è Dio ma forse crede di esserlo. E non intendo aggiungere nulla al principio di precauzione: è solo uno slogan senza senso comune, senza costruzione logica e ovviamente senza la benché minima base scientifica. Uno slogan perversamente utilizzato per spaventare l'opinione pubblica facendo strage della ragione. Il prof. Tullio Regge nel suo breve saggio "Il principio di precauzione: un trucco verbale", apparso su "I costi della non-scienza" dell'Associazione Galileo 2001, ci parla di una bambina afflitta da immunodeficienza congenita. È stata curata con la modifica del suo midollo osseo. Secondo le teorie di Alemanno si sarebbe dovuto lasciare la bambina in uno stato di non vita. Queste teorie peraltro sono supportate, secondo Regge, da un parlamentare europeo che, udita l'informazione, esclamò: "non si sa cosa possa fare all'ambiente". Referendum sulla procreazione Ovvero, la conduzione e gli esiti della campagna referendaria di abrogazione relativamente alla legge 40. Se ne parlo, non è per aggiungere parole alle molte, troppe, già spese su questa vicenda e non sempre a proposito. Ne parlo esclusivamente per sottolineare un unico aspetto, che costituisce un po' la cartina al tornasole di come funziona oggi, in Italia, l'idea della libertà di ricerca scientifica. Rilevo, infatti, che gran parte delle forze politiche e dei movimenti che hanno sostenuto il "sì" durante la campagna referendaria si sono ispirati ad un principio "alto", quale quello, appunto, della libertà di ricerca scientifica. Si è detto che -al di là delle dispute sulla natura dell'embrione, inizio della vita e così via- il principio da salvaguardare fosse quello della libertà di ricerca, non "cedevole" rispetto a visioni apocalittiche della scienza medesima o ad assolutismi etici che ne frenino il dinamismo. È parso echeggiare, in campagna referendaria, il principio laico della ricerca, bene espresso in un aforisma di Nietzsche, secondo cui "la scienza non pensa". Era sembrato di ritornare, cioè, ad una visione davvero laica: occorre far "andare avanti" la ricerca, occorre non interrompere la sperimentazione che è, in sé, neutra, di "nessuna chiesa", di nessun pensiero, senza padroni. Poi, quando verranno i risultati, saranno la politica, l'etica a stabilire la possibilità di una loro utilizzazione, la loro applicazione senza tradimento dei principi: ma la scienza e la ricerca non possono essere fermate prima, in maniera aprioristica, perché potenzialmente eversive per l'etica e "pericolose" per i princìpi. Mi sembrava di aver capito tutto ciò dalle forze del "sì" referendario. Dico: mi sembrava, perché scopro oggi, a distanza di un paio di settimane, che le stesse forze politiche che nell'ambito del referendum sulla fecondazione assistita sbandierano il principio della libertà di ricerca, nell'ambito della ricerca sugli ogm assumono la posizione esattamente contraria. Contraria, si badi, sul piano dei principi: per la ricerca sugli ogm la libertà di ricerca non vale più; la scienza deve fare un passo indietro; la ricerca deve parametrarsi all'etica; vale il principio di precauzione e via dicendo. No ai pregiudizi Non compete sicuramente alla politica spiegare l'oggetto della ricerca scientifica, ma questo sì, evidenziare come ogni pregiudizio rispetto all'innovazione sia foriero di scelte inadeguate, economicamente penalizzanti e, come spiega Sala in relazione alle agrobiotecnologie, già largamente remote rispetto alle politiche agricole mondiali. Spetta, invece, alla politica -talora più obiettiva della scienza, partigiana quando "si innamora" del proprio oggetto- proporsi quale strumento attraverso cui, al di là delle emotività collettive, veicolare un'oggettiva e credibile analisi costi/benefici, che -mi pare- sia ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno. Gli slogan in funzione persuasiva, o ancora peggio "terroristica", le equazioni indimostrate, gli standard definitori, pertengono ad una visione passata ed improponibile dell'"arte del governo". Al contrario, scelte importanti i cui effetti