Referendum: quelle astute ragioni degli astensionisti di Vittorio Bertolini e Marlene Di Costanzo Il dibattito sul referendum del 12 giugno per l'abrogazione di alcune parti della legge 40/2004 sulla fecondazione medicalmente assistita, mostra spesso una dissimetria che riduce il confronto fra le parti a una specie di dialogo fra sordi. Infatti mentre i fautori del "sì" cercano di argomentare il loro dissenso sugli articoli che si vorrebbero abolire approfondendone gli spetti tecnici e sociali, il fronte del "no" e quello degli astensionisti (che attraverso una lettura "furbesca" del dettato costituzionale contano di utilizzare a proprio favore quella quota di astensionismo fisiologico presente in ogni democrazia consolidata), al di là degli artifici dialettici e retorici si rifugiano nell'affermazione apodittica che già dal concepimento siamo in presenza di una persona. Non si può negare che si tratta infatti di una strategia mediatica molto funzionale. Se l'embrione è già dall'inizio un essere umano nel pieno dei suoi diritti l'impianto della legge 40 nel suo complesso risulta pressoché intangibile. Quale principio etico può consentire di congelare un essere umano per poi vivisezionarlo per sottoporlo a sperimentazione scientifica? Far passare l'equazione embrione uguale bambino non solo è terrorismo ideologico che nell'elettorato meno preparato evoca i fantasmi di Erode o dell'eugenetica nazista, ma giustifica la regola dei tre embrioni e l'obbligatorietà dell'impianto, così come pure la proibizione dell'analisi preimpianto. Ma che l'embrione sia da subito un essere umano è ipotesi tutta da dimostrare. La teoria che l'embrione sia persona nasce dal presupposto che il suo patrimonio genetico è quello di una persona. Infatti in un documento della Congregazione per la dottrina della fede si legge: "Dal momento in cui l'ovulo è fecondato si inaugura una nuova vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. La scienza genetica moderna ha mostrato come dal primo istante si trova fissato il programma di ciò che sarà questo vivente: un uomo, questo uomo individuo con le sue note caratteristiche già ben determinate". Si tratta di un ragionamento solo in apparenza corretto, dove però la conseguenza non deriva affatto dalla premessa. Come ha scritto Dawkins: "La fallacia del determinismo genetico consiste nel supporre che i geni ‘facciano' l'organismo. In base a un principio fondamentale della biologia dello sviluppo, gli organismi sono sottoposti a uno sviluppo continuo, dal concepimento alla morte, uno sviluppo che è l'irripetibile conseguenza dell'interazione dei geni all'interno delle cellule, della sequenza temporale di ambienti attraversata dagli organismi e dei processi cellulari casuali che determinano la vita, la morte e le trasformazioni delle cellule". In altre parole, occorre prioritariamente definire quali siano le condizioni per cui a un certo momento del processo evolutivo dell'embrione, si ritiene che ci troviamo in presenza di un uomo individuo. Il patrimonio genetico è senz'altro una di queste condizioni, ma non l'unica. Se fosse così, nel caso di un aborto dovuto ad un incidente automobilistico, il responsabile dell'incidente potrebbe essere indagato per omicidio colposo. L'esempio può apparire paradossale, ma la realtà è allora ancora più paradossale. Tralasciamo il caso di quella signora di Catania che, dovendo obbligatoriamente proseguire l'inseminazione di un embrione affetto da una malattia genetica, è dovuta poi ricorrere all'aborto terapeutico, garantito dalla legge 190. Qualche anno fa, un giovane francese nato con una grave malformazione genetica, ha portato davanti al tribunale i genitori perché non hanno fatto nulla perché non nascesse. Per venire al nostro Paese, due genitori hanno denunciato i medici in quanto non sono stati avvertiti che, in base alle analisi, il nascituro risultava malformato. Non occorre essere esperti in biodiritto perché l'equiparazione, sic et simpliciter, dei diritti del concepito a quelli di una persona possa condurre a conclusioni decisamente incompatibili non solo con la nostra civiltà giuridica ma anche con il comune sentire. Questo non significa che l'embrione debba essere considerato come un puro e semplice agglomerato di cellule, ma che nel salvaguardare la sua potenzialità di divenire un uomo non ci si dimentichi dei diritti di quelli che sono già uomini a tutti gli effetti. E se i diritti della madre vengono prima di tutto, esistono anche i diritti di tutti coloro che potrebbero, attraverso la sperimentazione sulle cellule staminali, trovare una cura per le loro malattie. Il culto dei morti è un dato di tutte le culture umane e fino a due secoli fa i cadaveri erano intangibili, ed anche ora il vilipendio di un cadavere è considerato un reato. Ciò non toglie che per fini scientifici o giuridici un cadavere possa essere sezionato. D'altra parte l'espianto di organi da individui cerebralmente morti non solo è lecito ma visto come un atto di amore verso gli altri. Si è ritenuto, cioè, che nel momento in cui cessano le funzioni cerebrali superiori non si sia più in presenza di una persona. Parimenti dovremmo chiederci perché dobbiamo considerare una persona un embrione che non possiede nemmeno un sistema nervoso. |