Le polemiche sul crocifisso estranee ai valori della laicità dello Stato/Una scuola dove si insegni non "religione", ma la "storia" di tutte le religioni Una sentenza giusta ma inopportuna di Giovanni Postorino Abbiamo preferito far trascorrere qualche giorno nella speranza che le acque si calmassero. Non ci piace unire la nostra voce ai cori che si odono quando scoppia una polemica: rischia di confondersi, di essere una tra le tante, di farsi trascinare in un vortice di moti d'animo nazional-popolari che nulla hanno a che fare con la razionalità che ci deve guidare nell'affrontare certi problemi. Il tempo che ci siamo presi per riflettere circa la polemica sollevata dalla sentenza del Tribunale dell'Aquila sulla rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche ha fatto maturare in noi la convinzione che in Italia siamo in presenza di una battaglia che ha poco a che vedere con il principio della laicità dello Stato. Ci si sta lasciando trascinare dall'isterico vento delle ansie interne ed internazionali verso un disastroso scontro di civiltà: un vento alimentato dal clima internazionale del dopo 11 settembre, dallo scoppio della nuova intifada, dalle discusse guerre in Afghanistan e Iraq, dai continui sbarchi di clandestini, dalla presenza nelle grandi città di un sempre crescente numero di extracomunitari non tutti in regola, e che si riflette anche nelle folli parole del generale William Boykin, il quale ritiene la "missione" USA, e di Bush, eseguita in nome di Cristo contro l'Islam-Satana. È comprensibile che i cittadini italiani, aiutati in questo da bellicosi credenti e caotici politici (sbagliato confondere simboli religiosi con simboli culturali), vedano nello scomposto fervore integralista di Adel Smith un attacco alla propria cultura, alla propria identità, e che quindi sentano crescere in loro un sentimento di sospetto, verso il mondo islamico, inasprito dalle posizioni prese dal mondo cattolico, da certi esponenti del variegato e contraddittorio universo mussulmano e da troppi politici che sembrano preferire la strada del populismo integralista o semplicemente della ricerca della benevolenza clericale. Noi giovani repubblicani invitiamo tutti a moderare i toni e a riportare le proprie posizioni nell'alveo corretto del confronto, del dialogo, insomma, in una parola, della politica, convinti comunque che il crocifisso, come il chador, appartenga alla categoria del simbolismo religioso e non sia un tratto culturale (i credenti dovrebbero insorgere contro una tale interpretazione). La verità è che la presenza sulle pareti delle scuole del crocifisso pone effettivamente la religione cristiana su un piano diverso, superiore, rispetto alle altre. Prova ne sia che la norma che prevedeva l'esposizione del crocifisso nelle scuole nasceva vigente lo Statuto Albertino, che all'articolo 1 così recitava: "La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi". La norma quindi era coerente con l'ordinamento di cui faceva parte. Oggi una simile copertura costituzionale non le può essere riconosciuta. Quello che dispiace è che possa andar persa una giusta battaglia per la laicità dello Stato, nonché un'ottima occasione per riflettere a fondo su rilevanti problemi che, come giustamente li definisce l'onorevole Santoro (Voce di Giovedì 30), sono paragonabili al vaso di Pandora. È, infatti, giunto il momento di fare i conti con quel tipo di società verso cui l'Italia e l'Europa stanno viaggiando. Non è un difficile responso predire per il futuro la multietnicità come tratto peculiare della nostra nazione (nelle scorse settimane già si parlava di voto agli immigrati). A nostro avviso solo in uno Stato pienamente laico l'integrazione sarà possibile. Ma tristemente constatiamo che l'Italia non lo è (anche se "si è fatta", è bene ricordarlo, a scapito dell'integrità territoriale del Regno di un Papa Re). E non è tanto questa vicenda a convincerci di ciò, bensì provvedimenti come quello sulla procreazione assistita o come quello sui tempi del divorzio. Noi giovani repubblicani continueremo a sostenere la necessaria laicità dello Stato, e di una scuola dove si insegni non "Religione" bensì "Storia delle religioni", dove sulle pareti si possano ammirare e studiare cartine geografiche, storiche, la tavola periodica degli elementi, la mappa del Cielo e nessun riferimento a religioni in particolare, o alla Fede che deve rimanere fenomeno ascrivibile alla sfera intima e personalissima di ognuno. Concludendo queste riflessioni, riteniamo la sentenza giusta per il principio affermato (anche se desta qualche dubbio dal punto di vista tecnico). Ma la consideriamo allo stesso tempo forse inopportuna, sia per il clima che l'ha accolta, sia, e soprattutto, per le ragioni che l'hanno determinata: ragioni che prima o poi si sarebbero affermate, ma il cui dispiegarsi alimenta oggi quel clima, determinando equivoci e sospetti tra culture, religioni, popoli. Tutto ciò non aiuta la battaglia per la laicità dello Stato. |