Ravenna: si inaugura oggi una strada alla memoria di Secondo Bini/Grande figura di amministratore pubblico, municipale e regionale, distante da ogni retorica

Fu il rappresentante di un ideale rigore morale

Oggi 25 novembre alle ore 16,00 il Comune di Ravenna intitolerà una nuova strada a Secondo Bini, con una cerimonia pubblica che avrà luogo nel piazzale antistante "Cinemacity".

Bini, Sindaco repubblicano di Ravenna nell'anno 1969, ci ha lasciato il 3 ottobre del 1990; è stata una figura straordinaria di amministratore pubblico, municipale e regionale, rigoroso ed allergico ad ogni tipo di retorica; nel 60° anniversario della Liberazione di Ravenna, ci fa piacere poi ricordarlo appena laureato che entra in clandestinità, ricopre incarichi sia in seno al CLN, sia nella 14^ compagnia "Mazzini" della 28^ Brigata Garibaldi interamente costituita da repubblicani.

La strada a Secondo Bini colma un vuoto e sana un debito che avevamo nei suoi confronti: per 30 anni ininterrotti fu presidente dell' ASCOM, dal '46 al ''74 Consigliere Comunale poi per due legislature Consigliere Regionale "costituente", capace di dare un grande contributo alla stesura del primo Statuto della Regione Emilia-Romagna.

E ancora Presidente del Panathlon di Ravenna dal 1978 al 1990, Vice Presidente della Cassa di Risparmio attivo e scrupoloso fino all'ultimo, a dispetto della grave malattia che lo minava.

Nei primi anni '80 ho lavorato con Secondo Bini in Regione; erano gli anni delle Presidenze Fanti e Cavina, gli anni nei quali prendevano corpo funzioni e deleghe, nella sanità e nella formazione in particolare e poi su un complesso di materie che i primi consiglieri disegnarono con passione e lungimiranza a fondamento della Regione di oggi.

Fu in quella primavera del riformismo regionale che Bini seppe coniugare l'impegno politico con la sua dote di amministratore corretto e nemico di ogni "spesa facile", rigoroso e pignolo, doti che resteranno proverbiali.

Uomo d'altri tempi, si direbbe oggi : ma non è così perché quell'intransigenza etica e morale, quell'ispirazione mazziniana ideale e appassionata, quel suo scrupolo instancabile nell'uso delle risorse ci insegna ancora molto nella quotidianità del pubblico amministratore, basta volerlo rispettare.

Voglio ricordare poi Secondo Bini uomo politico, protagonista della nostra vita di partito, sempre martoriato (se ne andavano via via Bruno Benelli e Manlio Monti ) e con le soddisfazioni distillate, ma anche l'uomo pronto ad affetti umani generosi e sinceri, capace di amicizia autentica magari nascosta dietro un'apparente scontrosità e durezza.

Protagonista moderno, Secondo Bini, competente nell'amministrare con trasparenza e lungimiranza, capace nella vita economica ed associativa di difendere sempre le ragioni della professionalità e i più alti principi dell'onestà e della morale laica.

Giovedì, per Secondo Bini, nessuna "predica" rituale ma un ringraziamento essenziale per un grande affetto che i ravennati gli debbono, con la sua famiglia, per farlo sentire ancora presente nella Ravenna dei giorni nostri.

Giannantonio Mingozzi Vice Sindaco di Ravenna

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Un museo del Risorgimento dedicato alle tradizioni laiche

Apre a Ravenna il museo del Risorgimento. L’inaugurazione il 27 novembre prossimo alle ore 11.00. Mingozzi ringrazia quanti vi collaborano; l’impegno dei repubblicani in tutte le associazioni che costituiranno l’apposita Fondazione; l’ideale laico e risorgimentale è rivolto ai giovani perché conoscano la tradizione repubblicana e patriottica dei ravennati.

Con l’apertura del Museo del Risorgimento nell’ex chiesa di San Romualdo, la città di Ravenna dà corso, finalmente, ad un progetto che ha percorso la vita amministrativa e culturale per un secolo.

Fu, infatti, nel 1904, in coincidenza con l’Esposizione Regionale Romagnola, che si sentì il bisogno, per la prima volta, di dare stabilità e permanenza alla memoria recente del patriottismo, visto il successo riscosso, in quell’occasione, da una sezione dedicata al contributo locale alla lotta per l’indipendenza nazionale. E’ vero che il comune non aveva trascurato, un ventennio prima, di riconoscere il valore dei "salvatori" di Garibaldi, indicandoli come simboli di un corretto amor di patria; così come, dal monumento a Farini a quello ad Anita, a quello, infine, allo stesso Garibaldi, lungo tre lustri si era snodato il proposito di monumentalizzare il Risorgimento, avvitandolo sul tronco della forte identità culturale della "città del silenzio".