non durano lo spazio di un mattino, vanno ben ponderate. È opportuno sospendere il giudizio, informarsi, conoscere, riflettere e poi decidere. Perché, ad esempio, occorre spiegare -con una buona dose di coraggio, mi rendo conto- che anche la tracciabilità assoluta di un prodotto non è per ciò stesso garanzia assoluta della sua qualità, attestando essa solo una sequenza produttiva ma non ancora la qualità di un risultato. Occorrono pazienza e coraggio, ancora, a far comprendere che la naturalità di un prodotto spesso si porta dietro venti e più irrorazioni di pesticidi vari in pianta, ovvero -come è accaduto in Lombardia (riporta con precisione Sala) - la necessaria distruzione di oltre il 20% del latte prodotto "naturalmente" perché contaminato dalla presenza di aflatossine, molecole ad attività cancerogena presenti nel mais "tradizionale". Sono solo esempi, per carità, che non consentono a me -che non sono scienziato- di decidere circa la preferibilità del mais-Bt in varietà transgenica, rispetto a quello tradizionale. Dico solo, più semplicemente, che i fatti mi incoraggiano al dubbio sistemico: a diffidare cioè di quanti rivendicano il rischio zero sia nell'ambito dell'agricoltura biologica, che in quello dell'agricoltura biotecnologica; a prendere le distanze da quanti esigono dall'agricoltura biotecnologica ciò che non possono garantire neppure per quella tradizionale: e cioè la garanzia assoluta dell'assenza di ogni rischio, pena il necessario "cautelativo" abbandono di ogni sperimentazione. Intolleranza e paradosso Ora, da spirito laico, venato da una buona dose di scetticismo, sono istintivamente portato ad allontanarmi da ogni logica assolutista che conduce, inesorabilmente, all'intolleranza ed al paradosso. Io non sono un convinto sostenitore della biotecnologia, ma guardo con sospetto quanti se ne dichiarano contrari, richiedendo prove certe e respingendo -in forza di un protocollo di metodo inaccettabile, ideologico, fortemente pregiudiziale- ogni possibile apertura alla sperimentazione ed alla ricerca. Infine, inviterei quanti, dal territorio della politica, sprezzano ogni dialogo con la comunità scientifica, ad applicare, per primi, correttamente un "principio di precauzione", atto ad eludere pentimenti postumi . Ineluttabili allorquando ci si accorge, sempre con un attimo di ritardo, che la tecnocrazia guida il mondo e che la politica arranca dietro alle frenetiche accelerazioni della scienza. Non perdiamo mai l'occasione di dialogare, sino a quando ve ne è il tempo. Senza miti, senza leggende, senza sospetti: soprattutto senza pregiudizi. Ciò che la politica italiana non ha capito, non capisce e chissà se un giorno capirà, è il progresso scientifico. Esso è inarrestabile e non esistono maggioranze parlamentari che possano fermare questo progresso. Purtroppo però possono frenarlo, creando anacronistici ed esiziali immobilismi alle popolazioni governate. Avremo anche la clonazione degli uomini? Probabilmente si. Le maggioranze non fermano i processi politici, storici e scientifici. Saremmo ancora governati dal fascismo. Le idee, le conoscenze, il sapere, le battaglie civili, questi sì che sono immortali. Bisogna battersi con convinzione. In politica, se Mazzini - di cui ricorre il bicentenario della nascita - si fosse fatto prendere dallo sconforto, non ci avrebbe condotto alla Repubblica italiana dopo il fallimento della Repubblica Romana. D'altra parte, se non credessi all'immortalità delle idee non saprei cosa fare in un partito di estrema minoranza. Abbiamo iniziato con la ribellione di Adamo al Creatore e chiudiamo con l'inno "A Satana" di Carducci che esalta la "forza vindice de la ragione" contro tutti gli oscurantismi. Noi non partecipiamo all'irrazionale e irresponsabile atteggiamento di sfiducia nel progresso della scienza, raffigurata dagli Alemanno di turno, come fonte inesauribile di pericoli per l'umana sopravvivenza. Noi siamo per il progresso della scienza e pronti ad accompagnare politicamente chi di questa vive e per la sua vita si batte. |