Dibattito dell'Edera sulla Carta/Ma l'amico Incocciati ha torto quando giudica il Pd'A Diversi punti di vista sull'organizzazione dello Stato Abbiamo lasciato libero il dibattito referendario sul nostro giornale a tutti gli amici che hanno voluto parteciparvi, anche per avere un'idea di come i repubblicani valutassero la consultazione referendaria, ma noi abbiamo ovviamente una nostra idea piuttosto precisa in materia, che deriva dal lavoro svolto nella passata legislatura. Va detto allora che noi, come Pri, non abbiamo partecipato alle giornate di Desenzano, non eravamo fra "i saggi" che si accingevano alla stesura del testo di riforma Costituzionale. Quando siamo stati chiamati al tavolo della riforma erano già passati due anni da allora. Tuttavia, in un vertice della CdL, il senatore D'Onofrio, accettando alcune osservazioni dell'amico Del Pennino, ebbe a dire. "C'è qualcuno più saggio di noi". Quindi il nostro contributo è stato sommesso, relativo all'articolazione di un testo sui cui fondamenti non avevamo inciso in alcuna maniera. Il nostro avviso, in materia di riforme costituzionali, è sempre stato di procedere con una certa cautela, quella stessa che mancò completamente al centrosinistra nel 2001, che di colpo decise una riforma del Titolo V. Noi eravamo contrari. Aperta questa porta, ci siamo resi conto che per la nuova maggioranza sarebbe stato difficile non intervenire a sua volta, anche perché la devolution di Amato aveva creato una paralisi legislativa preoccupante, con un conflitto pressoché permanente fra Stato e Regioni. Il nostro consiglio alla CdL fu dunque quello di limitarsi a correggere quelle modifiche costituzionali senza aggiungerne di altre, anche perché scarsamente condivise nella stessa maggioranza. Nell'Udc, ad esempio, si consumò un dramma, perché buona parte di quel partito era contraria al premierato ancor più che alla devolution. E se vi era una ragione politica per intervenire sulla devolution, per introdurre il premieriato sarebbe occorsa una maggioranza più ampia, considerato che una proposta in tale senso proveniva dallo stesso centrosinistra nel suo programma elettorale del 2001. Il fatto che però il centrosinistra al dunque si tirasse indietro rispetto ad ogni collaborazione, doveva sconsigliare di voler comunque procedere da soli, anche perché l'elaborazione dell'articolato era appesantita dalle tante e insuperate obiezioni da parte di coloro che lo firmarono loro malgrado. Non vi era, insomma, una sufficiente convinzione nella stessa coalizione per procedere su questo punto con la necessaria chiarezza. Ed il testo ci è parso sbilanciato: vedi il caso della sfiducia costruttiva introdotta a forza nella Costituzione, cosa che, secondo noi, non aveva alcun senso. E' vero, come ha ricordato l'amico Italico Santoro, che il Pri nel 1992 in un solenne Congresso presentò per primo la proposta dell'elezione diretta del premier, ma vi era allora anche un modello di riferimento preciso, quello israeliano, che è poi fallito, e questo ci ha obbligatoriamente fatto riflettere. Nel Sì sostenuto da molti amici nei loro interventi, abbiamo poi colto invece un desiderio più che comprensibile di superare la vecchia Carta costituzionale, da una parte perché considerata inadeguata, dall'altra perché frutto di un compromesso fra cattolici e comunisti. Ci ha colpito Colombo Incocciati, che ha chiesto addirittura "la condanna a morte della Prima Repubblica che nel 1948 ci fu imposta dal blocco catto - comunista e azionista che con gli ideali del repubblicanesimo e del nostro Risorgimento non aveva niente a che fare". Ora, per la verità, all'epoca si era già consumata la spaccatura del Partito d'Azione. Ugo La Malfa, che pur ne era stato esponente, come sappiamo aveva proposto una versione diversa dell'articolo 1 della Carta. Per cui il giudizio ci è parso per lo meno ingeneroso. Nel Partito repubblicano, in materia costituzionale, sono sempre convissute posizioni diverse fra loro, basti pensare ai presidenzialisti ed ai parlamentaristi convinti. Alle origini repubblicane, punti diversi esprimevano, in merito all'organizzazione dello Stato, gli stessi Mazzini e Cattaneo. Mai nessuno ha pensato di fare a meno degli uni per gli altri o viceversa, e questo, a maggior ragione, dovrebbe valere ora, perché i nostri obiettivi politici precedono e non seguono la formula costituzionale, e soprattutto non ne dipendono, con tutto il rispetto che siamo tenuti a portarle, essendo comunque una forma della Repubblica. (r. b.) |