Referendum sulla procreazione/Frosini: la scelta di una data in giugno è penalizzante

Il comitato promotore non può decidere sul giorno

La legge che non permette al Comitato promotore sui referendum di essere ascoltato dal Governo per fissare la data del voto è incostituzionale. Lo pensa Tommaso Edoardo Frosini, costituzionalista, avvocato del comitato promotore dei quattro referendum parzialmente abrogativi della legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita.

Professor Frosini, ormai sembra chiaro che il Governo proporrà come data per il referendum per abrogare alcune parti della legge 40 la prima settimana di giugno. Considera questo un errore da parte del Governo?

"La legge consente che il Governo possa decidere una data che sia tra il 12 aprile e il 12 giugno. Quindi c’è un lasso di tempo entro il quale il Governo è chiamato a pronunciarsi per indicare la data delle votazioni. E’ chiaro che fissando la data del 12 giugno viene penalizzata l’affluenza alle urne dell’elettorato. E’ noto a tutti che in quella stagione la gente, piuttosto che compiere il proprio dovere come elettore, anche per una consultazione referendaria, preferisce fare una gita al mare. Le statistiche sono chiare. Ogni volta che si va a votare a giugno l’affluenza è stata fortemente ridotta. Quindi, fissare la data il 12 giugno, vuol dire favorire questa tendenza a non partecipare in maniera massiccia ad una consultazione. Per giunta, nel caso del referendum, se non fosse stato raggiunto il quorum dei partecipanti al voto, il referendum sarebbe nullo. C’è questa forte penalizzazione".

Che tipo di rapporto dovrebbe esserci tra Governo e Comitato promotore del referendum? E’ stato un errore da parte del Governo costituirsi come parte avversa al referendum parzialmente abrogativo?

"Anche qui sarei più cauto e non attribuirei un errore all’esecutivo. In questo caso la legge consente al Governo di costituirsi, presentando delle memorie e facendo intervenire l’avvocato generale dello Stato nella Camera di consiglio che si è tenuta alla Corte costituzionale. Non è un errore. Diciamo che avrebbe potuto farne a meno. Dato l’esito favorevole al giudizio di ammissibilità questo intervento non ha avuto alcun effetto che il Governo sperasse. Non parlerei affatto di errore. Direi che i rapporti tra Comitato promotore, Governo e gli altri poteri dello Stato si muovono in un contesto paritario perché il Comitato promotore è esso stesso un potere dello Stato. E quindi dovrebbe essere messo alla pari del Governo, del Parlamento, del Presidente della Repubblica, di quelli che sono riconosciuti come poteri dello Stato. A mio avviso, l’effetto di questa situazione è che il Governo avrebbe dovuto, per correttezza costituzionale nei confronti di un principio, quale quello della leale collaborazione tra i poteri dello Stato, consultare il comitato promotore nel momento in cui dovesse indicare la data del voto referendario. Fino ad oggi, il Comitato promotore non è stato ascoltato sul punto e non è stato invitato al tavolo con il Governo a scegliere insieme la data più opportuna. In questo si è violato un principio di leale collaborazione che ci deve essere fra poteri dello Stato".

Nei precedenti casi di indizione di referendum, i Comitati promotori erano stati ascoltati o ha prevalso la logica della violazione del principio di leale collaborazione?

"Non sono mai stati ascoltati al punto che nel 1997 il Comitato promotore, allora composto da esponenti del Partito Radicale, sollevò un conflitto di attribuzione nei confronti del Governo proprio contestando la data fissata dall’esecutivo sulla consultazione referendaria. Proprio su questo si sta aprendo l’eventualità di un ulteriore conflitto. Nel caso in cui il Governo dovesse fissare per il 12 giugno la data del voto, l’idea è quella di provare a sollevare conflitto contro il Governo non tanto sulla data. In quel precedente del 1997 la Corte respinse il conflitto, lo giudicò inammissibile perché è discrezione del Governo individuare una data che vada da aprile a giugno. Non ci può essere un obbligo da parte del Governo di fissarla a maggio piuttosto che all’inizio di giugno".

Quale sarebbe il problema?

"Bisognerebbe sollevare un conflitto avente come oggetto il fatto che la legge sul referendum non prevede che debba essere ascoltato il Comitato promotore nella deliberazione della data del voto referendario. Quindi si dovrebbe chiedere un pronunciamento della Corte per incostituzionalità della legge nella parte in cui non prevede che sia ascoltato il Comitato promotore del referendum per quanto concerne la scelta della data. Il Comitato promotore, oltre ad essere potere dello Stato, e quindi parte nella dinamica delle scelte che attengono alla votazione del referendum, è sempre parte attiva nelle decisioni che riguardano il procedimento referendario. In Corte di Cassazione, nel momento del giudizio di legittimità, il Comitato promotore viene ascoltato e ad esso viene chiesto di presentare delle memorie scritte. In queste memorie scritte, il Comitato promotore suggerisce la denominazione dei titoli dei quesiti ed eventualmente contesta il caso di unificazione dei quesiti stessi come è avvenuto nel caso dei referendum parziali. La Corte di Cassazione (ufficio centrale per il referendum) aveva proposto di unificare due quesiti e aveva proposto delle titolazioni dei quesiti piuttosto originali. Il Comitato promotore, che era tenuto ad essere ascoltato, ha presentato i suoi argomenti contrari all’unificazione dei quesiti e ha presentato delle nuove proposte per la denominazione dei quesiti. Nell’ordinanza finale, la corte ha dato ragione al Comitato referendario.

La seconda tappa è quella della Corte costituzionale. Alla Consulta, il Comitato promotore è chiamato dalla legge a presentare delle memorie. Quindi è parte attiva in questa tappa del procedimento referendario. L’unica tappa in cui il comitato promotore non è parte attiva è proprio quella finale nel momento in cui avviene la fissazione della data del voto referendario. Questa omissione può essere considerata come una scelta incostituzionale. Il Comitato promotore è sempre e comunque un soggetto che contribuisce ad una serie di meccanismi attraverso i quali si svolge il procedimento referendario e viene a mancare proprio nell’ultima fase: l’indizione della data del voto. A mio avviso è possibile che venga dichiarata l’incostituzionalità della legge che non permette al Comitato promotore di contribuire a fissare la data del voto".

Che ruolo ha giocato il comitato invisibile del cardinale Camillo Ruini che punta sull’astensione dal voto?

"Ho letto sui giornali queste prese di posizione molto forti da parte del cardinale Ruini. Va detto che ci sono gruppi consistenti di cattolici che non solo invitano ad andare a votare, ma premono per il ‘Sì’ al referendum sulla legge 40. Quindi è una posizione che dimostra come all’interno del mondo cattolico non sono tutti uniformati sulla base di quello che il cardinale Ruini ha voluto dire. Anzi, all’interno del mondo cattolico ci sono coloro che sostengono non solo di andare a votare, ma di farlo anche per abrogare le norme sulla procreazione assistita. Non so se i cattolici risponderanno in modo compatto all’invito all’astensione dal voto da parte di Camillo Ruini".

(intervista a cura di l. p.)