Commemorazione a Roma di Giorgio Amendola di r. b. Resta difficile il dibattito con i Ds, che è ripreso direttamente dopo molti anni in occasione del ricordo di Giorgio Amendola al residence Ripetta di Roma. Bisognava uscire dal centrosinistra per vedere D'Alema e La Malfa ad uno stesso tavolo - anche se con Bodrato e Intini - e persino Fassino, anche se in platea. Ma questo solo è un evento politico, in quanto i Ds finora hanno preferito discutere con i fuoriusciti dal Pri, meglio ancora con la tessera della Quercia in tasca. I nomi Amendola e La Malfa sono legati da un'antica e forte amicizia, e una altrettanto calorosa polemica. L'ha ricordata subito Giorgio La Malfa, rievocando uno dei pochi contatti diretti con il leader comunista che nel '73 lo avvicinava alla buvette di Montecitorio per dirgli: "Hai notato che quando tuo padre attacca il Pci, in verità ce l'ha con me?". Ugo, lo sappiamo, non aveva mai perdonato la scelta del figlio del liberale Giovanni Amendola di entrare nel Partito comunista. "Era questo il senso della grande sconfitta dell'antifascismo democratico", dice Giorgio La Malfa con amarezza, e visto che amara era stata anche la vicenda politica di Amendola, La Malfa insinua: "Chissà se non si sia chiesto se non fosse stato meglio rafforzare la componente democratica invece che aderire al Pci". Un'ipotesi poco gradita alla sala, tanto che D'Alema a sua volta ha ricordato la fiera rivendicazione di Amendola a La Malfa padre che lo invitava ad accettare la presidenza della Camera: "Io sono un comunista". E su questo non ci piove. La domanda di D'Alema è: era anche un comunista riformista, l'antesignano della scelta socialdemocratica dei Ds? Certo che è difficile pensare ad un comunismo riformista. Guardiamo Gorbaciov ed il fallimento del suo tentativo. Ma almeno un'idea in questo senso il filosovietico Amendola la dava. Egli, ad esempio, interruppe l'ortodossia storiografica del Pci, mise in risalto le contraddizioni fra Togliatti e Gramsci e lanciò l'idea di un partito del lavoro che di fatto avrebbe portato il comunismo italiano nel sistema democratico occidentale molto prima di quanto avrebbe poi fatto il Pds di Occhetto, e forse in modo più saldo. Problemi che non interessano D'Alema. Per il presidente dei Ds, Amendola fu riformista per quello che riuscì a fare nel Pci degli anni '50, "cambiando il volto della classe dirigente del partito", in maniera da avere uno strumento utile per educare le masse alla democrazia. E' un argomento valido, ma non sufficiente a consentire una riunione del movimento riformista italiano. Infatti D'Alema ne riconosce la frammentazione, allora ed oggi. Allora perché il riformatore Amendola restava legato all'Urss, fino a difendere l'invasione in Afghanistan? E oggi perché i riformismi restano divisi? Amendola, come avrebbe valutato l'intesa con la sinistra radicale, quella che lo stesso Fassino ritiene capace di atti "incomprensibili", come il voto contrario al finanziamento delle missioni internazionali riconosciute dall'Onu? Come la giri, i conti non tornano. E poi Amendola, contrario al compromesso storico, davvero avrebbe appoggiato un'intesa politica fra cattolici e sinistra fino al punto di pensare ad un partito unitario? O invece voleva l'unione delle forze democratiche laiche e socialiste per sfidare la Democrazia cristiana? E avrebbe mai accettato che la sinistra riformista si facesse guidare da un cattolico moderato? Chissà. Amendola, lo si vede, apparteneva ad un mondo lontano, in cui le cose sembravano, almeno in apparenza, più chiare. Si credeva in quell'epoca alla luce della storia. Ora prevalgono più le zone d'ombra. |