Il Pri per l'Europa interatlantica/Lavorare per il bipolarismo, non per il bipartitismo

Guardare ai partiti delle democrazie occidentali

Sull'argomento delle alleanze trai laici, pubblichiamo oggi l'intervento di Mauro Mita. Contiamo, su un tema per noi così importante, di proseguire il dibattito.

di Mauro Mita

Nella puntuale ricostruzione dei diversi tentativi volti ad unire i partiti laici in una unica formazione politica, Pino Vita, con una punta di malcelato pessimismo, lascia intendere che ripresentare oggi, nei mutati scenari di un bipolarismo incompiuto lo stesso disegno più volte fallito, sarebbe una ennesima fatica di Sisifo. I laici come i cattolici, sono oggi presenti nei due schieramenti della democrazia dell'alternanza; e inseguire l'utopia (ossia "la terra che non c'è") dell'unità dei laici è speculare alla nostalgia dell'unità dei cattolici, dispersi come sono nei vari frammenti delle due coalizioni, entrambe segnate da un deficit di coesione e di omogeneità che si coglie ogni giorno con mano.

La metafora dell'eterogeneità e della confusione che caratterizzano sia l'Ulivo che la Casa delle Libertà si legge nelle difficoltà che i due schieramenti incontrano nel cammino di pervenire alla formazione di due rispettive liste uniche per le elezioni europee di giugno.

Certo, non è detto che quello che per i laici non è stato possibile ieri, mentre è stato realizzato dai cattolici attorno alla Democrazia cristiana fino alla "rivoluzione giudiziaria" dei primi anni '90, non sia fattibile domani. Ma siccome la storia, come già osservava Paul Valéry con l'intuito del poeta, "è l'arte e la scienza delle cose che non si ripetono", così anche la politica è creazione continua di fatti inediti. Sarà un dettaglio, come nella scala dell'evoluzione, a creare quel fatto nuovo che fece sulle rovine del pentapartito il "miracolo" di Forza Italia. Ma non c'è cosa più insensata che mettersi in coda nella prenotazione per la successione a Berlusconi. E' come comprarsi un biglietto per quella "trattoria dell'avvenire" di cui parlava Mario Pannunzio. Non è questo l'esercizio che si addice ai repubblicani dinanzi al dilemma se esistere o sparire. Esistere come, dove, con chi? Tutte domande che presuppongono una lucidità di analisi di una realtà in movimento sullo sfondo di scenari dagli orizzonti perennemente mobili in quella sorta di deglaciazione ancora in atto seguita al crollo del muro di Berlino e che ha prodotto in Italia la scomparsa dei dinosauri raffigurati da quel "bipartitismo imperfetto", Dc-Pci, che segnava il paesaggio della prima Repubblica. Il meteorite dell'11 settembre abbattutosi sulle torri gemelle di New York ha provocato, con l'emergenza della lotta al terrorismo, un altro sommovimento tellurico di portata planetaria che investe strategie geoeconomiche e geopolitiche che non risparmiano, insieme con l'Europa, la piccola aiuola italiana, nei suoi partiti e nelle sue istituzioni, chiamati a sintonizzarsi con quell' "Europa in costruzione" nelle grandi scelte di politica economica, di politica estera e di difesa. Ecco dove le "due Italie" del bipolarismo in evoluzione ­ o in involuzione ­ sono chiamate a misurarsi con scelte e programmi politici che sappiano dare risposte credibili e coerenti alle domande che vengono dalla globalizzazione dell'economia e dalla minaccia di quel nemico invisibile e senza frontiere che si chiama terrorismo.

Il Pri, partito dell'Occidente, coerente con le sue scelte che vengono da lontano, sa che l'Italia non può non essere a fianco di quell'Europa interatlantica che sin dall'immediato secondo dopoguerra, con Winston Churchill, ha guardato al "grande lago", nella elaborazione di quella Carta atlantica che vede negli Stati Uniti d'America l'altro pilastro di un unico edificio.

In una "due Italie" c'è una sinistra così variegata che, prigioniera delle sue frange alteromondialiste e radicali, per vincere la sua sfida elettorale contro il centro destra non può sconfessare quell'antiamericanismo ancestrale che accomuna "no global", girotondi, e quant'altri, tutti legati dal denominatore comune che il è "capitalismo" il nemico da abbattere. Non si può negare che anche nel centro destra vi siano pulsioni (la Lega e certe venature da "destra sociale") che vanno nel senso contrario alla omogeneità dei programmi e alla coesione nell'azione di governo. E' la ragione per cui fra le due coalizioni c'è quella immensa area del non voto che rende incerta la vittoria dell'una o dell'altra aggregazione. Ma puntare sul non voto per creare la "terza forza" è come inseguire la stessa illusione che non fece mai nascere, ed ha ragione Pino Vita, il partito unico dei laici a partire dagli anni '50. Se questa forza non ha mai visto la luce, vuol dire che qualcosa non andava. Non andava ieri, a maggior ragione non può andare oggi sullo sfondo di uno scenario bipolare che tende a uniformarsi ai modelli binari europei e non a quell'insieme frastagliato del "multi partitismo smoderato", figlio di un sistema proporzionale che ripristinato nelle forme antecedenti alle ventate referendarie degli ultimi anni '80 e dei primi anni '90, porrebbe l'Edera in serie difficoltà in quanto bisognerebbe conquistare un collegio pieno e raggiungere la soglia nazionale dei 300mila voti per concorrere all'attribuzione proporzionale degli altri seggi. Il bipolarismo europeo, nelle sue specificità nazionali, è un bipolarismo fondato su coalizioni omogenee informate a valori condivisi. Ciò che appunto manca all'Italia in questa infinita transizione che non può durare a lungo.

Il Pri, che in due congressi nazionali, constatata l'impossibilità di stare a sinistra, ha scelto il centro destra, si sente più che mai impegnato per dare alla coalizione di cui fa parte un segno più marcatamente europeo. Proprio nel senso di quella "collaborazione critica" che lo distinse nelle stagioni del centrismo e del centro sinistra. Se poi la nostra sarà una voce nel deserto, altri orientamenti congressuali sottoposti al giudizio degli elettori decideranno altrimenti. Perché per un laico, educato al culto del dubbio metodico, le alleanze politiche, come i matrimoni, non sono legami indissolubili ed eterni. Ma a patto che la nuova unione non accetti quel voto di castità che è implicito nell'assemblaggio delle sigle da prefissi telefonici, peraltro in eterna rissa fra loro. Sarebbe come ripercorrere lo stesso cammino dei fallimenti descritto da Pino Vita. In un bipolarismo compiuto, anche se non in prospettiva bipartitica, una forza di minoranza come il Pri, caratterizzata da un'identità democratica e laica dai connotati ben precisi, trova la sua ragion d'essere e la sua funzione di stimolo e di proposte proprio come componente di uno dei due schieramenti competitivi. Così come sono caratterizzati i grandi partiti delle democrazie occidentali: Partito laburista inglese, Partito democratico e Partito repubblicano americani, Partito popular spagnolo, Ump francese. Tutti caratterizzati da un pluralismo interno che non mortifica le diverse sensibilità di cui sono articolati.