"Avanti" 13 marzo 2003

Procreazione assistita e storici steccati

di Antonio Del Pennino

Sono in atto in questi giorni forti pressioni per giungere all'approvazione da parte del Senato del disegno di legge relativo alla procreazione medicalmente assistita nello stesso testo che è stato licenziato dalla Camera.

Sono pressioni che partono da oltre Tevere, ma che formalmente si manifestano in prese di posizione di diversi esponenti della maggioranza e della Margherita.

Si afferma da parte dei sostenitori del "ne varietur" che il testo approvato a Montecitorio rappresenta già un punto di compromesso e che ogni modifica farebbe saltare l'equilibrio raggiunto.

Si tratta di asserzioni prive di fondamento.

In realtà, l'articolato trasmesso al Senato dall'altro ramo del Parlamento parte da un'affermazione di principio, quella della difesa dei diritti del concepito e dell'intangibilità dell'embrione, da cui si fanno discendere una serie di disposizioni che portano a sacrificare altri diritti costituzionalmente garantiti come quelli relativi alla libertà di ricerca e alla salute della donna, che dovrebbero essere, invece, parimenti tutelati.

Si consente, infatti, la ricerca e la sperimentazione sugli embrioni solo se si perseguono finalità terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, vietando ogni altro tipo di ricerca anche sugli embrioni già esistenti, ma non utilizzabili per l'impianto.

Si proibisce la clonazione terapeutica infliggendo un duro colpo alla ricerca sulle cellule staminali che appare una speranza per un elevato numero di malati.

A parte il divieto di fecondazione eterologa, poi, si afferma che la volontà dei soggetti di accedere alle tecniche di procreazione assistita può essere revocata da uno di loro fino alla fecondazione dell'ovulo, eliminando l'utilità di ogni diagnosi preimpianto che consenta la selezione degli embrioni sani da quelli malati prima del trasferimento in utero. Nei confronti della donna, che dopo la fecondazione dell'ovulo non potrà più modificare la scelta di ricorrere al concepimento se non attraverso l'aborto, questa norma configura, addirittura, l'imposizione di un trattamento sanitario in violazione dell'art. 32 della Costituzione.

Infine per evitare il rischio di creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto si vieta la crioconservazione e si prevede che non si possano fecondare più di tre ovociti in ogni ciclo di concepimento assistito e che tutti e tre debbano essere contestualmente trasferiti in utero.

Questa norma implica gravi pericoli per la salute della donna e degli eventuali gemelli, che sono stati evidenziati nel corso della audizioni al Senato da tutti gli scienziati ascoltati.

Ricorderò solo come il prof. Gianaroli abbia ricordato che con " questa norma il legislatore italiano, imporrebbe al medico l'obbligo di utilizzare una metodologia non solo non ottimale, ma addirittura tale da essere contraria alla deontologia e all'etica medica. In qualunque campo della medicina e della chirurgia, una pratica che adotta una metodologia che diminuisce le possibilità di successo rispetto a quelle che potrebbe garantire, sarebbe passibile di denuncia alla autorità giudiziaria per quella che comunemente si definisce malasanità".

Se laicamente riconosciamo che un approccio al problema della procreazione medicalmente assistita non può ignorare le convinzioni dei credenti, dobbiamo peraltro ribadire con fermezza che è inaccettabile la pretesa di mantenere nel relativo testo di legge norme in contrasto con tutte le indicazioni scientifiche e che sono pericolose per la salute delle donne.

Con simili pretese si rischia solo di far risorgere "storici steccati."