Terrore e politica

di Davide Giacalone

Il terrorista è il pericolo, è il nemico. Il terrorista è la forza delle armi contro la debolezza della normalità. Metterli in galera è il minimo, ma se anche li si ammazza in un conflitto a fuoco, be', se la sono cercata e meritata. Della morte di Mario Galesi non me ne frega niente, mi spiace solo che lo abbiano ammazzato dopo che Emanuele Petri era stato colpito.

Guardo la foto della Lioce, questa cicciottela funzionaria del crimine, leggo quel che trapela del documento da lei redatto, ed i conti non tornano. Quella donna è pazza, come i suoi presunti compagni. Andare a dare la morte, andare a rischiare la vita, per combattere contro lo stato dei padroni, contro il capitalismo, è come fare attentati proclamando "Libera Cornovaglia", "Cornovaglia Libera". E' gente malata di mente.

Erano malati anche i Morucci, le Faranda, i Curcio? Meno, erano degli esaltati, avevano smarrito il senso della realtà, erano, naturalmente, dei criminali, ma il loro incubo era la tinteggiatura forte e monocromatica di un quadro che aveva un seguito largo: un giorno il capitalismo crollerà, con tutte le sue teorie e pratiche di dominio e sopraffazione, lasciando il passo al comunismo, alla vittoria dei popoli e dei proletari. Questa stronzata la sostenevano loro, ma la sostenevano anche non pochi signori ben vestiti, a modino, seduti in Parlamento, la sostenevano esponenti del mondo delle arti e della cultura. Insomma, diciamo che loro, i terroristi, erano i superfessi che ci avevano anche creduto.

Ma la Lioce ed il suo appello alle masse arabe oppresse, da mettere in relazione con il proletariato urbano, sfoggia un delirio che, per alimentarsi, abbisogna di miti inimmaginabili. Il proletariato urbano, intanto, non esiste, c'è, semmai, l'inurbazione del disagio e della povertà. A cosa crede, la Lioce, che aspirino i malcapitati metropolitani? Vogliono potere accedere al mondo della sicurezza, del benessere, dei consumi. Hanno il diritto di sperarlo, ed hanno il diritto di accedervi. Le figlie di quel mondo aspirano all'esatto contrario della realtà femminile araba. I figli di quel mondo vogliono vivere, vogliono vivere bene, non fare i suicidi per vedere più in fretta il meraviglioso volto del creatore.

Se le parole della Lioce significano che un qualche canale di finanziamento si è aperto, che qualcuno, arabo o non arabo, immette quattrini nelle vene di questi pazzi, allora grazie per lo spunto investigativo e si approfitti dell'attuale consonanza di vedute con gli Stati Uniti per mettere a frutto ogni notizia d'intelligence. Ma se si tratta di un programma politico, allora, costatatane la demenza, occorre rintracciarne l'origine.

E l'origine l'abbiamo sotto gli occhi. Va da sé che ciascuno ha diritto di dissentire dalla politica del governo israeliano, coma da quella degli statunitensi, ma sarebbe ipocrita ignorare che una gran fetta della sinistra si schiera ancora, seguendo un terribile riflesso condizionato, all'attacco di quanti in Medio Oriente difendono l'unica grande democrazia: Israele.

Ancora ieri, con i cadaveri fumanti di Haifa, si è potuto parlare di "rappresaglia" israeliana. Ma di cosa è figlio questo vocabolario se non di un pregiudizio, quel pregiudizio che vuol vedere splendere sulla testa di Arafat la stella del difensore di un popolo, del suo diritto ad avere uno Stato ed un territorio; così ignorando che la politica di Arafat, la politica di Hamas, il terrorismo perpetuo contro la stella di David, è la causa della tragedia del popolo palestinese.

Dire che la Lioce è il braccio armato di una sinistra antiamericana ed antisraeliana, non ha senso, sarebbe più di una menzogna, sarebbe un'affermazione terroristica. La Lioce è matta, ma il metodo della sua follia ha padri e fratelli. Nessuna moda del politicamente corretto può impedirmi di vederlo e di scriverlo.

Roma, 10 marzo 2003