"Il Giornale" 31 maggio 2004

"Voglio suonare la carica ai moderati"

Giorgio La Malfa: con Sgarbi e Cossiga contrasterò le degenerazioni del bipolarismo all'italiana

Intervista a Giorgio La Malfa, a cura di Giancarlo Perna, pubblicata su "il Giornale" del 31 maggio 2004.

Preoccupato di come potrei trovare Giorgio La Malfa, temporeggio prima di bussare alla presidenza della commissione Finanze della Camera.

"Lo riconoscerò?", mi chiedo. Domanda che mi pongo da quando, due mesi fa, si è saputo della sua innaturale alleanza con Vittorio Sgarbi. Insieme, hanno fondato il "Partito della bellezza". Passi che Sgarbi si allei con La Malfa, tanto col suo formidabile metabolismo digerisce qualsiasi cosa. Ma La Malfa, uomo tutto d'un pezzo e perciò vulnerabile, sarà indenne? E se fosse sgarbizzato? Reggerò allo spettacolo di trovarmelo davanti con una pupa sulle ginocchia, un sigaretto tra le labbra e la stanza satura di incensi birmani?

Rompo gli indugi e entro. "L'aspettavo. Si accomodi", dice La Malfa formale e secco come al solito. Ha una grisaglia scura, i capelli lamalfianamente composti, nessuno svolazzo sgarbista. L'aria sa di libri, non di profumi esotici. Sulla parete, l'abituale scena di caccia dei tre cani che si avventano sul cinghiale. La bionda, se c'è, sta nell'armadio. Ma non è affare mio. Per il resto nulla è cambiato.

"Mi sono tolto una preoccupazione", dico.

"Di che?" dice La Malfa già stufo dei preamboli e impaziente di entrare nel vivo. E' in tutto lui.

"Lo so io. Lei piuttosto, cos'è questo ghiribizzo con Sgarbi?".

"Tutto è nato da una telefonata di Francesco Cossiga", dice.

"Il prezzemolo della politica", dico.

"Una coscienza libera, una grande intelligenza. Un'amicizia di cui sono fiero. Da tempo, ci dicevamo che si doveva rafforzare la componente liberaldemocratica in Italia e nella UE. E' insopportabile che nel partito dei liberali europei ci siano Di Pietro o un integralista cattolico come Romano Prodi".

"Le telefona Cossiga e…".

"Mi annuncia: "Ti viene a trovare Sgarbi". Vittorio viene e propone: "Diamo vita insieme a un partito della bellezza ". Ci rifletto e penso che è giusto dare valore politico al patrimonio artistico. Per un repubblicano, è ovvio. Spadolini è stato il primo ministro dei Beni culturali. Giorgio Bassani e Elena Croce, repubblicani, sono fondatori di Italia Nostra. E ho detto, sì".

"Lei e Sgarbi siete compatibili?".

"Gli elementi che ci accomunano sono i beni culturali e il liberalismo. Io preferisco chiamarlo "Partito della ragione e della bellezza". Lui preferisce dire "Partito della bellezza e della ragione". Vittorio ha scritto un libro, "Per un partito della bellezza", io un altro, "Per un partito della ragione". Ci presentiamo alle europee con un simbolo che contiene in alto l'Edera repubblicana, in basso il nome Sgarbi".

"Sgarbi si considera un D'Annunzio più riuscito dell'originale. Pensava mai di finire con D'Annunzio?", dico.

"D'annunzio è un grande del ‘900 che ha scritto poesie straordinarie. Meno mi piace il suo esibizionismo", dice.

"Sgarbi ne ha più di D'Annunzio".

"Un giorno mi ha detto: "Io sono un tenore". Gli ho risposto: "Io sono un basso continuo", perché credo che in politica la capacità di resistere conti più degli acuti. Insieme, comunque, possiamo fare un gran concerto, purché gli strumenti siano accordati. L'accordatore dovrebbe essere Cossiga".

"Obiettivo del trio musicale?".

"Contrastare le degenerazioni e le urla polemiche del bipolarismo all'italiana".

"Siete nel Polo, nell'Ulivo o cani sciolti?".

"Nel Polo. L'ho messo in chiaro subito. Vittorio diceva: "E' il momento di una terza forza". Ho replicato: "No, bisogna far funzionale la logica bipolare, portando un linguaggio meno distruttivo. La politica internazionale rende obbligatoria la collocazione con Berlusconi: la storia del Pri è legata all'Occidente e all'Atlantismo".

"Il Polo è per lei una scelta irreversibile?", dico.

"C'è un tale logorio delle istituzioni che non escludo, un giorno, di rompere lo schema bipolare e di collocarmi altrove. Ma non è questo il momento", dice.

"Sgarbi disistima i nove decimi dei polisti".

"Lo compensa disistimando i nove decimi dell'Ulivo. L'ho avvertito che la prima garanzia di successo, è smetterla di parlare male. Vittorio è così ricco nella parte propositiva che è uno spreco il suo prendersela con questo e quello".

"Sgarbi detesta il ministro Giuliano Urbani. Lei?"

"Lo stimo. Ma Vittorio ha ragione quando dice che restaurare il teatro Petruzzelli è più importante che costruire il ponte sullo Stretto. Meglio cento opere in cento città che l'unica grande opera".

