Due settimane alle elezioni/Mancano i grandi progetti nazionali e il clima è avvelenato Lo spettro del pareggio e delle sue conseguenze di Giovanni Pizzo Siamo ormai a pochi giorni dal voto, e quella che era una sensazione, più volte rimarcata da queste colonne, diventa sempre più una frustrante realtà: questa politica non ha né la forza né il coraggio di guardare in faccia la realtà, e, di conseguenza, elude i veri problemi del Paese. Ciascuna delle due coalizioni, cosciente di non poter dire la verità, tenta di conquistare il consenso degli elettori passando per la loro "pancia" e non per il cervello. Per fare ciò il sistema è antico quanto il mondo: si esasperano i toni, si ideologizza tutto, si crea un clima avvelenato da "guerra civile" latente facendo intravedere agli avversari - futuri sconfitti - catastrofiche conseguenze, al limite della eliminazione fisica, epurazioni e vendette, tanto che taluni, fra il serio ed il faceto, annunciano che potrebbero andare in esilio all'estero se vincesse la parte nemica! Da questa atmosfera mefitica sono riemersi termini che speravamo fossero stati sepolti assieme agli anni tristi della vera guerra degli anni di piombo: riecco quindi la "mobilitazione antifascista" e lo "squadrismo fascista", "l'emergenza democratica", avversari con "mani grondanti di sangue", piazze negate per motivi di ordine pubblico, perfino l'accusa al Governo americano di "alimentare obliquamente un clima di angoscia" solo perché ha avvertito i propri cittadini presenti in Italia che esiste un rischio attentati, cosa del tutto ovvia visti i precedenti della Spagna. Questa maccheronica "strategia della tensione" (non la ricerca di un grande progetto nazionale per uscire dal tunnel su cui trovare un largo consenso sociale), sembra essere l'unica cosa veramente bipartisan che cogliamo dalla campagna elettorale. D'altra parte, come ha crudamente messo in evidenza il "Financial Times", la cura per rimettere il Paese nella giusta carreggiata sarà durissima e, secondo quella autorevole testata, impossibile da sostenere socialmente per entrambe le coalizioni, perché bloccate da troppi interessi settari. Certo non si può negare questa cruda realtà; di fronte a cure del tipo "o si migliora nettamente la produttività o si aggiustano fortemente i salari per un periodo molto più lungo di quanto ha fatto la Germania oppure si procede a tagli occupazionali" non c'è tanto da sperare da coloro che non l'hanno potuta applicare fino a questo momento e, soprattutto, da una "scalcagnata coalizione" il cui leader si dichiara in piena sintonia con la più potente delle corporazioni di questo paese, la Cgil, il cui progetto politico è, semplicemente, il contrasto pregiudiziale di quelle politiche. "Povera questa Italia, davanti al baratro costretta a scegliere a chi affidare il proprio futuro in questo panorama": lo abbiamo scritto sulla "Voce" del 28 febbraio, azzardando l'ipotesi che dalla "pancia" degli italiani potesse uscire un pareggio che costringa questi personaggi a rimboccarsi le maniche per definire un programma di massiccia trasformazione della struttura economica del Paese, sostenuto dalle forze più responsabili presenti in entrambe le coalizioni, per essere socialmente sostenibile, senza che ciò debba essere considerato scandaloso, visto che la Germania ha scelto questa strada. Anche per il "FT" "a grand coalition could solve Italy's problems", ma qualcuno, forse subodorando tale possibilità, ha già fatto sapere che se ci sarà il pareggio si dovrà tornare alle urne. Vogliamo pensare che si tratti solo di una affermazione scaramantica: sarebbe veramente un atto rivoluzionario, di insubordinazione del ceto politico contro il popolo se, dopo una regolare elezione, gli eletti si rifiutassero di eseguire il mandato ricevuto e imponessero al popolo un secondo pronunciamento. Come dire: siccome questa soluzione non ci sta comoda, allora ritentate! Roba da pazzi! Ve la immaginate la seconda campagna elettorale come sarebbe? E, se, come è logico supporre, il popolo confermasse la sua opinione, cosa si dovrebbe fare? E' evidente che siamo di fronte ad una classe politica inadeguata al livello dei problemi e immatura per affrontare un sistema maggioritario con alternanza, trasformato in una continua resa dei conti dell'uno contro l'altro, protesa solo alla (ri)conquista del potere. Chi è il nostro Schroeder, che, pur sapendo di poter vincere con certezza imbarcando la sinistra radicale, ne rifiuta l'alleanza per non sottostare al condizionamento di un programma inadatto a mantenere il paese in linea con il mondo sviluppato, accetta il rischio di perdere le elezioni e ripiega, dopo averle non vinte, sulla grande coalizione come soluzione di "emergenza nazionale"? |