"L’opinione" mercoledì 14 maggio 2003 Così il sistema bancario punisce le PMI del Sud di Fiorenzo Grollino Le nubi si addensano sempre più minacciose all’orizzonte delle piccole e medie imprese, soprattutto delle piccolissime, in quanto le difficoltà per accedere al credito con la nuova normativa di cui all’Accordo di "Basilea 2" aumenteranno notevolmente rispetto a quella ancora in vigore. Queste difficoltà riguardano sia il sistema bancario che le PMI, che dovranno essere titolari di adeguati patrimoni per ottenere prestiti e finanziamenti, in quanto le banche debbono avere maggiore copertura a fronte del rischio che assumono. In una situazione come quella meridionale, in cui l’unica via di accesso ai prestiti ed ai finanziamenti è quella bancaria, perché non esistono, a differenza dei Paesi anglosassoni, e di altri Paesi europei, altre modalità di finanziamento, l’operatività delle PMI è fortemente condizionata dal sistema bancario, che ha come obiettivo primario non tanto quello di finanziare le PMI, quanto soprattutto quello di non correre grossi rischi nell’attività del credito. Volendo andare più a fondo su questo terreno, occorre considerare che nei Paesi anglosassoni domina anche un’altra modalità di finanziamento: quella dei "Business Angels", che eroga finanziamenti a PMI da poco costituite e che debbono costituirsi un capitale di rischio, e/o si trovano in particolare difficoltà a causa di una crescita più rapida del prestito. Un’altra considerazione che bisogna fare è in relazione alla possibilità di poter contare su diverse forme di finanziamento ed alla diversità del sistema Italia rispetto ad altri sistemi europei. Il nostro è un sistema rigido, che "Basilea 2" non prende neppure in considerazione, mentre stabilisce criteri di valutazione prendendo come riferimento il modello anglosassone, che prevede che le imprese coprano i propri fabbisogni rivolgendosi al capitale di rischio, una formula che all’estero è redditizia grazie alla bassa tassazione di impresa. In Italia il modello è diverso, il ricorso al capitale di rischio è un fatto raro perché la tassazione d’impresa è elevata. Ciò penalizza le PMI italiane, che vorrebbero essere giudicate su modelli che corrispondono alla realtà del nostro Paese. Un’altra considerazione che bisogna fare riguarda il rischio di insolvenza, giudicato dal sistema bancario più elevato per le piccole e medie imprese rispetto alle grandi. Questo orientamento però dovrebbe essere modificato con l’entrata in vigore dell’Accordo di Basilea, in quanto le aziende sane dovrebbero beneficiare di una riduzione del fattore rischio per le banche, e conseguentemente il tasso di interesse dovrebbe essere meno elevato. Si tratta, comunque, di negoziati che vertono da una parte sulle nuove norme sui requisiti patrimoniali delle banche, e dall’altra sull’accesso delle PMI al sistema bancario ed al mercato finanziario per ottenere la necessaria liquidità per operare. Questi negoziati dovrebbero finire entro il 2003 e la nuova normativa dovrebbe entrare in vigore entro gennaio del 2006. Ciò che si teme, da parte del ministro italiano dell’Economia, è un razionamento del credito soprattutto alle piccole e piccolissime imprese e un aumento dei costi. Nelle more, una qualche contromisura il governo deve prenderla, come quella di approvare la legge di riforma dei confidi, che consente l’aggregazione di questi istituti diventando intermediari finanziari, ed in questo ruolo verrebbero riconosciuti da "Basilea 2". Altrimenti non rappresenterebbero più una garanzia collaterale al sistema bancario. La preoccupazione di quanto potrebbe accadere alle PMI italiane con l’entrata in vigore dell’Accordo Basilea 2, non basta, se non si riconsidera il modo di finanziarle che potrebbe essere quello di creare un mercato europeo di capitale di rischio per le piccole imprese, che sia alternativo e competitivo ai finanziamenti ed ai prestiti del sistema bancario. Certo è che per le piccole imprese, che non hanno le carte in regola, potrebbero essere tempi duri, se non durissimi, potendo correre il rischio di scomparire dal mercato. L’attuale bozza di accordo, la terza, secondo l’Unione italiana delle camere di commercio, "contiene pesanti condizionamenti ad uno sviluppo equilibrato del credito alle imprese piccole e piccolissime che rappresenta il 90% del tessuto produttivo italiano e alle quali si deve il 60% del valore aggiunto nazionale e dell’occupazione". A questo punto è opportuno esaminare sia pure nelle grandi linee questa bozza di accordo che si articola su tre "pilastri". La proposta del Comitato di Basilea, organismo di consultazione che opera nell’ambito del BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali), data gennaio 2001 ed è finalizzata a revisionare l’attuale normativa sui requisiti patrimoniali delle banche. Da qui il nome "Basilea 2", che sostituisce con un nuovo accordo quello di "Basilea 1" del 1988. L’obiettivo dell’accordo è quello di rendere più stabile il sistema bancario internazionale sensibilizzando le banche ad un maggior controllo dei rischi di credito, di mercato e di operatività. Sono proprio questi i tre pilastri dell’accordo. |