"Attento: né segreti, né confidenze. Se no, Sgarbi glieli spiattella come il presunto flirt di Urbani", dico.

"So che Vittorio è così. Ma io non ho segreti e non faccio confidenze nemmeno a me stesso".

"Come giudica Sgarbi?".

"Molto intelligente. Vittorio è diverso da come appare in tv. In privato, Vittorio è dolce e piacevole".

Vittorio qua, Vittorio là. A parte l'inedita tenerezza, La Malfa è in sé. Il botta e risposta che segue è con lui, non col sosia.

Il Polo è dato in discesa. Col neo partito cerca una via di fuga?

"Il problema del Polo è conquistare i voti moderati. In entrambi i poli sono forti le estreme, debole il centro. Se avremo successo potrò dire a Berlusconi: "Cura di più la parte moderata". E chiedere un riequilibrio della coalizione".

Vuole un ministero?

"E' l'ultimo dei problemi. Mai pensato che un ministro cambi un granché. Lo lascio pensare a Follini. Parlo di riequilibrio in termini di programma e di toni".

C'è possibilità di recupero di qui al 2006?

"Sì. La sinistra è impresentabile. Il suo solo leader è Fausto Bertinotti. Tutto ruota sulla politica estera. Se l'Occidente saprà difendere la propria posizione, non ci sarà spazio per una sinistra estremista e antioccidentale. Berlusconi avrà via libera".

Il governo conta sulla riforma fiscale. E' materia sua.

"Sono anch'io per una riforma seria. Ma deve essere fatta in deficit. Dire che si tagliano le tasse solo se si tagliano le spese, è una manovra a somma zero. Se per abbassare le tasse si tolgono gli incentivi alle imprese, si rischia di fare più danno".

Finanziando i tagli con il deficit, saltano i mitici parametri olandesi.

"Chissene importa. Li hanno violati Francia e Germania. Può farlo anche l'Italia. Si tratta solo di vedere, vista l'enormità del debito pubblico, che fiducia ci daranno le agenzie di rating. Io però lo farei".

Lei per formazione è uno statalista come Spaventa o Prodi. Si è convertito al tremontismo?

"Anche Tremoti è statalista, neo colbertiano. Se avessi la scelta tra diminuire di dieci lire le tasse o aumentare di dieci lire una buona spesa pubblica, sceglierei questa. Diminuire le tasse, è la confessione dell'inefficienza dello Stato: siccome spendo male, lascio i soldi ai privati che almeno non li sprecheranno".

Degno figlio di suo padre Ugo. Il quale, lo ha recentemente ricordato Eugenio Scalfari, si batteva per il Pci al governo.

"Una bugia di Scalfari. Mio padre considerava il Pci la più grande disgrazia che ci fosse perché bloccava lo sviluppo dell'Italia".

Molti, allevati da lui, come Maccanico, Bogi o Passigli sono passati con gli ex Pci. Significherà qualcosa.

Il Pci offre protezione, posti e seggi nel Mugello. Mi chiedo come un democratico possa pensare che gli eredi del Pci rappresentino il futuro democratico del Paese. Peggio per quei tre".

Condivide la politica italiana in Irak?

"Per me l'Italia poteva affiancare gli Stati Uniti anche nell'azione bellica. In ogni modo abbiamo fatto bene ad andare e a restare".

Le torture?

"Rischiamo, e la cosa mi toglie il sonno, di fare passare una guerra di liberazione per una guerra coloniale. Minano le basi morali della presenz americana. Gli Usa devono reagire con più energia e individuare le responsabilità politiche. Il ministro della Difesa, Rumsfeld, dovrebbe andarsene. Ho suggerito indirettamente a Berlusconi di chiederlo esplicitamente a Bush nell'incontro che avrà con lui".

Rutelli, contrario finora al ritiro, è diventato favorevole.

"La sua ragionevolezza è durata due giorni. A sinistra non si sa con chi parlare. Speravo in Rutelli, ma è un disastro anche lui".

Zapatero?

"Penoso. Ma è spagnolo e non mi riguarda. Mi ha invece stupito, ma forse no, l'allineamento immediato della nostra sinistra".

Ironizzando sul record di durata del governo, i Ds ne hanno elencato le malefatte, addebitando anche Cirio e Parmalat. Insipienza o verità?

"Completamente falso. Le cause sono remote. Semmai, il governo poteva pretendere delle dimissioni".

Di chi?

"Del governatore di Bankitalia. Il nocciolo della faccenda è che le banche, capito che i bond erano carta straccia, li hanno appioppati ai risparmiatori. Fazio doveva impedirlo. Quando c'è un incidente ferroviario, sono per cambiare il capostazione.

Turchia nell'Ue?

"Favorevole. Per tre motivi. L'Europa politica non esiste, è uno spazio economico. Essere nell'Ue consolida le democrazie. La Turchia è un Paese islamico: stando nell'Ue, faciliterà i rapporti con l'Islam e la democratizzazione del mondo musulmano".

Grazia a Sofri?

"Per lui, non mi sono sbracciato. Ne vedevo la responsabilità morale. Ma il suo comportamento, di rispetto delle leggi e di non lamentosità, è così singolare che merita la grazia".

Giancarlo Perna