Ma la secolarizzazione non si arresta

"Chiesa, rivincita di troppo"

di Giorgio La Malfa

Caro direttore, sostiene Luigi La Spina, nel suo articolo del 13 marzo, citando la coincidenza di posizioni fra la Chiesa e il vasto fronte pacifista, nonché l'accoglienza calorosa ricevuta dal papa nel Parlamento italiano, che "all'alba del terzo millennio, stiamo assistendo alla grande rivincita della Chiesa, dopo gli ultimi decenni del ventesimo secolo caratterizzati da quel processo di secolarizzazione che sembrava irreversibile nella nostra società". Non sono d'accordo con questa osservazione, in primo luogo perché non vi è stata mai in questi anni una qualche riduzione del peso della chiesa italiana. In secondo luogo perché il processo di secolarizzazione, iniziato ben prima della fine del secolo scorso, non si arresta certo per avvenimenti di questo genere.

Come si può parlare di una rivincita della Chiesa cattolica nella vita italiana, dal momento che, salvo, forse, i decenni compresi fra l'unificazione nazionale e la prima guerra mondiale, essa ha mantenute inalterate o accresciute le sue prerogative? Con il fascismo la Chiesa stipulò un Concordato assai favorevole. Caduto il fascismo, essa ottenne, con il consenso del partito comunista, l'inserimento del Concordato nella Costituzione, rinnovato in seguito con un capo di governo socialista. La predominanza della Democrazia cristiana nella vita del Paese le ha assicurato una posizione di particolare riguardo. Quanto all'Italia degli ultimi anni, si assiste ad una corsa da parte di tutte le forze politiche a chi meglio si offre come tutore delle posizioni e delle idee della Chiesa cattolica. E' dunque molto difficile parlare di una rivincita di una Chiesa che nel nostro Paese, per lo meno, ha sempre rivestito un ruolo di assoluta dominanza.

E' invece a mio avviso un equivoco ritenere che le adesioni ed i consensi ricevuti dalla Chiesa possano fermare un processo di secolarizzazione originato dalle profonde trasformazioni della società contemporanea.

La secolarizzazione è figlia della fine delle società agricole, della crescita inarrestabile dell'urbanesimo e soprattutto del benessere economico che fa venir meno molte delle ansie a cui è collegato il messaggio religioso.

Ci sono molti altri e complessi processi, così forti ed intensi da porre la Chiesa davanti a degli interrogativi di fondo. Non a caso è riecheggiato spesso nelle parole del papa l'allarme per i danni etici del capitalismo, la perdita dei valori religiosi da parte dei giovani, il degrado spirituale della nostra società.

Tanto da pensare che l'attivismo del Vaticano nella crisi irachena, non sia soltanto ed esclusivamente basato sull'affermazione del valore assoluto della pace, ma anche su una componente politica connessa alla necessità di evitare l'affermazione di un modello di società che è, nelle sue radici e anche nei suoi risultati, un esempio compiuto di secolarizzazione: gli Stati Uniti d'America.

In sostanza, mentre può apparire che questa sia una fase nella quale la Chiesa riscontra conferme al suo messaggio evangelico, a me sembra di cogliere più il senso di un'angoscia per uno sviluppo delle società contemporanee che proprio attraverso i risultati da esse realizzati, rendono inarrestabile la secolarizzazione.

"La Stampa" sabato 15 marzo 2003