Dalla sindrome della sopravvivenza a una solida piattaforma/Indispensabile per l'Edera partecipare alle conferenze con le forze ad essa affini

Dentro il solco delle democrazie occidentali

Il fatto preoccupante emerso dalla recente tornata elettorale non è il dato numerico (per quello può valere il discorso del bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno), quanto la reazione scomposta di tutto il Partito (maggioranza e minoranza) che emerge dalle conclusioni del CN del 9 e 10 luglio.

Il Partito, dopo oltre dieci anni (e che dieci anni!) di "coma", sembra incapace di uscire dalla sindrome della sopravvivenza, e non è in grado di affrontare in modo razionale la fase di riadattamento. Avevamo sperato che il CN del 3 aprile potesse segnare il momento della svolta: finalmente dopo dieci anni di stentata sopravvivenza, si riprendeva la navigazione nel mare aperto della politica; ma avevamo anche avvertito che nel frattempo il mare si è fatto molto più turbolento e le tecniche di navigazione completamente rivoluzionate: il modo di fare politica è completamente cambiato così come sono cambiati i temi di interesse, i mezzi di comunicazione, il linguaggio.

L'esperienza con Vittorio Sgarbi costituiva il primo tentativo di navigazione in mare aperto ed il personaggio poteva essere utile per stimolare all'interno del partito nuovi percorsi di comunicazione e di affermazione. Era l'occasione per diversificare ed arricchire la tradizionale "offerta di temi politici" del Partito per attirare l'attenzione di un elettorato più vasto, cogliendo in termini di stimolo positivo, l'alleanza con Sgarbi e i temi politici da lui posti al centro della campagna. Invece è stato abbandonato il grande lavoro svolto dalle commissioni di lavoro nominati dalla Direzione Nazionale il 25 novembre 2003 che doveva portare alla elaborazione di una piattaforma programmatica organica nei temi della Sanità, Giustizia, Riforme Costituzionali, Editoria, Ricerca Scientifica, Scuola, Ambiente ed energia, Infrastrutture e la campagna elettorale si è attorcigliata sul tormentone della collocazione più o meno terzista più o meno dentro o collaterale al centro – destra.

E così, alla prima onda presa fuori dalla imboccatura del porto, ecco che riappare lo sgomento e, scompostamente, facciamo rotta verso le acque riparate: liquidiamo frettolosamente il partner ingombrante, rientriamo nei ranghi e partecipiamo da bravi e composti invitati alle cene domenicali di palazzo Chigi, stando attenti a non irritare il padrone di casa. (A proposito, mentre si conoscono i temi posti da Follini, sinceramente non so quali istanze abbiano posto nei tavoli tecnici i nostri amici Bruno, Gallo, Trezza, Del Pennino.) Così non andremo lontano. E' urgente uscire dalla sindrome della sopravvivenza (sto qui e cerco di non dare fastidio perché questo è il solo modo per non scomparire) e passare alla definizione di una solida piattaforma programmatica, attuale, in linea con i tempi, liberale e laica, rappresentativa dei cittadini che vorrebbero vivere in un paese moderno, civile, organizzato e capace di confrontarsi dignitosamente con le grandi democrazie occidentali.

Partendo da questa piattaforma - sulla quale tutto il partito si dovrà riconoscere - possiamo stare con chi decide la maggioranza, partecipare alle conferenze programmatiche con le forze culturalmente affini, svolgere, finalmente, una incisiva, duratura, visibile e riconoscibile azione politica. E' necessario aspettare il congresso straordinario di ottobre per avviare questo processo?

Giovanni Pizzo