L’economia si affronta con condizioni politiche adeguate Intervento pubblicato sul "Corriere della Sera" dell’8 marzo 2005. di Giorgio La Malfa Caro direttore, condivido anch’io le perplessità del professor Nardozzi su ambedue le alternative proposte nel dibattito sul patriottismo economico aperto dall’articolo di Tommaso Padoa Schioppa. Anche se si ritenesse efficace, come sembra ritenere Giulio Tremonti, una politica protezionistica, essa non sarebbe praticabile se non uscendo dall’Unione Europea. Ed è chiaro che questa ipotesi non sta in piedi. Altrettanto difficile, come ha osservato il professor Giavazzi, trasformare l’Italia nell’Inghilterra. A volerlo fare si rischierebbe puramente e semplicemente la deindustrializzazione del paese. Non resta quindi che cercare di consolidare i punti di forza dell’economia italiana tendendo conto - conclude Nardozzi - che "l’unione fa la forza". Concordando in pieno con questa impostazione, pongo un quesito di ordine politico: è il sistema bipolare nel quale siamo immersi da oltre dieci anni a questa parte in grado di affrontare con l’impegno e la coerenza necessarie lo sforzo di rilanciare l’economia italiana superando le vecchie debolezze aggravatesi in questi ultimi anni? O invece è da una modifica di questa condizione politica che bisogna partire? Ho riflettuto a fondo su questo problema, e la mia conclusione è che il sistema bipolare ha generato e genera inevitabilmente Governi deboli, dal momento che per vincere le elezioni le coalizioni debbono estendersi fino a comprendere forze fra loro così diverse da risultare sostanzialmente incomponibili. Esattamente alla stessa conclusione è giunto Giovanni Sartori sul Corriere qualche giorno fa. In alcuni campi il problema può essere superato dalla sintesi operata dal capo della coalizione. In campo economico, no, perché le preoccupazioni elettorali dei vari segmenti di ciascuna coalizione sono devastanti e paralizzanti. Il bipolarismo fa sì che componenti delle due coalizioni che hanno molto in comune si debbano collocare su fronti opposti. Esso indebolisce le capacità e le volontà riformatrici presenti in ambedue gli schieramenti. Le riforme presuppongono uno spirito severo, mentre la ristrettezza delle maggioranze lo sconsiglia e comunque lo rende suicida sotto il profilo elettorale. Questa situazione è destinata a ripetersi, probabilmente aggravata, nella prossima legislatura, quando i margini di successo della coalizione vincente saranno probabilmente affievoliti rispetto alla situazione registrata in questa legislatura. Credo che quando guarderemo la storia dell’Italia nei 60 anni che vanno dalla fine della guerra ad oggi, scopriremo che la debole prima Repubblica ha sollevato un paese poverissimo fino a farne la sesta potenza economica del mondo, mentre la seconda lo sta facendo precipitare verso il centro della classifica. Il problema economico può essere affrontato solo creando le condizioni politiche adeguate. Poiché le elezioni politiche del 2006 sono vicine, non è possibile mutare oggi le condizioni nelle quali si va verso quella scadenza elettorale. Ma domani, penso esattamente dopo che quelle elezioni si saranno svolte e quale che ne sarà l’esito, bisognerà fare i passi necessari per affrontare i problemi. |