Clima incerto in vista del referendum francese sulla Costituzione/Ma il problema resta quello di colmare il baratro che oggi separa la "piazza" dal "palazzo" Il deficit di politica di queste istituzioni europee Da qualche anno il mese di Maggio è diventato cruciale per il destino stesso dell'Europa. Lo scorso anno assistevamo a manifestazioni di sincero entusiasmo per l'allargamento dell'Europa. Oggi invece, ad un anno di distanza, attendiamo con ansia l'esito del referendum in Francia sulla Costituzione europea che secondo gli ultimi sondaggi resta troppo incerto per poter fare previsioni credibili. E a questa allarmante notizia si aggiunge l'altra che anche in Olanda aumentano le fila del fronte del NO. L'eccessiva tecnicità delle istituzioni europee e della Costituzione, nonché la grave crisi economica sono i motivi che portano ad ingrossare le fila degli euro-scettici e degli euro-ostili. Certo, sul testo del Trattato che adotta la Costituzione europea possono esprimersi forti perplessità. Sta di fatto che una bocciatura francese, come anche una olandese, del testo sarebbe una vera iattura per il destino dell'Europa. Ciò è dimostrato anche dal fatto che una tale eventualità non è stata presa in seria considerazione: "Se la Francia boccia la Costituzione non c'è un piano di riserva" così si è espresso Barroso (Corriere di sabato 14). Forse, sarebbe stato più opportuno prevedere, proprio in virtù del suo oggetto, una uniformità nella ratifica del Trattato che adotta la Costituzione europea da parte di tutti gli Stati e non semplicemente un rinvio alle procedure stabilite dagli ordinamenti di ognuno di essi. E forse sarebbe stato più opportuno legare il problema della ratifica della Costituzione europea al problema della sua legittimità ed in particolare all'annosa questione del deficit di democraticità di cui l'integrazione europea è da sempre afflitta. Partendo dal presupposto che una Costituzione è un corpo normativo intorno al quale ogni cittadino può e deve riconoscersi, e questo può avvenire in concreto solo nel caso in cui vi sia a suo fondamento un atto del popolo, o ad esso attribuibile, possiamo concludere che il nodo della democraticità dell'integrazione europea non è stato affatto sciolto ed i singoli Stati rimangono ancora "Signori dei Trattati". La Convenzione che ha elaborato il testo della Costituzione non era un'Assemblea Costituente e del resto sarebbe stato comunque impossibile, non essendo appoggiata da una forte volontà politica, pensare ad un procedimento di ratifica attraverso una consultazione popolare per tutti gli Stati e valida per ognuno di essi, o addirittura, alla celebrazione di un vero e proprio referendum popolare europeo che tenesse conto del risultato elettorale nel suo complesso. Pur essendo di indubbio fascino, una tale proposta si sarebbe infatti scontrata con tutta una serie di ostacoli giuridici interni ai singoli ordinamenti che avrebbero richiesto tempo e complesse procedure per venir rimossi. Resta il fatto che proprio quel presupposto di legittimità, costituito da un atto fondante ascrivibile alla volontà popolare, manca alla Costituzione europea che oggi appare, come qualche acuto osservatore ha sostenuto, più una "Costituzione per gli Stati" piuttosto che una "Costituzione per i cittadini europei". Insomma quello che si sta costruendo è qualcosa di unico che resta tuttavia un ibrido dall'identità non chiara. Se poi consideriamo il contesto di estrema difficoltà economica che sta vivendo un po' tutto il vecchio continente e il risorgere di spinte nazionaliste all'interno degli Stati, capiamo perché hanno gioco facile coloro che sono ostili all'Europa, all'euro e, quindi, alla Costituzione. Se le cose stanno così, allora in questi giorni si sta palesando il vero problema dell'Europa: colmare il baratro che separa la "Piazza" dal "Palazzo" europeo con le sue fredde e lontane istituzioni. Se non si fornisce subito una risposta politica adeguata crescerà sempre più il malcontento e il rigetto verso l'Unione Europea. Non sorprendiamoci quindi se proprio per volontà del popolo si corre concretamente il rischio di perdere per strada pezzi fondamentali senza i quali sarebbe oltremodo ridicolo pensare l'Europa. Oggi non possiamo far altro che sperare nell'esito dei referendum francese. Ma il giorno dopo la sua celebrazione si dovrà compiere una concreta accelerazione sulla strada di un'unità politica ancora estremamente lontana, ma sempre più necessaria. Per ottenerla serve la volontà politica, che però non sembra essere così forte. Rimangono quindi tutti gli interrogativi: come possono i cittadini sentire l'Europa come la propria terra, le istituzioni europee come luogo dove si dibattono problemi reali e l'euro come la propria moneta, senza un'Unione dalle caratteristiche più politiche e meno tecniche? Come si pensa di affrontare adeguatamente le sfide economiche e di sicurezza che la globalizzazione pone oggi all'ordine del giorno se non si supera il deficit di politica che si registra all'interno delle istituzioni europee? Giovanni Postorino Segretario Nazionale FGR |