Alleanza tra le forze laiche/Un'ipotesi su cui lavorare, ma solo per il futuro

Sperimentare ancora la collaborazione con la CdL

Sull'argomento delle alleanze trai laici, pubblichiamo oggi l'intervento di Riccardo Bruno. Contiamo, su un tema per noi così importante, di proseguire il dibattito.

di Riccardo Bruno

Capisco perfettamente le ragioni per le quali l'amico Davide Giacalone ostenti una sorta di insofferenza all'idea di una semplice difesa del simbolo e dei valori del Partito repubblicano per le prossime elezioni europee. La presentazione della lista repubblicana gli appare come la ricerca di un consenso perduto, una conta dei fedeli in un mondo di profani, in grado di offrire, in questo modo, ben magri risultati. Egli tra l'altro (l'ho ascoltato nel suo intervento al Congresso radicale e lo ha ripetuto nel suo articolo sulla "Voce" del 6 novembre) agita un tema politicamente degnissimo, quale quello dell'insoddisfazione repubblicana, a destra come a sinistra, per gli attuali schieramenti politici. Su questo Giacalone ha ragione: i repubblicani sono insoddisfatti per l'attuale bipolarismo e dunque devono riflettere bene su cosa fare, perché una volta abbandonata una coalizione per un'altra, non sarà possibile tornare indietro. E allora occorre guardarsi intorno, ed elaborare un progetto.

Giacalone pensa fondamentalmente ad un progetto di governo, ma potremmo anche mettere a punto un modello culturale, di concezione dello Stato, una riflessione sull'equilibrio fra ammodernamento e conservazione. Perché, oltre al problema del programma di governo, che è tale da scontentare sempre una o più di una componente della coalizione, abbiamo avvertito in questi anni un appiattimento della nostra società verso un conformismo che ha toccato picchi di "omologazione" ben superiori a quelli che il povero Pasolini poteva immaginarsi. Allora la nostra idea di Repubblica deve poter contenere il valore e l'idea della "diversità" e della differenziazione, una definizione della stessa che non può ridursi al modello di chi sgobba tutta la giornata e poi si rimbecillisce con qualche programma televisivo la sera.

La Repubblica deve estendere gli spazi di partecipazione popolare alla cosa pubblica e non restringerli, deve saper combattere i processi atomistici – ricordate la critica alla democrazia di Tocqueville? - che una società sviluppata e specializzata propone a suo uso e consumo, non può rischiare di disperdere il rapporto fra cittadino elettore ed eletto, per pigrizia o disinteresse.

Anche per questo è sempre bene guardare con interesse e simpatia a movimenti che cercano una loro affermazione su temi ed esigenze in cui credono. Meglio se poi questi hanno qualche comunanza con un punto di vista elaborato politicamente come è il nostro, cosa che non capita con i no - global, ma può forse capitare con i radicali. Di più, possiamo dire che avendo il Pri difeso dei valori importanti della società in questi anni, non possiamo non porci il problema di offrire una sponda a tutti coloro che, magari provenienti da storie diverse, con altre destinazioni ideali, trovano comunque una sintonia con le nostre battaglie.

L'unica remora che mi impedisce di abbracciare completamente la posizione di Giacalone, è dettata dalla particolare condizione del Partito repubblicano, che è ancora debole, in una fase di riorganizzazione in cui la segreteria e la presidenza sono impegnate al massimo delle loro possibilità. Così come non posso astenermi dalla valutazione sull'attualità politica contingente.

Il primo aspetto mi suggerisce di impegnarmi in uno sforzo di rafforzamento del mio partito, per poter andare al confronto con altre forze senza che esso sia considerato troppo debole per una presa di posizione autonoma. I radicali, ad esempio, hanno conseguito un 8 per cento nelle ultime europee. Noi lo 0,5, ed il deputato che abbiamo eletto se ne è andato per proprio conto. Quindi non vorrei, con tutto il rispetto verso il movimento radicale e le singole personalità del mondo laico e liberale a cui ci si potrebbe rivolgere, che ci si considerasse troppo deboli per intraprendere qualunque sforzo. E questo (io non so se è degno degli intenti di Comunione e Liberazione), lo penso esclusivamente perché desidero vedere una ripresa del Partito repubblicano che si fa carico di un progetto e di un programma generale, e non lo subisca.

La seconda remora mi dice che il nostro rapporto con la Casa delle Libertà non è ancora completamente esaurito e soprattutto, per quanto possa essere insoddisfacente, non è negativo. E quindi vorrei, prima di avventurarmi in una sorta di esperienza terzaforzista, esprimere un giudizio circostanziato su questa esperienza che ancora non è finita, forse è nel pieno del suo corso e ci trattiene nella formulazione di un giudizio netto. In questo Giacalone mi pare un po' troppo impaziente. All'amico Vita, poi, riconosco la piena validità delle sue argomentazioni sui disastrati tentativi di unità delle forze laiche, ma non ne farei un dogma: mi pare che anche Mita in proposito sia più possibilista, nel senso che non c'è una scienza della politica ad impedire che una lunga frustrazione non si possa risolvere nel secolo venturo. Se si è convinti della bontà di una strada, la si percorre anche nonostante le avversità che la condizionano. Aggiungo solo una cosa: io nell'89, semplice iscritto al partito, fui convinto della bontà della scelta del polo laico e guardando al risultato, 4,4 per cento, non lo consideravo nemmeno troppo spregevole, vista la nostra forza di allora. Il problema, a mio avviso, fu tutto politico, e cioè dettato dal movimentismo del nostro alleato Pannella che, appena noi prendemmo una posizione in dissonanza con il governo, si precipitò a trovare un'assonanza proprio mentre noi stavamo distanziandoci. Nessuna polemica a posteriori, per carità, siamo tutti liberali, ma una definizione politica di un nuovo soggetto in caso di alleanza fra forze liberali andrebbe in qualche modo assicurata. Almeno per non perdere la faccia il giorno che fosse varata l'eventuale e sospirata alleanza.