Come in altri luoghi d’Italia, gli anni di Depretis e di Crispi erano stati scanditi dalla statuomania, e da una ricca tradizione neo-epigrafica, sbocciata sui muri delle case storiche così come sulle lapidi dei cimiteri e dei pantheon urbani. Non bisogna, tuttavia, confondere, questo "culto del Risorgimento", ancora promosso da epigoni viventi della grande stagione patriottica, e ancora echeggiante i conflitti e gli scontri di quell’epoca, con la sistemazione della memoria nazionale operata dai Museo del Risorgimento in una fase successiva, all’indomani della conclusione dell’esperimento crispino.

La svolta di fine secolo elimina il Risorgimento dai temi politici di "attualità": i protagonisti della prima metà dell’Ottocento sono scomparsi o stanno scomparendo. Occorre fare i conti, quindi, con una memoria che deve essere trasmessa in modo diverso, che non può limitarsi ad occupare le piazze con labari e bandiere. Una memoria che deve trovare uno spazio in cui depositarsi, quale risorsa per le generazioni a venire. I Museo dei Risorgimento nacquero così, in forma del tutto casuale, sulla base di lasciti di famiglie o di privati. Non furono "organizzati" dal centro: furono il frutto di spinte tutte locali. Sono interessanti e suggestivi proprio per questa ragione.

A Ravenna, l’impulso offerto dall’expo del 1904 non bastò. Perché? Forse perché esisteva già un museo tutto particolare – il Capanno di Garibaldi, di fatto monumentalizzato grazie alla geniale intuizione di Primo Uccellini fin dal 1867 -, che soddisfaceva i bisogni d’identità dei ravennati. Forse perché, al di là della memoria garibaldina, quella liberale non era ancora riuscita ad elaborare un proprio codice locale di valori, da affiancare in qualche modo all’impianto democratico, più forte e pervasivo. E’ vero anche che, dopo il 1904, fu il nazionalismo a prevalere fra i giovani di educazione liberal-democratica; e fu Dante, di conseguenza, a fungere da catalizzatore delle attenzioni e dei culti elaborati per celebrare l’italianità, assai più del Risorgimento familiare, umbratile, semplice, popolareggiante degli "antichi ravegnani".

E’ giunto allora il tempo di pagare questo debito. Sono trascorsi cento anni. Il nazionalismo deteriore è alle nostre spalle. Il Risorgimento può apparire – come deve – un momento alto, generoso e importante della vicenda della comunità ravennate, che serva da insegnamento ai giovani, attraverso un insieme di sedi e di testimonianze che lo rendano vivo ed attuale . Un particolare ringraziamento al Geometra Mario Guerrini ed alla famiglia, che ha voluto lasciarci in eredità un patrimonio risorgimentale di altissimo pregio, che con la collaborazione del tutore testamentario Beppe Rossi e del dott. Giovanni Fanti, costituisce la prova dello stretto collegamento tra il Museo, la storia di Ravenna e della Romagna, i valori della nostra popolazione.

Un’alta testimonianza di merito vogliamo renderla a Celso Minardi che ha offerto un contributo economico rilevante ad una sede destinata a preservare anche il Sacrario dei Caduti, con le lapidi che recano i nomi dei ravennati caduti di tutte le guerre; alla Istituzione Classense ed ai suoi dirigenti, particolarmente impegnati, con l’Amministrazione comunale, in questa fase di avvio del museo. E naturalmente vogliamo dare atto a quanti stanno costituendo la Fondazione Museo del Risorgimento di un impegno fondamentale per la continuità delle sue funzioni: assieme a Comune e Provincia, l’Università degli studi di Bologna, il Comitato per il Restauro delle Opere Risorgimentali, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, la Fondazione Banca del Monte e la Cooperativa culturale e ricreativa "Pensiero e Azione".

Vi sono poi altri due enti, la Società Conservatrice del Capanno di Garibaldi e la Federazione delle Cooperative che oltre ad aderire alla Fondazione, conferiranno in uso beni straordinari quali il Capanno di Garibaldi e la Fattoria Guiccioli a Mandriole, Casa di Anita, attraverso i quali la Fondazione irradierà su tutto il territorio il significato del percorso risorgimentale ravennate, attraverso un insieme di testimonianze e di sedi che avranno il punto centrale nel Museo di via Baccarini e conteranno su una varietà di altri luoghi e dotazioni logistiche ed espositive probabilmente unica in Italia.

E’ con la consapevolezza che il nostro Museo rinvigorirà l’antica memoria con lo studio, la ricerca l’esame attento e rigoroso della vicenda Risorgimentale che oggi rendiamo merito allo stesso Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi che un anno fa ha voluto indicarci nella sua visita come "Città del Risorgimento" proponendoci a tutto il Paese per la qualità dei nostri valori di solidarietà e di impegno civile a difesa degli ideali repubblicani e patriottici di ogni tempo.