Un bilancio sul futuro rievocando Mazzini: come coniugare, in un orizzonte sociale ormai mutato, il senso del dovere e lo slancio morale/Il patriota genovese è divenuto il testimonial d'eccezione di un dibattito organizzato nel bicentenario della nascita a Milano il 17 maggio presso la sede dell'Unione del Commercio L'uomo delle grandi visioni e dei vasti progetti come guida negli scenari che ci attendono di Carlo Bassi Intervento presentato al convegno milanese "Bilancio sul futuro. Riflessioni per reagire", organizzato nel bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, Milano, 17 maggio 2005. Perché fare un "bilancio" sul futuro? E perché parlare di futuro rievocando Mazzini? Per quanto ho capito, Mazzini era un uomo scomodo e non particolarmente simpatico. Parlava di doveri prima che di diritti ed era sempre pieno di sdegno morale…. Insomma, non proprio uno facile da prendere come testimonial di una iniziativa politica. Eppure mai occasione è sembrata più appropriata. Mai come oggi senso del dovere e slancio morale appaiono essenziali. Ma ciò non basterebbe. Mazzini era l'uomo dei grandi ideali e dei grandi progetti: la Repubblica, l'Unione dei Popoli, l'Europa. Un uomo di pensiero e un uomo di azione e, diciamocelo, quanto ci vorrebbe oggi un grande progetto capace di rimettere insieme gli italiani; pensare al futuro con un grande afflato ideale e poi con riflessioni e pensieri e poi con tanta, tanta azione! Perché un bilancio? I bilanci si fanno normalmente a consuntivo e invece il futuro richiede investimenti. Ma i momenti di bilancio richiedono una pausa di riflessione e molta, molta attenzione e fatica, e senso di responsabilità e di equilibrio. E ragionare sul futuro è diventato tremendamente serio per non aver prima analizzato tutto con cura. Perché è certo: il futuro oggi non è più quello a cui pensavamo una volta. Non è quello che si immaginava trent'anni fa. Non è quello di mio padre dirigente d'azienda negli anni '70, che viveva e lavorava per far crescere e studiare i figli; far crescere l'azienda che era sana se aumentava l'occupazione. Ma il futuro non è più nemmeno quello di internet, quello di due, tre anni fa. Ricordate: tutti ricchi e felici navigando alla scoperta di un mondo senza fili; con 2,3 telefonini per famiglia, con un eccesso di mezzi tecnologici in numero superiore alle idee e alle parole che qualsiasi uomo possa infilarci dentro, a meno che non li riempiano di molte idee e parole vuote. E in politica e in economia, qual è il futuro? Parlando di ceti medi, classe operaia e classe dirigente, siamo sicuri di riferirci a ciò che conoscevamo? Ci sono artigiani e commercianti - oggi- che hanno gli stessi problemi dei dipendenti statali, dirigenti d'azienda che se hanno una famiglia monoreddito vivono come quella con due stipendi da impiegato. Qual è il proletariato dei nostri giorni? L'operaio con il posto fisso e la pensione o il co.co.co precario a vita a 700 - 800 euro al mese. E possiamo ancora parlare di ceti medi o sarebbe più opportuno parlare di ceti intermedi; quelli accomunati dalle stesse abitudini di consumo; dal consumo della stessa cultura e da una omogeneità di reddito che li rende tutti uguali di fronte al problema della spesa. Se si pongono oggi agli italiani le dieci domande fondamentali, vi risponderanno tutti allo stesso modo: che abbiano votato a destra o a sinistra, che siano impiegati o operai, del nord o del sud. Si capisce perciò come anche per la politica disegnare un futuro sia difficile. Perché le famose dieci domande sono pesanti come pietre e le risposte non sono più valide solo perché vengono da destra o da sinistra. Scuola, costo della vita, impossibilità di sistemare i figli, precarietà professionale, crisi delle aziende, riduzione del benessere e delle speranze nel futuro, non sono problemi di destra o di sinistra. Sono i problemi delle persone. E allora che fare? Innanzitutto superare lo smarrimento incontrandosi. Poi incontrarsi superando ogni confine. Ideologico o politico , perché questi ormai sono sempre più superati dalla società; ma anche fisici, perché sopra di noi, a nord c'è l'Europa che, volenti o nolenti, condizionerà le nostre scelte. E sotto di noi, a sud, c'è il Mediterraneo che preme: e l'una e l'altro sono grandi opportunità per noi. E poi, superando ogni interesse di parte. Perché non ci sono più posizioni di rendita per nessuno: partiti, aziende, sindacati,classi sociali, regioni, città. Il costo delle rendite di posizione degli anni passati, così come il costo delle tante precarietà moderne, si è scaricato su tutti. E, infine, provando a pensare, progettare ed agire con buon senso, onestà intellettuale e serietà; dando valore alle esperienze (che non hanno colore) nel tentativo di ricominciare a dare le prime risposte alle famose dieci domande. Per fare tutto ciò era necessario mettere insieme individui forti della loro storia personale e professionale, che si identificassero e si individuassero innanzitutto tra di loro come "moderati" (non in senso politico ma umano); cioè animati dallo stesso modo di agire: senso della ragione, senso della responsabilità, senso dell'azione. Questo sforzo, l'impegno di questa sera, lo ha fatto il Partito repubblicano, certo di poter essere riconosciuto da tutti come partito che ha sempre agito per far avanzare il diritto e non la parte, e perché è un partito che da sempre si rivolge agli individui e non alle classi. Insieme al Partito repubblicano hanno lavorato "Costruttori di Futuro", un progetto nato per dar vita a questo e ad altri incontri. Un gruppo di lavoro fatto di individui che hanno intenzione di impegnarsi e confrontarsi su cose da fare. Perché il futuro- mai come oggi- è un dovere di tutti. E il futuro occorre costruirlo dimostrando di saper gestire il presente (ed è così per i nostro ospiti), ma dimostrando anche di avere grandi sogni e di poter impostare grandi sfide. Siano esse il progetto della "Grande Milano" dell'amico Borghini o l'idea di Europa del ministro La Malfa o di Sandro Gozi. Oppure la " fatica" di Padre Gaetano o Paul De Sio, impegnati in progetti di "solidarietà produttiva". O ancora la responsabilità quotidiana di Romano Colozzi che deve coniugare come assessore del bilancio di una grande regione come la Lombardia, capacità nella gestione delle risorse, spinta allo sviluppo, necessità della politica e grande senso morale. Oppure il mestiere di imprenditore e manager di Danilo Broggi alle prese con un mercato ormai sconfinato che fa apparire le nostre imprese ancor più piccole e lontane. Bisogna avere grandi progetti. E i grandi progetti nascono dal lavoro; dai sogni e dalle sfide degli uomini. E dove ci sono sogni e sfide (lo dico soprattutto ai giovani; a mio figlio presente in sala) non c'è declino. |