"Il Sole 24 Ore" 28 marzo/Jacques Delors
Le memorie del Commissario cui si devono i passi decisivi verso l'unificazione

"I 10 anni che hanno fatto l'Europa"

di Giorgio La Malfa

Nella visione di Jean Monnet, la Commissione Europea doveva rappresentare in nuce il governo federale dell'Europa. Jacques Delors ha presieduto la Commissione dal 1985 al gennaio del 1995. Il suo decennio segna l'apogeo del ruolo della Commissione come motore e guida dell'integrazione europea. Appartengono a questo periodo alcune fra le realizzazioni più importanti dell'intero processo di unificazione europea iniziato negli anni '50: il duplice allargamento della Comunità passata da 9 a 15 membri, la concreta attuazione del Mercato Unico, la liberalizzazione completa dei movimenti di capitale, il progetto dell'Unione Monetaria Europea, il Trattato di Maastricht, l'impostazione della strategia dell'allargamento dell'Unione ai paesi dell'Europa centro-orientale e molto altro ancora. Senza la tenacia, le qualità politiche e il prestigio personale di Delors, quei risultati non sarebbero stati possibili.

Le Memorie di Jacques Delors, apparse all'inizio di quest'anno in Francia, illustrano bene l'importanza della personalità del Presidente nel complesso giuoco di rapporti fra la Commissione, il Consiglio, i Governi nazionali ed il Parlamento Europeo. Conclusa l'era Delors, è iniziato il declino della Commissione cui si è sostituito Consiglio Europeo come centro della politica europea. Dallo schema federale si è passato a un debole schema confederale, la cui gestione, in un'unione di 25 paesi, appare molto difficile. E' dunque probabile che la presidenza Delors rappresenti il canto del cigno della concezione federale dell'Europa.

Delle molte vicende di cui si occupano le Memorie, vale la pena di soffermarsi sull'UME che è in fondo la realizzazione più ambiziosa, ma forse anche la più fragile dell'intero cammino europeo. Essa illustra bene le qualità politiche di Delors. Egli stesso si propose a Kohl nel 1988 come presidente del Comitato chiamato a studiare l'unione monetaria e fu sua l'idea di includere in esso i Governatori delle banche centrali associandoli, così, a un progetto volto a ridurre drasticamente le loro competenze. Ma il suo capolavoro fu riuscire ad evitare che, in questa vicenda, si coalizzassero l'ostilità della Gran Bretagna a ogni progetto sovranazionale e le perplessità della Bundesbank a unire le proprie sorti a quelle del resto dell'Europa. E tuttavia, egli oggi ammette che, per ottenere il risultato, vennero accettate delle regole perlomeno dubbie sul funzionamento dell'Unione Monetaria. Forse per questo, soprendentemente scrive che l'Atto Unico del 1985 costituisce il lascito più significativo della sua presidenza.

Nelle pagine del libro, vi sono numerosissime testimonianze delle riserve di Delors sulle regole dell'UME. Delors scrive che l'UME doveva avere due gambe, l'unione economica e quella monetaria, ma che sfortunatamente esso "ne marche en réalité que sur une seule jambe"(p. 337); ricorda che questo concetto fu espresso formalmente dalla Commissione in un parere scritto del luglio del 1990, aggiunge che in quel parere veniva proposto un meccanismo di sostegno per fronteggiare le situazioni di ‘asimmetria' economica fra i paesi partecipanti e conclude che sfortunatamente questa proposta "n'a pas été retenue"(p.342). Critica la rigidità dei parametri di Maastricht sulla spesa pubblica e ricorda di aver proposto di porre dei limiti alle spese correnti, ma non alle spese in conto capitale. Ammette, però, di non avere dato battaglia su questo punto, anche perché "elle était perdue d'avance et nous avions d'autre points à faire passer" (pag.345).

Nella parte finale delle Memorie emergono poi delle riserve sullo stato attuale dell'Europa e, si direbbe, anche sui propositi di accelerarne l'unificazione. Delors si domanda per esempio : "la reforme institutionelle constitue-t-elle un remède miracle lorsque n'existe pas une volonté commune ni a fortiori un accord profond sur les principes et les bases d'une politique étrangère?" (pag. 356). Insiste sulle cooperazioni rafforzate fra i paesi che sono pronti a procedere insieme in certi campi, anche se questo indirizzo, se seguito, dividerebbe ancor più l'Europa.

A parte il loro straordinario interesse, letterariamente le Memorie non sono molto belle: evidentemente sono scritte dallo stesso Delors, ma intercalate da domande di un giornalista, di cui non si sente una particolare necessità. Esse tradiscono una certa amarezza, soprattutto verso il partito socialista dal quale egli sa di non essere amato e forse un desiderio di tornare alla vita politica. L'introduzione si chiude con un accenno ai suoi engagements di oggi e di domani. Ma tutto questo non importa. Resta la testimonianza di quella che rimarrà, con Walter Hallstein, la personalità più eminente che abbia guidato la Commissione Europea dalla sua istituzione ad oggi.

(Jacques Delors, Mémoires, pagg. 511, Plon, 2004, 25 euro)