Mafia, quali mezzi allo Stato Le proposte del presidente degli industriali calabresi

Approccio operativo che non è da sottovalutare

Il presidente degli industriali calabresi con l'appello al presidente della Repubblica e con la richiesta di fare intervenire l'esercito a presidio del territorio calabrese nella lotta alla mafia, aveva dato a questo problema una valenza operativa, sottraendolo a impostazioni astratte e artificiose. I suoi successivi interventi hanno però corretto questa linea e il dibattito ha finito per rientrare nei binari tradizionali che accompagnano da tempo la "questione della mafia in Calabria". Le dichiarazioni seguite all'originario appello di Callipo si sono inscritte, autorevolmente, in quella "commedia degli inganni e delle parole a vuoto" che da oltre mezzo secolo ha creato polveroni, stravolgendo e mistificando l'impegno serio, che pure c'è, delle istituzioni civili e religiose, dei partiti politici , dei sindacati, degli amministratori, dei giornali e dei calabresi contro la "ndrangheta", per cui alla fine non si capisce chi è ne è realmente contro e chi, invece, la favorisce. Il risultato di questa operazione è stata la crescita dell'invadenza mafiosa che invece di regredire, ha finito per condizionare in maniera determinante l'economia e il libero mercato, la politica, le istituzioni, l'informazione e le prospettive di sviluppo sociale e civile della nostra terra.

Cosa aveva detto in origine Callipo: Dateci più aiuto nel controllo del territorio e se necessario fate intervenire l'esercito per una collaborazione con le altre forze dell'ordine in questa azione di presidio. Una richiesta, che ritengo più che legittima per aiutare gli operatori a non aver paura ed incoraggiarli a non pagare il "pizzo". Questa proposta è stata tramutata, invece, addirittura, nel pericolo di un processo di "militarizzazione" della Calabria, per cui la solidarietà a Callipo è stata seguita da una serie di "distinguo" e, per i più scaltri, quella richiesta si è trasformata in "una provocazione utile", alla quale sono seguiti i soliti luoghi comuni. Una maniera per non raggiungere alcun risultato su un terreno, quello della lotta all mafia e alla criminalità, che necessita di interventi mirati ed efficaci.

Sull'utilizzazione dell'esercito si potrebbero fare numerosi richiami geografici: dalla Sicilia quando, negli anni della lotta al separatismo e al fenomeno Giuliano fu proprio un ministro della difesa repubblicano Randolfo Pacciardi, già comandante della Brigata Garibaldi nella guerra civile spagnola, a inviare nell'isola l'esercito per contrastare l'azione della banda Giuliano. In Sardegna, sempre nella lotta al banditismo nelle zone di Orgosolu e nei paesi interni del nuorese furono utilizzati i militari, tra cui i battaglioni speciali dei carabinieri.

Tornando in Calabria e senza andare tanto indietro, l'esercito è stato utilizzato nel periodo legato alla rivolta per il capoluogo degli anni ‘70, e successivamente nella lotta al terrorismo. Questa utilizzazione, anche se avvenuta in anni difficili e precari per la stabilità democratica della regione , ha finito per consolidarne, invece, il processo di crescita. La verità è che nella sinistra italiana, specie quella radicale di matrice marxista, si coltivano ancora vecchi luoghi comuni che in passato l'hanno spinta ad abbracciare ed usare pregiudizi e prevenzioni antimilitariste nei confronti dell'esercito.

Il dibattito sviluppatosi successivamente alla dichiarazioni di Callipo ha risentito sicuramente di questo pregiudizio, per cui il presidente degli industriali calabresi ha dovuto correggere notevolmente il tiro della primitiva richiesta sino ad arrivare a formulare una linea, che è apparsa come la mediazione finale delle diverse posizioni politiche assunte contro la mafia in Calabria, e tutte purtroppo prive di concretezza.

Un secondo argomento ha condizionato il dibattito sviluppatosi dalla richiesta di Callipo

e riguarda le dichiarazioni rese dall'on Angela Napoli, vice-presidente della commissione parlamentare antimafia, sull'invadenza della mafia nel vibonese e nelle attività della Provincia e sulla collusione con la stessa di alcuni operatori economici. Accuse che, espresse dopo una riunione della vicepresidente della commissione antimafia con il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica e dopo un incontro con il Prefetto e il capo della polizia, venivano riprese dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro Mariano Lombardi che diceva: "Le dichiarazioni dell'on. Napoli sono all'esame dei vertici della Dda e delle Forze dell'ordine." Quando le dichiarazioni diventavano oggetto di indagine della magistratura finiscono per essere motivo di dibattito politico.

Due annotazioni: per il Pri la mafia prospera dove lo Stato è debole, per cui anche l'intervento dell'esercito utilizzato nella lotta ad una forza negativa quale la mafia che dell'apparato statale limita il potere, il prestigio e l'autorità, rappresenta una scelta da sostenere senza riserve.

Pino Vita segretario regionale del Pri Calabria