Salvacalcio

Dione Crisostomo, un filosofo per i giorni nostri

Meno male che questa domenica non è successo nulla di strano o di grave intorno al "mondo del pallone", ché si veniva da una settimana infuocata di polemiche sportive e politiche, interrogatori e fermi, avvisi di garanzia, decreti preparati e poi ritirati. Per giorni il calcio ha conteso l'apertura dei quotidiani e dei telegiornali alle notizie circa la grave situazione internazionale e le riforme sull'ordinamento dello Stato nel nostro Paese.

A mio avviso il problema finanziario nel calcio è causato anche da una grave decadenza morale. Dicendo questo non voglio in alcun modo criminalizzare il business sportivo. Sta di fatto che molti dirigenti delle società calcistiche hanno gestito le loro imprese senza badare all'equilibrio finanziario, portandole sull'orlo del fallimento. Hanno compiuto investimenti folli, in maniera del tutto irrazionale e senza un minimo di rigore, elevando eccessivamente gli stipendi dei calciatori, senza peraltro poter adempiere, in alcuni casi, al pagamento degli stessi e ai doveri fiscali connessi. Il Governo fa bene, quindi, a non intervenire per salvare chi ha ignorato in questi anni tutte le più elementari norme per una corretta gestione societaria e, a causa di ciò, ha contratto gravissimi debiti con il fisco.

Non posso non condividere quanto sostenuto dall'on. La Malfa la scorsa settimana. Infatti, credo che attraverso interventi una tantum non si possa giungere a risolvere problemi che sono essenzialmente di sistema. Ritengo che se vi deve essere un intervento statale, senza che si configuri come aiuto di Stato che in quanto tale è vietato dalle norme europee, quest'intervento deve essere finalizzato, da una parte, a ridisegnare i contorni del settore sportivo-calcistico attraverso chiare norme di ordine organizzativo e finanziario, ma, dall'altra, a punire quelle società che hanno violato violano o violeranno le regole, e non salvarle. Insomma, norme chiare e, soprattutto, controlli severi sulla gestione delle società; ma anche parametri precisi (per esempio, il tetto degli ingaggi e il numero limitato dei giocatori) al fine di tutelare le squadre cosiddette minori (una sorta di garanzia della concorrenza anche nel mondo sportivo). Ma la decadenza morale è anche di certi ambienti del pubblico calcistico e desta preoccupazioni d'ordine sociologico, oltre che di ordine pubblico e sicurezza. Tutte quelle riflessioni sullo spirito agonistico come espressione di valori fisici e morali, essenza stessa dell'uomo in costante "lotta" con se stesso e con gli altri uomini, e sulla sana voglia di trascorrere qualche ora della settimana lontano dagli stress e dalle preoccupazioni che ci accompagnano ogni giorno, possono apparire dei banali luoghi comuni. Ma dopo quanto è accaduto nel derby della capitale della scorsa settimana non dovrebbero essere più considerati tali, soprattutto se si pone mente alle gravissime conseguenze per l'incolumità pubblica che si sarebbero potute verificare. Lo sport va vissuto con una rinnovata e sana voglia di divertirsi, tifando pure con passione ma senza mai prendersi troppo sul serio. Ed invece…

"Questa città è vittima di una strana malattia, diventa folle di passione per le corse dei carri…gli abitanti di essa, che nella loro vita, negli affari, nei rapporti familiari non danno alcun segno di morbosa stranezza, appena entrano in uno stadio…si scordano di tutto il passato e di sé, e non arrossiscono nel fare le cose più strane ad immaginarsi; e quello che è più curioso, essendo andati…per vedere, non guardano; essendo andati per udire, non ascoltano; insomma…sembrano colti da follia…Certo se in luogo dei cavalli foste sferzati voi stessi dai flagelli delle tragedie, il vostro furore non potrebbe essere più straordinario e violento…anche se qualcuno degli dei vi si mostrasse avanti e vi dicesse: sciagurati, perché vi agitate tanto? Perché tanta follia? Non…è in gioco il destino del regno o della moglie o della vostra vita. Questi atleti, vincitori o vinti, sono vilissimi servi che gareggiano per vile moneta…Quale il rimedio per la vostra follia?…E quale nume potrà mai guarirvi?".

Queste parole sono di Dione Crisostomo, filosofo del I sec. d.C., che aveva assistito al folle furore del pubblico per uno sport molto in voga a quel tempo (le corse dei carri), come noi abbiamo assistito alla follia scatenata da un altro sport oggi molto in voga (il calcio).

Cos'altro aggiungere? Se non che, ora come allora, l'unico nume per questi "sciagurati" è l'Educazione?

Giovanni Postorino