Roma: incontro dei quadri repubblicani sul referendum del 12/13 giugno/Presenti il sen. Del Pennino, il segretario regionale del Lazio Camerucci e Loredana Pesoli del Mfr

Un approfondimento che va oltre la propaganda

Protagonista incontrastata delle cronache dei nostri giorni, la campagna referendaria intorno ai temi della procreazione medicalmente assistita, ha coinvolto, nel pomeriggio di martedì scorso, le esponenti del Movimento femminile del Partito repubblicano italiano. In prima linea sin dagli esordi della discussione parlamentare della legge 40 del 2004, nonché promotrici del referendum abrogativo a fianco del Partito, hanno animato il dibattito la cui regia era affidata alla Segretaria del Movimento, l'instancabile Loredana Pesoli. Relatore "d'onore" al piccolo convegno, il senatore del Pennino particolarmente attivo nella formulazione degli emendamenti proposti per la legge in questione. Partecipe puntuale all'incontro anche il Segretario amministrativo del Partito, Giancarlo Camerucci, sempre attento alle esigenze del movimento femminile. La relazione - tanto misurata quanto circostanziata - dell'onorevole Del Pennino, ha messo in luce, al di là degli spot pubblicitari più o meno demagogici che hanno dominato la scena in questi ultimi tempi, le ragioni più equilibrate del voto referendario unitamente alle motivazioni del sì abrogativo. Queste ultime, ben oltre gli eccessi verbali ed iconografici che, dalle opposte fazioni, hanno caratterizzato talora il sostegno alle posizioni di adesione, di rigetto o di astensionismo, senza nulla chiarire in termini di essenzialità dei contenuti, hanno vestito i panni della ragione e, all'insegna dell'equilibrio, hanno spazzato via le ombre della così invocata "incomprensibilità" dei quesiti. In particolare, egli ha sottolineato il significato prioritario della battaglia sostenuta dal Partito in ordine alla salvaguardia di quella libertà di ricerca scientifica la cui dignità viene, in Italia, troppo spesso minacciata. Occorre coniugare le ragioni della scienza con la delicata tutela dei diritti inalienabili della madre e del nascituro nel pieno rispetto della libertà di scelta di ogni cittadino che norme restrittive non assicurano: questo, il sostanziale messaggio rivolto agli elettori, questo il senso ultimo del referendum. Il senatore ha poi riportato le dichiarazioni del Presidente del Senato circa le modifiche abrogative definite "affrettate ed incomplete" in palese contraddizione con la passata legislatura che aveva visto l'onorevole Pera sostenitore di emendamenti rispecchianti pressoché fedelmente gli attuali quesiti. Contraddittoria anche la proposta -fortemente sostenuta dai fautori della legge in vigore- di adozione degli embrioni crioconservati (poco meno di trentamila e destinati comunque alla perdita di vitalità) come alternativa alla donazione alla ricerca: gli stessi si schierano contro la fecondazione eterologa. E fondamentalmente contraddittoria, ancora, la difesa intransigente dell'embrione, che arriva a negare l'accesso a vere e proprie conquiste della medicina -quale la diagnosi preimpianto- o che delinea concreti profili di incompatibilità giuridica con la legge 194 sull'aborto. Impossibile non scorgere, a tal proposito, quegli aspetti di minaccia di una revisione riduttiva che la non affermazione del sì implica non solo a carico della legge 40 quanto, più gravemente, della stessa legge sull'aborto e che equivarrebbe a riportare indietro l'orologio del progresso e della democrazia nel nostro paese. Infine, Loredana Pesoli ha offerto alla platea un interessante spunto di riflessione rammentando, con ben riposto orgoglio, un frammento di "storia repubblicana": già negli anni settanta, il nostro Partito aveva predisposto una bozza di legge con la quale richiedeva che la Procreazione medicalmente assistita (allora si parlava più essenzialmente di fecondazione o inseminazione artificiale) potesse essere praticata a donne maggiorenni coniugate o nubili che fossero, anticipando di almeno trenta anni le problematiche odierne. Pochi, d'altro canto, hanno posto l'accento -nelle infinite diatribe di queste settimane- sui rischi e le sofferenze non sottovalutabili che le donne affrontano con il ricorso alla Pma; né sulla grande percentuale di insuccessi o il costo oneroso che queste tecniche comportano; né sulla inevitabile ripetitività dei tentativi accompagnata alle altrettanto inevitabili lunghe attese presso le strutture pubbliche. Un iter già doloroso e complicato: basterebbe. Vogliamo, forse, divenire "sterili per legge"?

v. r.