Problemi del meridione e buona amministrazione Si parla in questi giorni (ma a dire il vero ne sono pieni i discorsi politici ed accademici dall'Unità d'Italia fino ad oggi) di una politica per il rilancio e lo sviluppo del Meridione, quanto mai opportuna nel rinnovato contesto europeo (penso all'allargamento dell'Europa a 25 Stati). Ma oltre a prospettare soluzioni per risollevare il Sud italiano occorre compiere una necessaria riflessione, se non ci si vuole prendere in giro. Da un punto di vista storico e naturalistico (lo sappiamo tutti, ma vale la pena ricordarlo) il Meridione d'Italia ha enormi risorse che si traducono in un potenziale di crescita economica estremamente elevato. Basti pensare, solo per fare il classico esempio, al successo che potrebbe riscuotere il settore turistico, legato sia ai tantissimi siti archeologici sia alle bellezze paesaggistiche e naturali. Ma queste sue potenzialità sono rimaste storicamente sottoutilizzate. Del resto, non si può dire che in passato non siano stati fatti tentativi per invertire questa ormai secolare tendenza. Ma tutti questi tentativi si sono dimostrati vani, se non addirittura controproducenti. Perché? Perché il Meridione continua a vivere di "sviluppo derivato", cioè in una costante quanto sterile corsa verso un progresso che giunge in questa terra sempre con decennale ritardo rispetto al resto d'Italia o d'Europa dal quale è importato? Eppure sono cambiati tanti governi nazionali, si sono alternate diverse correnti politiche ed ogni governo ha tentato, chi più chi meno, diverse strade. Ora, se è vero che è nelle istituzioni che si governa il territorio e se ne determina il progresso (per cui l'agire delle istituzioni pubbliche, ai vari livelli in cui si strutturano, determina innegabilmente sia la qualità della vita dei cittadini, sia le potenzialità di sviluppo economico-sociale del territorio), allora è di tutta evidenza la necessità che gli operatori delle istituzioni pubbliche siano in grado di amministrare in modo efficiente, che abbiano adeguate capacità di analisi e di valutazione dei problemi, nonché di previsione e pianificazione delle linee di sviluppo e di progresso del tessuto sociale in cui sono chiamati ad operare. Insomma, un buon governo e l'adeguato sviluppo del territorio sono direttamente proporzionali, non solo alle risorse date, ma anche al grado di competenza e di capacità dei politici demandati ad amministrare tali risorse. Potrebbe apparire semplicistico ma si riduce a questo: il vero problema è la cultura politica, di cui la classe dirigente del meridione rappresenta in molti casi la peggiore delle sue espressioni. Sconfiggere l'arretratezza del Meridione d'Italia vuol dire sconfiggere un certo modo, francamente deludente, di fare politica. Al Meridione d'Italia serve una concreta cultura dello sviluppo e del progresso, nonché politici che siano in grado di interpretare le esigenze collettive ed affrontare, con coraggio e con rinnovate motivazioni, le nuove sfide per lo sviluppo che si vanno a sommare alle tantissime del passato rimaste drammaticamente irrisolte: l'insufficienza della rete dei trasporti e delle reti di comunicazione tecnologicamente più avanzate; la scarsa disponibilità di aree industriali attrezzate; l'inefficienza degli enti locali sia nella interazione con le aziende sia nella cooperazione stessa tra amministrazioni; le carenze nella formazione professionale; la mancanza di adeguati servizi ai cittadini, sanità, strutture scolastiche; le carenze idriche; una quasi inesistente cultura della legalità a cui si accompagna la presenza di gravi fenomeni malavitosi; e l'elenco delle arretratezze potrebbe continuare. Affinché il Mezzogiorno non rappresenti solo un grosso vincolo per l'economia italiana bensì anche quell'opportunità su cui puntare per far decollare l'intero Paese occorre in primo luogo quindi risanare la struttura sociale, rinnovare le istituzioni politiche e amministrative locali, superare le inefficienze economiche e "non economiche": tutti necessari prerequisiti per una politica di sviluppo. Insomma, oggi, per modificare un modo di operare che si è rivelato incapace di risolvere i tanti e diversi problemi delle terre del Sud, occorre una classe politica rinnovata e competente che, anteponendo la cura dell'interesse collettivo a qualsiasi mero interesse settoriale o personale, sia in grado di dare risposte concrete e di progettare un vero sviluppo per una terra da troppo tempo umiliata dai suoi stessi cittadini più "illustri". Questa necessità è tanto più urgente se si pensa che spesso sono gli abitanti e i politici stessi a vivere le arretratezze del meridione con colpevole rassegnazione, come un male sostanzialmente impossibile da sconfiggere. Abbandonarsi, però, ad un senso di rassegnazione ed impotenza è il più grave errore che si possa commettere: è la fonte da cui nasce e si alimenta il sottosviluppo. A coloro che fanno questo, è bene ricordare le parole di Max Weber: "non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all'impossibile". Giovanni Postorino (g.postorino77@virgilio.it) |