Violenze e attentati contro i sindaci tra cui il presidente dell'Anci/Ucciso il padre del primo cittadino di Burgos in Sardegna e attentato incendiario a Massafra

Dal potenziamento dei consigli risposte preventive

Nei giorni scorsi tre episodi di violenza hanno colpito alcuni sindaci: nel primo è rimasto ucciso il padre del sindaco di Burgos in Sardegna, nel secondo un pacco bomba è stato recapitato, a Palazzo Vecchio, al sindaco Domenici, nel terzo è stato dato fuoco al portone d'ingresso dello studio del primo cittadino di Massafra in provincia di Taranto.

L'episodio più rilevante, anche per l'esito letale, è quello della Sardegna, dove il padre del sindaco è stato dilaniato da un ordigno collocato davanti alla sua abitazione e chiaramente destinato al figlio sindaco, in precedenza già bersaglio di numerosi attentati. Per questi motivi, e per la denuncia dello stesso sindaco, il piccolo comune del sassarese era stato inserito nei progetti pilota , assieme a Lula, Orgosolo e la Barbagia, del Programma operativo nazionale "Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno" del Ministero dell'Interno.

Il pacco destinato al sindaco di Firenze non ha avuto fortunatamente conseguenze, anche se ha prodotto maggiore eco sulla stampa per la notorietà di Domenici che è anche presidente dell'Anci, l'associazione nazionale dei Comuni italiani, e quindi l'episodio potrebbe inserirsi nella sequenza degli altri pacchi esplosivi recapitati negli ultimi tempi, a personalità della politica. L'intimidazione al sindaco di Massafra, che svolge la professione di architetto, è un classico che richiama la lunga sequenza di violenze e intimidazioni indirizzati contro gli amministratori locali in tutto il Paese, con modalità e caratteristiche simili.

Un filo conduttore collega, comunque, questi tre episodi , in sé diversi per modalità, esiti e geografia dei luoghi dove sono avvenuti, e ne fa uno spaccato rappresentativo dei pericoli del mondo delle autonomie locali. Superato, pertanto, il primo momento della solidarietà e dello sdegno è necessario compiere una riflessione approfondita e dare una risposta adeguata.

La prima domanda che dobbiamo porci riguarda il motivo per cui tali episodi siano indirizzati, quasi esclusivamente, contro gli amministratori locali e non invece i verso i rappresentanti elettivi degli altri livelli istituzionali.

La risposta non può che evidenziare il rapporto diretto che lega, in misura maggiore di altre, l'attività degli amministratori ai cittadini. La conseguenza di tale vicinanza porta gli amministratori ad essere maggiormente esposti a possibili reazioni da parte di chi si sente, più o meno giustamente, danneggiato da una decisione del comune. Anche se gli amministratori si trovano a dover applicare scelte legislative prese in sedi diverse e da altri soggetti (parlamentari, consiglieri regionali) ad essere chiamati in causa sono sempre coloro che si trovano in prima linea.

Ma c'è qualcosa che ha reso in questi ultimi tempi più "esposti" gli amministratori a possibili atti di violenza ed è la natura dell'ente locale che, ha subito sul piano legislativo e delle funzioni modificazioni profonde che lo hanno trasformato in un vero e proprio "ente economico", in grado di produrre effetti diretti e indiretti sulle attività finanziarie dei cittadini.

L'elezione diretta del sindaco, le cosiddette leggi Bassanini sulle responsabilità dei funzionari, hanno aumentato la capacità operativa della macchina comunale ma hanno anche, di fatto, svuotato il consiglio comunale da quella funzione politica di indirizzo e controllo e di alta mediazione che sottraeva la soluzione dei problemi sul tappeto ai pericoli, in ogni senso, di logiche personalistiche. In questo vuoto, che espone gli amministratori alla solitudine e ad ogni possibile reazione, si inseriscono quelle forze che credono di poter ottenere qualsiasi cosa, anche la meno lecita, piegando con la violenza e l'intimidazione la forza delle norme e l'autorità delle leggi.

In occasione di episodi di violenza contro amministratori vengono, come momento di reazione e di solidarietà, convocati consigli comunali "aperti" alla partecipazione dei cittadini e delle forze politiche e sociali, ma occorre dire che la loro incidenza reale non va oltre la celebrazione di un rito. Il rafforzamento delle barriere contro il possibile ricorso alla violenza deve essere preliminare e deve passare dal potenziamento dell'azione collegiale degli organi degli enti locali, dall'utilizzazione delle commissioni consiliari d'indagine che gli Statuti volevano presiedute, addirittura, dalla minoranza e che invece non sono state nemmeno costituite, dalla convocazione con maggiore frequenza dei consigli comunali, chiamando alla discussione le associazioni dei cittadini e le organizzazioni di categoria. Nel dopoguerra, nel momento in cui si dava inizio al superamento del modello autarchico di comune ereditato dal fascismo, e si cominciava a costruire concretamente lo Stato delle autonomie, il Consiglio comunale rappresentava il momento centrale di tale progetto. Oggi, purtroppo, i consigli servono soltanto a ratificare scelte e decisioni prese altrove. Ma se non si riprende a costruire, pur nella diversità delle posizioni politiche, un momento unitario, con il quale superare le tensioni derivanti dalle diverse valutazioni dei problemi, gli amministratori saranno sempre più soli con le loro scelte ed esposti ad ogni possibile reazione. Convocare, dopo episodi di violenza, i consigli non serve a molto.

Pino Vita